Anche nell’antica Pompei una festività simile ad Halloween: era il Mundus Patet
POMPEI. Ha origine romana (e pompeiana) o celtica la festa di Halloween? Che si tratti di un evento di matrice americana che ha assunto ai nostri giorni una valenza commerciale dalle connotazioni carnevalesche è evidente. Allo stesso tempo Halloween ha indubbie origini pagane, originate da riti propiziatori nel cambiamento delle stagioni.
La semantica fa prevalere l’ipotesi celtica perché Halloween è una forma contratta di All Hallow Even, locuzione utilizzata in Irlanda intorno al IV secolo a.C., quando era abitata da un popolo di pastori celti che faceva partire l’anno dal 1° novembre, col passaggio dall’estate all’inverno, quando si celebrava la festa del Samhain (di origine gaelica, in inglese summer’s end, ovvero “fine dell’estate”).
Il tema è quello della ciclica morte della natura a cui segue la rinascita nella stagione primaverile. La conquista romana delle isole britanniche comportò in esse la diffusione della religione cristiana, che cercò di sradicare i culti pagani con l’istituzione della festa di Ognissanti nel 1° novembre.
Attualmente la festa di Halloween si festeggia la notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre, quando i bambini di tutto il mondo, travestiti da vampiri, streghe, mostri o folletti, bussano alle porte delle case domandando: “Trick or treat?”, “Dolcetto o scherzetto?”.
I Celti credevano che in quella notte “stregata” le anime dei morti vagassero nel mondo dei vivi e per tenerle a bada accendevano fuochi e compivano riti sacrificali nei boschi e nei tre giorni successivi indossavano maschere grottesche in giro per le strade allo scopo di spaventare gli spiriti dei defunti.
Per quanto riguarda i precedenti della festa di Halloween che sui social del Parco Archeologico di Pompei si accreditano alla città romana, così come a Roma, si cita il Mundus Patet, uno dei tre giorni dell’anno (24 agosto, 5 ottobre e 8 novembre) in cui la “fossa” che comunicava col mondo sotterraneo dei morti veniva aperta. Erano giorni pieni di pericoli perché il Mundus poteva “risucchiare” i vivi, anima e corpo, nell’oltretomba
Nell’antica Grecia, invece, tra febbraio e marzo, durante le Antesterie in onore del dio Dioniso, si aprivano le botti e si spillava il vino nuovo tra bevute e libagioni. In quei giorni le anime dei morti circolavano liberamente e per evitare che contaminassero i luoghi dei vivi si cospargevano le porte di pece e si sbarravano templi e santuari.
Nella Roma antica, dal 13 al 21 febbraio, si celebravano i defunti di famiglia (parentes) con i Parentalia (o Parentali) quando si chiudevano i templi e si sospendevano i matrimoni. Per rispetto al culto dei morti si lasciavano ai bordi delle strade ciotole ripiene di cereali, sale, pane bagnato nel vino.
Un altro rito della religione romana di probabile origine etrusca era quello del Mundus Cereris. Il mundus era una fossa che veniva scavata, in occasione della fondazione della città, nel punto di intersezione tra il cardo e il decumano, nei pressi del tempio di Cerere.
“Mundus Cereris”, detto anche “Umbilicus Urbis Romae”, Foro Romano, restava chiuso con lastre di pietra per tutto l’anno, salvo il 24 agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre, giorno in cui il Mundus Patet, ovvero “Il mundus si apre”. In questi tre giorni il mondo dei vivi si mescolava a quello dei morti e ad allora, per evitare l’invasione delle anime dei defunti si sospendeva ogni attività pubblica e privata.
Se c’è un grande dilemma che attanaglia l’uomo dalla notte dei tempi è quello della morte, la cui concezione imprevedibile e misteriosa sconcerta l’animo umano. Per questo motivo gli antichi hanno sempre cercato di esorcizzarla con riti che inducono alla spensieratezza, per mettere a tacere la paura del trapasso.