Vanity: in mostra l’armilla di Moregine e il bracciale d’oro che dà il nome a una domus di Pompei

POMPEI. Una nuova mostra è stata inaugurata a maggio presso il Parco archeologico di Pompei dal titolo: “Vanity: storie di gioielli dalle Cicladi a Pompei” che ha come tema conduttore il piacere effimero e il lusso esibito attraverso gli oggetti preziosi e raffinati del piacere femminile.

A confronto, in un percorso articolato nel portico ovest della Palestra Grande degli scavi, monili provenienti dall’area cicladica e oggetti preziosi trovati nei vari siti della Campania, con al centro Pompei.

Gemme, collane, bracciali, orecchini, fibule, anelli e armille in oro, argento, bronzo, pasta vitrea, ambra, corallo, delineano un rapporto  di evoluzione e continuità tra le fabbriche greche e quelle italiche, attraverso quella culla comune di idee, scambi e genti che è il Mediterraneo.

Gli oggetti preziosi in sé non sono solo simbolo di una bellezza effimera, ma attraverso i luoghi di produzione e le modalità di rinvenimento raccontano storie, commerci e viaggi che gli stessi materiali fanno al di fuori delle rotte canoniche.

E in più storie ancora più tragiche che vengono raccontate attraverso i monili provenienti dai luoghi devastati dalla terribile eruzione del Vesuvio, ritrovati non all’interno di necropoli ma ancora addosso agli ultimi proprietari, sicuri di portare con sé tesori di inestimabile valore ma di fronte alla morte improvvisa diventano ultimi testimoni di vanità.

Come non ricordare, tra le raffinate testimonianze presenti in mostra (fino al 5 agosto 2019), la preziosa armilla proveniente da Moregine (nell’immagine di copertina) con all’interno un’incisione assai particolare: “Dominus ancillae suae”, “il padrone alla sua schiava”, un bracciale d’oro dalla testa di serpente, dono speciale di un padrone alla sua schiava, o il bracciale d’oro che dà il nome anche alla domus in cui fu rinvenuto, dall’incredibile peso di 610 grammi e trovato ancora indosso alla vittima.

Il monile è caratterizzato, nella parte terminale, da due teste di serpenti con occhi impreziositi da pietre che reggono tra le fauci un disco con la raffigurazione della dea Selene, la luna, rappresentata come fanciulla con capo coronato da una mezzaluna circondata da sette stelle, mentre solleva le braccia per trattenere un velo rigonfio.

Questo slideshow richiede JavaScript.

Da Pompei oltre ai gioielli, provengono numerosi oggetti da toletta afferenti alla sfera femminile e strumenti fondamentali per la bellezza e la cura del corpo.

Di particolare pregio anche amuleti intagliati o incisi in forma di divinità, talora di provenienza orientale, come Diana e Iside e gli orecchini, probabilmente il più tipico ornamento femminile indossato dalle bambine sin dall’infanzia, indipendentemente dal ceto sociale d’appartenenza.

Da Ercolano provengono numerosi gioielli in mostra che danno l’idea della ricchezza che anche questa città doveva avere prima della distruzione del Vesuvio. Come a Pompei, anche qui i gioielli sono stati spesso ritrovati accanto ai corpi delle vittime, sia indossati casualmente sia come prezioso bottino da portare durante la fuga.

La mostra, progettata da Kois Associated Architects, segue un percorso espositivo cronologico che parte dalla tarda età del Bronzo in area Cicladica fino all’eruzione del 79 d.C., e geografico (le Cicladi, la Campania e Pompei).

L’allestimento, che risulta d’impatto e particolarmente elegante, vive del contrasto tra il materiale di colore scuro con cui sono state realizzate le teche e che rimandano alla tragicità dell’eruzione e del contrasto con il luccichio brillante degli oggetti in mostra.

Ad animare inoltre il percorso, volti e figure da affreschi pompeiani, reinterpretati e presentati in chiave contemporanea, pop. “Vanity: storie di gioielli dalle Cicladi a Pompei” è un’iniziativa che nasce dalla collaborazione tra il Parco archeologico di Pompei e l’Eforia delle Cicladi, finalizzata alla più ampia realizzazione di programmi comuni di studio, ricerca, promozione e ampliamento della conoscenza delle rispettive realtà archeologiche, in passato strettamente collegate.

Alessandra Randazzo

Alessandra Randazzo

Classicista e comunicatrice. Si occupa di beni culturali per riviste di settore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *