Euforia. Il corpo che vibra, il pensiero che danza: la mostra al Madre di Napoli
NAPOLI. Inaugurata il 18 aprile 2025 al Museo Madre di Napoli, Euforia è più di una mostra: è un’esplosione contenuta, un cortocircuito di presenza, un inno al desiderio che si fa materia. Promossa sotto la direzione scientifica di Eva Fabbris, l’esposizione (visitabile fino al 21 luglio 2025) si inserisce in una stagione fertile per il museo campano, che continua a distinguersi per una proposta curatoriale capace di coniugare intelligenza critica e audacia percettiva.
Fabbris, con la sua sensibilità coltissima e mai accademica, firma un progetto espositivo che conferma il Madre come un organismo vivo, vibratile, in ascolto dei battiti più intimi dell’arte contemporanea. Euforia si articola come un viaggio emotivo, un tragitto che attraversa corpi, linguaggi e materiali, alla ricerca di un surplus, di una tensione estatica che scardina l’ordine del quotidiano.
È una mostra che si pone nel territorio dell’intensità, laddove l’arte non è solo rappresentazione, ma esperienza incarnata, apertura al mondo attraverso lo stupore, il disorientamento, la meraviglia. Tra le voci più significative che animano questo percorso, spicca quella di Tomaso Binga, pseudonimo maschile dietro cui si cela Bianca Pucciarelli Menna.
Una scelta di rottura, di ironico smascheramento, adottata dall’artista negli anni Settanta per denunciare con forza e intelligenza il sistema patriarcale dell’arte, dove il nome maschile continuava (e spesso continua) a godere di una legittimazione automatica.
Bianca diventa Tomaso non per nascondersi, ma per esporsi di più: il travestimento linguistico diventa dispositivo critico, strumento di lotta, gesto performativo che interroga le strutture stesse del potere simbolico. La pratica di Binga, da sempre attenta al linguaggio come spazio di tensione tra identità e rappresentazione, trova in Euforia una cornice che ne esalta l’irriverenza e la lucidità poetica.
Il corpo, nella sua produzione, è lettera e suono, significante e superficie da abitare. È un alfabeto incarnato, un discorso che si scrive con la carne e si legge con lo sguardo. Il suo lavoro dialoga perfettamente con il concept curatoriale della mostra, che indaga proprio quei momenti in cui la soglia tra soggettività e mondo, tra forma e forza, si assottiglia fino a farsi pura vibrazione.
La forza di Euforia risiede anche nella capacità di creare un ambiente relazionale, più che una semplice esposizione. È una mostra che accade, che si muove, che interpella. I suoni, le luci, le textures, tutto concorre a generare una soglia tra interno ed esterno, tra arte e vita. Ed è qui che il gesto curatoriale di Fabbris si rivela nella sua potenza gentile: mai invasivo, sempre generoso. La sua è una curatela che non sovrasta, ma accompagna, che non interpreta, ma ascolta.
Il Madre, grazie alla visione raffinata e politica di Eva Fabbris, si conferma così come uno dei luoghi più vitali del panorama museale italiano. Con Euforia, non solo propone una riflessione profonda su ciò che l’arte può essere oggi – esperienza trasformativa, tensione sensuale, campo di possibilità – ma riafferma la centralità del museo come spazio del presente, capace di generare senso e apertura. In un tempo che sembra premere verso l’omologazione, Euforia è un atto di libertà. E in questo, risiede il suo valore più grande.