L’aumento dei furti a Pompei rende urgente la videosorveglianza diffusa

POMPEI. L’aumento progressivo dei furti presso le abitazioni private e le strade di Pompei è un dato oggettivo. Appare anche evidente che non stanno conseguendo risultati concreti le iniziative di repressione e/prevenzione messe in campo finora.

I residenti, osservando i comportamenti dei centri confinanti, stanno sperimentando iniziative similari come la creazione di associazioni di quartiere, che puntano a collaborare con l’amministrazione comunale e le Forze dell’Ordine nel fornire suggerimenti e notizie riguardo a pericoli e/o segnalazioni di movimenti sospetti nel quartiere.

Avanza da parte di tutti l’istanza di avviare la creazione di una smart city (annunciata nei programmi, ma che tarda a decollare) partendo dalla creazione di una rete di videosorveglianza capillare che non escluda alcun quartiere di Pompei.

La videosorveglianza è utile soprattutto per la sicurezza, ma anche per la salvaguardia ambientale e la tutela dell’attività turistica. Pompei è ancora indietro su questo versante, né appare sufficiente il recente finanziamento del Ministero dell’Interno, che non consente l’impianto di un numero di telecamere sufficiente per tenere sotto controllo tutto il territorio di Pompei.

A questo punto è chiaro a tutti che non è possibile per la popolazione locale sopravvivere sul filo della tensione, mentre altre famiglie si vedrebbero private di denaro e beni che sono il risultato di una vita di sacrifici. Ne consegue che è necessario procedere con risorse comunali allo scopo di tappare i “buchi neri” fuori dal controllo pubblico, lasciati nella disponibilità di bande di delinquenti.

I mezzi finanziari, a sentire i discorsi del primo cittadino, ci sono e a quanto pare sono più che sufficienti, tanto che qualcuno lo critica perché li spende con eccessiva disinvoltura. Ora si pensa di fare un investimento immobiliare acquistando un grosso immobile di proprietà della Chiesa (l’ex istituto “Sacro Cuore”, ndr), per trasformarlo in un centro culturale polifunzionale.

Il progetto dell’amministrazione riflette l’aspirazione di una parte della società locale (in particolare il ceto turistico) di dotare Pompei di un museo archeologico, anche perché oramai ce l’hanno tutti. Le opere e gli oggetti di valore non mancano certo, considerato che il sottosuolo locale è uno scrigno archeologico che stuzzica la curiosità e la passione del mondo intero, alimentando cospicui flussi turistici.

A questo punto si sfonda una porta aperta nell’ammettere che l’investimento per un presidio museale prestigioso, nel centro della Pompei moderna, è indubbiamente prospettabile. Nello stesso tempo non si può ignorare l’urgenza che rende prioritario l’allestimento di un efficiente sistema di videosorveglianza esteso a tutto il territorio di Pompei.

Lo stesso turismo locale, se è vero che si alimenta dell’attrattività archeologica, è anche scontato che ha soprattutto bisogno di sicurezza, dal momento che non c’è pubblicità peggiore di costringere i turisti a rientrare nel loro Paese privi di soldi e di documenti e, magari, anche senza automobile.

Pertanto, l’invito della maggioranza dei pompeiani (specie quelli di periferia, che sono i più abbandonati) è: «Prima la videosorveglianza, poi l’acquisto dell’ex istituto “Sacro Cuore” di Pompei, tanto quell’enorme edificio lasciato sempre vuoto se non lo prende il Comune è difficile che trovi altri compratori».

Mario Cardone

Mario Cardone

Ex socialista, ex bancario, ex sindacalista. Giornalista e blogger, ha una moglie, una figlia filosofa e 5 gatti. Su Facebook cura il blog "Food & Territorio di Mario Cardone".

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