La Zeppola di San Giuseppe: le origini di un dolce simbolo della tradizione dolciaria campana
NAPOLI. Il 19 marzo, giorno in cui la Chiesa ricorda San Giuseppe, padre putativo di Gesù, e per estensione si celebra in tutto il mondo la Festa del Papà, le protagoniste dolci della tavola sono loro: le inconfondibili zeppole, con la soffice pasta (originariamente fritta, poi anche al forno) e la deliziosa crema a riempire il tutto.
Le zeppole, dette non a caso “di San Giuseppe” sono un dolce tipico della cucina italiana, napoletana in particolare, e derivano da una tradizione antica risalente addirittura all’epoca romana.
Secondo la leggenda popolare, dopo la fuga in Egitto con Maria e Gesù, San Giuseppe dovette vendere frittelle per poter mantenere la famiglia in terra straniera e, per questo motivo, i romani gli diedero il simpatico appellativo di “frittellaro”.
Proprio per questo motivo, le zeppole sono state “elette” a furor di popolo come i dolci tipici della Festa del papà, da preparare e gustare per festeggiare e celebrare la figura di San Giuseppe.
Ma la narrazione della genesi della zeppola ha anche una versione “pagana”. In questo periodo di marzo, in cui la primavera è ormai nell’aria, sin dai tempi antichi, si è sempre festeggiata la fine dell’inverno.
Durante i cosiddetti “riti di purificazione” agraria venivano accesi in molti paesi del meridione dei grandi falò e si preparavano grosse quantità di frittelle. Secondo una certa interpretazione, il nome deriverebbe dal latino cippus (da cui il nostro “zeppa”), che era un pezzetto di legno in grado di risolvere piccoli problemi di livellamento.
La zeppa è piccola, e per questo somiglia a quel pizzico di pasta lievitata che, messo a friggere nell’olio bollente, si gonfia, fino a dar vita alla classica pasta cresciuta. La zeppola si fa infatti come la pasta cresciuta, ma è dolce: e come lei, a Napoli, ha un’origine stradale.
Nella sua versione attuale, la zeppola di San Giuseppe ha una origine conventuale, come d’altra parte molti dei dolci più conosciuti e apprezzati del nostro tempo.
Secondo alcuni sarebbe nata nel convento di S. Gregorio Armeno, secondo altri in quello di Santa Patrizia. Ad ogni buon conto, la prima zeppola di San Giuseppe che sia stata messa su carta risale comunque al 1837, ad opera del celebre gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino. La zeppola di San Giuseppe, è stata iscritta nell’albo dei prodotti tradizionali del Ministero della Politiche agricole e forestali (Mipaf).
«Sarebbe interessante avviare un progetto di promozione e valorizzazione della pasticceria artigianale e tradizionale partenopea insieme ai pasticceri campani» dice Rosario Lopa, portavoce della Consulta nazionale per l’agricoltura e turismo del Mns.
«La pasticceria tradizionale e artigianale è per la nostra nazione, e per la Campania in particolare – aggiunge – un’importante risorsa economica, resa ancora più grande dalla varietà di prodotti di eccellente qualità, garantita soprattutto dalle ricette e metodiche di preparazioni dei nostri pasticceri».
«Il patrimonio dolciario del nostro territorio – prosegue Lopa – vanta una vasta gamma di prodotti e sapori strettamente legati alla nostra terra di provenienza, con caratteristiche uniche e spesso inimitabili, frutto di una particolare commistione di tecniche, varietà e saperi».
«Queste pratiche – conclude – hanno permesso al comparto campano, di ottenere prodotti di grande qualità, valorizzando le tipicità locali che offrono sapori unici e rappresentano un incredibile patrimonio della tradizione e della storia di ogni territorio». (c.s.)