🟡 ARCHEOLOGIA - Dagli scavi in corso nella Regio IX di Pompei sono emersi nuovi e interessanti dati sull’edilizia romana. Negli ambienti di antiche domus sono riaffiorate importanti testimonianze di un cantiere in piena attività. Sono stati infatti trovati strumenti di lavoro, tegole, mattoni di tufo accatastati e cumuli di calce. Secondo gli studiosi il cantiere è stato attivo fino al giorno dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., che iniziò intorno all’ora di pranzo e durò fino alla mattina del giorno successivo. Particolarmente numerose sono le evidenze dei lavori in corso nella casa con il panificio di Rustio Vero. L’atrio era parzialmente scoperto e a terra si trovavano accatastati materiali per la ristrutturazione. Invece su un’anta del tablino (l’ambiente di ricevimento), si leggono ancora oggi quelli che probabilmente erano i conteggi del cantiere, ovvero numeri romani scritti a carboncino. Tracce delle attività in corso si trovano anche nell’ambiente che ospitava il larario, dove sono state trovate anfore riutilizzate per “spegnere” la calce impiegata nella stesura degli intonaci. In diversi ambienti della casa sono stati scoperti strumenti di cantiere. Anche nella casa vicina, raggiungibile da una porta interna, e in una grande dimora alle spalle delle due abitazioni, sono state riscontrate numerose testimonianze di un grande cantiere, attestato anche dagli enormi cumuli di pietre da impiegare nella ricostruzione dei muri e da anfore, ceramiche e tegole raccolte per essere trasformate in cocciopesto.
La sezione femminile del complesso delle Terme del Foro di Pompei ha aperto al pubblico dall’8 marzo 2024, al termine dei lavori di manutenzione e restauro. Le Terme, che sono diventate fruibili per la prima volta, duecento anni dopo lo scavo, hanno rivelato superfici dipinte, rimaste finora sconosciute a causa di spesse concrezioni che ne obliteravano la policromia già da quando sono state scavate, nel 1823-24. Il complesso era da sempre utilizzato come deposito di materiale archeologico e quindi le pareti erano occupate da ingombranti scaffalature. Grazie al lavoro meticoloso dei restauratori e con l’aiuto di uno strumento laser di ultima generazione, è stato possibile rimuovere le concrezioni e scoprire la bellezza della decorazione del primo ambiente, quasi come se fosse una nuova scoperta. Al di sotto di uno spesso strato di calcare, era celata buona parte della decorazione di IV stile.
Il Museo Archeologico di Stabia Libero d’Orsi a Castellammare di Stabia ha riaperto al pubblico il 6 marzo nel suo rinnovato allestimento, con un percorso ampliato, depositi visitabili e scuola di formazione e digitalizzazione. Si duplicano le sale e si arricchisce la collezione di opere provenienti dalle ville del territorio stabiese. Sono 507 i reperti ora esposti, tra dipinti murali, arredi marmorei, suppellettili in ceramica e bronzo. Il percorso si integra con tecnologie e apparati multimediali didattici che implementano l’accessibilità fisica e culturale delle opere e dei contenuti. Valorizzati anche i depositi del complesso, secondo un nuovo concept finalizzato a renderli non più solo luoghi di conservazione ma anche di fruizione e ricerca, aperti al pubblico.