A Pompei la prima del film “I Am Hymns of the New Temples” di Wael Shawky
POMPEI. I Am Hymns of the New Temples di Wael Shawky è la prima opera della collezione d’arte contemporanea progettata dal Parco Archeologico di Pompei, all’avanguardia di un’iniziativa di diffusione (con linguaggi artistici e popolari) della contemporaneità delle tematiche espresse dal patrimonio archeologico italiano e internazionale.
Narratore di processi sospesi fra il documentabile e l’immaginabile, Wael Shawky esplora i diversi significati delle storie antiche riproponendoli in linguaggi artistici (film, disegno, pittura, scultura, installazione, performance e regia teatrale).
Il 12 maggio 2023 nel teatro “Odeion” del Parco Archeologico di Pompei sarà proiettata l’anteprima internazionale del film dell’artista egiziano Wael Shawky: I Am Hymns of the New Temples che sarà introdotta da una conversazione fra l’artista e Andrea Viliani, curatore del progetto, e Carolyn Christov Bakargiev, direttrice del Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli-Torino. Darà il via alla serata il direttore del Parco archeologico Gabriel Zuchtriegel.
L’opera ha vinto il premio del Piano per l’Arte Contemporanea 2020 della Direzione Generale Creatività Contemporanea, in collaborazione fra il Ministero della Cultura e il Parco Archeologico di Pompei nell’ambito di Pompeii Commitment.
Girato nell’estate del 2022 nelle rovine dell’Antica Pompei il nuovo film di Shawky mette in risalto le specificità di diverse culture facendone argomento di storie diverse ma connesse tra loro in una sintesi basata sulla narrazione mitologica di matrice greco-romana, ancorata agli antichi culti egizi.
Shawky fa riemergere i tratti distintivi di antiche narrazioni e le loro connessioni in versioni sospese tra storia e mito mentre la loro proliferazione successiva ha “contaminato” la cultura occidentale degli ultimi due secoli. Gli Scavi di Pompei formano una mirabile sintesi della loro complessa stratificazione che non vanifica le identità mediterranee di partenza.
Pompei godeva di centralità commerciale e religiosa con conseguenti stili di vita mediterranei. Nel suo contesto urbano presenta templi della religione greco-romana e di culto egizio (il Tempio di Iside fu dissepolto, con i suoi stucchi, statue, affreschi e suppellettili, proprio all’inizio del Grand Tour). Allo stesso modo sono stati riservati spazi ai riti misterici di Mitra, Cibele, Attis.
Il set mobile dell’opera filmica di Shawky si svolge fra i Praedia di Giulia Felice, la Casa del Frutteto, l’Odeion, la Necropoli di Porta Nocera e la Basilica, il Tempio di Vespasiano (Genius Augusti) e il Tempio di Iside. Nella sua storia pompeiana si mescola una pluralità di accadimenti precedenti, estinti e risorti dalle rovine nelle epoche successive, scandite sia da diluvi primordiali che dall’eruzione del Vesuvio.
Scopriamo così che colei che, in questa storia, i greci chiamavano Io, prese in Egitto il nome di Iside. Allo stesso modo il figlio-compagno della dea, Epafo, divenne Osiride. Le storie infatti rimandano l’una all’altra e si sovrappongono in templi di nuova costruzione in cui permangono gli inni delle nostre storie.
Shawky offre una lettura ipotetica degli antichi miti, inserendoli in paesaggi urbani e materiali che formano il set e la scenografia del suo film, utilizzando nella sua narrazione favolistica e multi-specie, creature ibride (dei e dee, figure immaginifiche, umani, animali, minerali e vegetali) in una rappresentazione (misterica, rituale o mistica) che interpreta il fascino delle coste nilotiche verso una salvezza epifanica.
Alla fine riconfigurano Pompei come il punto di riferimento epifanico che esprime potenzialità storiche e narrative immerse in un ecosistema culturale e naturale, disponibile per una continua metamorfosi e la sua interpretazione.
