Pompei e il suo territorio: Scavi Santuario e Comune si raccontano
POMPEI. La città di Pompei è emblematica per la complessità del territorio: “tre volti un corpo”. Una definizione che precede la tematica del convegno “Pompeii e il suo territorio: gli Scavi, il Santuario, la città” che si è tenuto venerdì 13 giugno 2025, presso l’Auditorium del Parco Archeologico di Pompei.
Flavio Cioffi, direttore del giornale “Gente e Territorio”, che lo ha organizzato in collaborazione col Parco, ha introdotto gli interventi e una tavola rotonda su “Rigenerazione urbana e ambiente a Pompei”. Molti erano convinti che l’iniziativa avrebbe anticipato notizie amministrative locali, sulla base di un inedito spirito di collaborazione tra Comune, Santuario e Scavi, ma sono rimasti delusi.
Il convegno prevedeva interventi interessanti e relatori competenti, ma è mancato l’intreccio indispensabile tra i diversi contributi e l’ancoraggio al territorio. Cosa che solo un serio dibattito (una rarità per i nostri tempi, come il miele a colazione, dal momento che i giornalisti si stanno estinguendo come le api) avrebbe potuto assicurare.
Conclusione: è stata persa l’opportunità per mettere le carte in tavola sulle programmatiche d’interesse comune (anzi comunale). Ci riferiamo al fenomeno invasivo dell’overtourism, che recentemente ha indotto la direzione del Parco a fissare a 20mila il numero massimo di visitatori ammessi contemporaneamente negli Scavi di Pompei.
Un limite che intende contenere l’afflusso turistico a tutela del monumento. Considerato che l’assunzione di provvedimenti di questo tipo impattano contro gli interessi del ceto turistico locale sarebbe utile aprire un tavolo di confronto tra i tre Enti e le rappresentanze di categorie e i sindacati, allo scopo di concertare soluzioni condivise e sostenibili.
Attualmente i responsabili di Comune, Santuario e Scavi, che hanno un ruolo autonomo (ma parziale) nel governo del flusso turistico del territorio pompeiano che interessa l’intera economia regionale, si sono limitati alla descrizione di un fenomeno che in altre famose località turistiche stanno riducendo drasticamente per salvaguardare pace e tranquillità dei residenti.
Il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, nel suo intervento di venerdì scorso ha inteso, secondo noi, portare i convitati a riflettere sulla priorità di una visione complessiva del sociale, per meglio interpretarne le caratteristiche complesse di una sua parte, prima di affrontare la soluzione delle problematiche.
Nei versetti di Luca 17, 20-24 Gesù afferma: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi». Questa affermazione del Cristo spiega secondo il vangelo di Luca la venuta del regno di Dio come trasformazione dell’interiorità umana.
Ne conseguono considerazioni sulla caducità del tempo e i limiti umani, rispetto ai problemi da risolvere. Riferendosi alla gestione del patrimonio di conoscenze che riviene dalla gestione dagli degli Scavi è illuminante la dichiarazione di Zuchtriegel. «Sappiamo solo quello che abbiamo conservato. Quello che è stato perduto non esiste più». Una constatazione oggettiva (la sua) dei limiti insuperabili della ricerca scientifica (influenzata, presumibilmente, anche dall’esperienza di contrasto ai tombaroli, che parte di quella conoscenza ce l’hanno negata nei ritrovamenti della contrada di Civita Giuliana).
«Pompei siamo noi» prosegue Zuchtriegel, riallacciandosi al Vangelo di Luca nel ricordare, a lui stesso e ai presenti, la responsabilità del ruolo che ricoprono e i numeri che riguardano l’impegno di manutenzione ordinaria del Parco di cui si sente responsabile. Successivamente ha argomentato sul valore del patrimonio archeologico visibile e/o invisibile, materiale e/o immateriale: fare una stima sarebbe un’operazione improbabile e modificabile nel corso del tempo.
Seguono riflessioni colte del giovane archeologo pompeiano sulla prossimità di metodo tra l’archeologia che fa riemergere dal sottosuolo tracce della vita antica e l’analisi psicologica che utilizza tecniche d’indagine dell’inconscio dei pazienti. Attualmente è fondamentale il contributo delle macchine in archeologia. Strumenti d’ingegneria informatica che affiancano l’umano e minacciano (o aspirano) di sostituirlo.
L’intervento dell’arcivescovo Tommaso Caputo è stato influenzato dalla gioia che condivide con la sua diocesi e l’intera comunità mariana con la viglia della canonizzazione di Bartolo Longo. Abbiamo notato (e lui stesso lo ha confessato) che fremeva di tornare in Santuario, dove si attendeva con ansia la comunicazione della fatidica data. Difatti, poco dopo le dieci, il bollettino della Sala Stampa vaticana ha comunicato che il Papa Leone XIV nel corso del Concistoro, ha decretato che il Beato Bartolo Longo sia iscritto all’Albo dei Santi domenica 19 ottobre 2025.
Proprio la figura carismatica di Bartolo Longo è stata il riferimento costante dell’intervento dell’arcivescovo-prelato di Pompei, che ha conquistato apprezzamenti generali della sua opera, che ha conseguito lusinghieri primati di numeri, valori umani e attestati di stima che dimostrano l’intensità di fede e carità del Santuario di Pompei.
Il merito principale dell’avvocato Bartolo Longo è stato indubbiamente l’opera di diffusione della preghiera del Santo Rosario che lo ha fatto Santo, producendo conseguentemente sue illuminate iniziative a beneficio dei più fragili, descritte nella rivista “Il Rosario e la Nuova Pompei”.
Monsignor Caputo ha definito la vita di san Bartolo «un grande itinerario sulla via della fede, in cui è bastata la fede di un laico innamorato di Maria per rivoluzionare un piccolo territorio». La “città mariana” è diventata “modello per il mondo”. Attrae milioni di pellegrini e di turisti religiosi. Un fenomeno che incentiva l’economia locale creando, però, problemi di contesto.
L’intervento del sindaco di Pompei, Carmine Lo Sapio, è stato oggettivamente sintetico ed efficace, segno che ha fatto mestiere dell’esperienza di tanti anni in politica in cui ha imparato a gestire con prudenza e profitto le sue iniziative. Ha fatto leva sul sentimento di solidarietà che ha accomunato le famiglie pompeiane nella difesa contro la dolorosa emergenza sanitaria creata dal Covid.
Questa introduzione gli ha presumibilmente assicurato sentimenti di condivisione nel ricordo iniziative straordinarie che lo hanno visto protagonista nelle fasi di maggiore acutezza della crisi Covid nel governare uomini e procedure nella fase iniziale del suo mandato. Esperienza che gli ha facilitato, poi, il percorso successivo affrontato insieme alla Chiesa di Pompei e agli Scavi archeologici.
Riguardo ai lavori in corso (nella maggior parte di competenza regionale) il sindaco di Pompei si è soffermato sulla pedonalizzazione del centro storico, avviata con via Lepanto, mentre la piazza, ridisegnata col progetto dell’Ente Autonomo Volturno si presenta, a suo parere, più funzionale alle esigenze della città.
I successivi interventi hanno messo in vetrina iniziative di governo del paese ai vari livelli, sul percorso dell’incentivazione con la creazione di reti di promozione, servizi pubblici e accoglienza nel centro antico e quello moderno. Lo stesso vale anche per la tavola rotonda, dove agli interventi non sono seguite repliche né risposte ai quesiti del pubblico.
In tale contesto riportiamo il contributo dell’architetto Federico Federico (ex direttore dell’ufficio tecnico del Parco ed attualmente collega giornalista) che in due interventi ha affrontato argomenti ricorrenti nei suoi contributi. Il primo riguarda l’origine osco-sannita della popolazione di Pompei, fondata per motivi di sicurezza ambientale su un’area collinare, tra acqua e fuoco vulcanico, su un territorio funzionale alla strategia commerciale e difensiva adottata dal suo popolo.
Il centro vesuviano antico, fondato presso la foce del fiume Sarno, sfruttò approdi naturali dal mare, dove costruì spazi ricettivi per merci e naviganti portatori di culture esotiche, che caratterizzarono ambiente e paesaggio locale. L’iniziativa di scegliere una posizione mediana nel territorio campano, tra quello d’influenza greca sul versante occidentale e l’altro etrusco sul versante orientale, rivela l’attitudine istintiva della componente indigena prevalente, che impose l’uso della sua lingua parlata e la sua attitudine a prediligere commerci di pace ai conflitti di guerra.
Altra opinione del collega Federico, che condividiamo, riguarda la visibilità esterna degli edifici più elevati del centro antico (come l’Anfiteatro) nei secoli successivi alla distruzione dell’eruzione pliniana. Pompei veniva ancora citata dalla memoria collettiva negli anni successivi all’eruzione pliniana fino a quella del 1631, quando le sue ceneri colmarono gli spazi lasciati vuoti.
Nella tavola rotonda Federico ha commentato la trasformazione della piana del Sarno a seguito dell’intervento di rettificazione del suo regime fluviale successivamente alla canalizzazione, realizzata per risolvere i problemi di allagamento. Fu ampliata la portata delle acque, rettificato il corso del Sarno e furono eliminate le anse – limitatamente al rio Foce – per favorire maggiore velocità di deflusso. Questi interventi, utili alla regimentazione delle acque, ne peggiorarono invece l’idrologia.
Per concludere vogliamo segnalare la partecipazione al convegno dell’urbanista Alessandro Bianchi, direttore della Scuola di Rigenerazione urbana sostenibile. Avrebbe dovuto parlare di strategie di rigenerazione per territori ad alta vocazione culturale. Che occasione ci siamo persi! Uno come lui aveva titoli, risorse e conoscenze per regalarci preziosi consigli. Invece è finita che si è limitato alla “lectio magistralis” di carattere generale, mancante di ogni riferimento al territorio.
Mi riferisco ai tanti edifici che attualmente non sono altro che musei di archeologia religiosa, di istruzione e/o beneficenza fatta a Pompei negli anni eroici di Bartolo Longo e consorte. Edifici che, trovando le risorse necessarie, si potrebbero rigenerare e rendere produttivi nell’interesse principale della Chiesa e del centro longhiano.
A proposito, qualcuno ci sa dire se poi si è concluso l’affare, annunciato qualche mese fa, di acquisizione da parte del Comune di Pompei dell’imponente edificio “Sacro Cuore”? Un ex orfanotrofio femminile che il Comune intendeva trasformare in contenitore culturale urbano di alto profilo, come diventerà, secondo il progetto, l’Albergo dei Poveri di Napoli, dove il direttore generale Massimo Osanna (cittadino onorario di Pompei) ha intenzione di creare il secondo Museo Archeologico partenopeo, mentre Pompei sogna ancora la prima iniziativa del genere.