Massimo Osanna, direttore generale dei Musei del Ministero della Cultura e co-ideatore dell’iniziativa “Pompeii Commitment. Materie archeologiche”, ha dichiarato: «L’obiettivo di progetti come il Pac – Piano per l’Arte Contemporanea e “Pompeii Commitment. Materie archeologiche”, entrambi matrici istituzionali del nuovo film di Shawky, è quello di costruire un patrimonio culturale contemporaneo che, valorizzando le molteplici esperienze del nostro passato, sappia fondare e condividere il patrimonio culturale del nostro futuro».
Per Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei «La vera archeologia è guardare con occhi sempre nuovi l’antico. Per questo motivo il Parco crede fortemente nel valore del dialogo fra archeologia e arte contemporanea in grado di ascoltare le storie comuni, in cui raccontare l’antico significa raccontare il contemporaneo».
Andrea Viliani, curatore del progetto nel contesto del programma “Pompeii Commitment. Materie archeologiche” ha dichiarato: «La nuova opera filmica di Wael Shawky è il racconto epico del bisogno umano di inventare, raccontare e tramandare storie, attraverso le quali si continua a dare un possibile senso al mondo».
I Am Hymns of the New Temples rappresenta, in questo senso, una continuazione della ricerca dell’artista sulla mitologia greco-romana e su come essa abbia influenzato l’interpretazione contemporanea del mondo, fondamentalmente eurocentrica.
Ma il nuovo film di Shawky rappresenta anche il culmine della ricerca fra arte e cinema avviata dall’artista con le opere precedenti, in cui aveva già messo in rapporto eventi e personaggi della tradizione medio-orientale ed egiziana con la contemporaneità.
Per la prima volta, però, in I Am Hymns of the New Temples, Shawky introduce nella narrazione anche alcuni animali (il coccodrillo e l’ippopotamo spesso raffigurati nelle scene nilotiche degli affreschi pompeiani) e mette in scena coreografie eseguite dal vivo negli scavi archeologici da performer che indossano maschere in ceramica o carta pesta e costumi multi-materici, realizzati dal ceramista Pierre Architta e dai laboratori del Teatro di San Carlo e dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, impiegando anche i tessuti dell’antica seteria di San Leucio e altri tessuti prodotti da storiche manifatture tessili italiane.
In continuità con le sue opere precedenti Shawky fa emergere dagli eventi narrati le loro dinamiche ancestrali e riscrive quella Storia collettiva che solo le tante storie singole e la dimensione della favola possono, forse, restituirci, nella sua contraddittoria verità e irredimibile umanità.
Lo stesso artista ha affermato che il suo desiderio, nel raccontare questa sua nuova storia, è che essa appaia, come quelle precedenti «sufficientemente precisa nei dettagli, da poter sembrare che essa esista realmente, da qualche parte» e in qualche momento nello scorrere del tempo… passato, presente e (o) futuro.
L’opera – scritta e diretta da Wael Shawky, autore anche della partitura musicale – è stata curata da Andrea Viliani, responsabile unico di progetto, dall’archeologa Silvia Martina Bertesago, supporto scientifico e organizzativo di Anna Civale (Parco Archeologico di Pompei) e Laura Mariano con Stella Bottai e Caterina Avataneo (Pompeii Commitment. Archaeological Matters).
La produzione generale del progetto è coordinata da Giorgia Rea (Italia) e la post-produzione e le riprese in Egitto da Tamer Nady (Egitto). La produzione esecutiva delle riprese in Italia è di Davide Mastropaolo (Audioimage). Istituzione partner per la valorizzazione internazionale dell’opera è il LaM – Lille Métropole Musée d’art moderne, d’art contemporain, d’Art Brut.
Le istituzioni italiane che hanno collaborato alla realizzazione dell’opera sono Fondazione Teatro di San Carlo e Accademia di Belle Arti di Napoli. Hanno partecipato alla produzione dell’opera la Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli, Massimo Moschini e Olimpia Fischetti, Silvio Sansone, Annamaria Alois (San Leucio), Caterina Fabrizio (Dedar), Ferdinando e Giuseppe Botto Paola (Lanificio Botto), Chicco D’Amici (D’Amici Srl).