Successo per Alcioneo il Gigante del Vesuvio andato in scena al Pompei Lab
POMPEI. Al Pompei Lab, la Compagnia Marionettistica Vesuviana in collaborazione con l’antropologo Giovanni Gugg ha messo in scena la prima rappresentazione della nuova serie di spettacoli dal titolo: “Alcioneo il Gigante del Vesuvio”.
Sono tre (per il momento) i protagonisti, a vario titolo, della scena animata da marionette ad asta e filo. Il fondatore della compagnia è Marco Milone (cantautore e musicista, polistrumentista). Marco ha fondato anche la compagnia “Cattivo Costume”. Produce spettacoli e realizza pupi e marionette in forma artigianale.
Roberta Ida Izzo è manovratrice, costumista dei pupi, vocalist e performer della compagnia musico-teatrale Cattivo Costume. Giovanni Gugg, dottore di ricerca in Atropologia Culturale, attualmente post-doc al Lesc, Cnrs/Université Paris-Nanterre, insegna Antropologia Culturale Urbana presso la “Federico II2 di Napoli. Collabora con la fondazione Issnova su progetti europei sulla sicurezza. Si occupa di antropologia urbana e del rischio, con ricerche su attivismo animalista, disastri naturali e territori vulnerabili (come la zona rossa del Vesuvio).
“Alcioneo il Gigante del Vesuvio” è un personaggio leggendario che arriva da lontano nel tempo antico. Era stato rimosso dalla memoria collettiva in terra del vesuviano. La sua figura è stata ripescata e riproposta a bambini e genitori di Pompei e dintorni con felice intuizione di Giovanni Gugg.
Alcioneo ora troneggia nella rappresentazione che ne ripropone il carisma alla guida dei giganti che sfidarono nell’antichità greca gli dei dell’Olimpo. Alla fine fu sconfitto da Ercole, ma rimase vivo e indomabile ed imprigionato sotto il Vesuvio. In conclusione le eruzioni dello “Sterminator Vesevo” non sarebbero altro, per gli umani, che sfoghi d’ira del Gigante Vesuviano che ora, grazie a Gugg, ci è diventato familiare.
Il racconto inscenato è alla base di un percorso virtuoso della Compagnia Marionettistica Vesuviana, che utilizza i segreti del mestiere puparo proponendo riflessioni sociologiche che predispongono all’accoglienza l’immaginario di adulti e bambini, riguardo la guerra, la convivenza tra popoli, la tolleranza di modi di vita e tradizioni diverse, oltre alla tutela dell’ambiente.
Roberta e Marco hanno trascorso un lungo apprendistato nei più prestigiosi atelier del territorio: il teatro di figura del maestro delle guarattelle del ‘500 napoletano, Gaspare Nasuto e l’officina di Lucio Corelli, erede nobile dell’omonima compagnia di pupi napoletani. Entrambi ora sanno scolpire il legno, dipingere le scene del teatrino ambulante dei pupi e confezionare gli abiti delle marionette di legno ad asta e filo (attività artigianale simile a quella presepiale).
Fondamentale per lo spessore culturale e sociale raggiunto dall’iniziativa del duo teatrante è stato l’incontro dei due artisti/artigiani con l’intellettuale Giovanni Gugg, che ha proposto di attingere al filone leggendario “Dalla Gigantomachia al Vesuvio”, riprendendo vicende dimenticate nel solco della tradizione popolare che ora tornano condivise e attrattive nel territorio vesuviano.
Abbiamo chiesto a Gugg il motivo di recuperare questa storia. «Potrebbe apparire come un’operazione nostalgica o folklorica – ci ha risposto – ma essa, al contrario, oltre a divertire grandi e bambini, assume un valore strategico fondamentale anche per l’attività mirata della Protezione Civile».
In effetti comunicare il rischio indirettamente, con lo spettacolo leggero, consente di trasmettere alcune notizie di contenuto grave, senza per questo utilizzare parole allarmanti, né tantomeno fredde formule tecniche. La forma teatrale assume generalmente una funzione pubblica, nelle scuole e le altre istituzioni, che rafforza il legame identitario tra attori e spettatori sviluppando cultura del rispetto nel rapporto gerarchico docente/discente, favorendo col ricordo del racconto il messaggio sottostante di rischio e pericolo.
In conclusione, recuperare la leggenda di Alcioneo nel teatro dei burattini significa liberare la comunicazione di messaggi più complicati con la retorica dell’allegoria che ci consente di dire l’indicibile, suggerendo comportamenti prudenziali indiretti, utili anche per i laboratori scolastici e/o iniziative della Protezione Civile.
Alcioneo, riproposto dopo tanto tempo, con l’opera dei pupi vesuviani, ci è parso istintivamente familiare. Uno, grosso così, ruggisce ma non colpisce. Tante volte il sorriso convince più del dramma e lasciateci argomentare che il monito che arriva dalla figura spaventosa del gigante del Vesuvio assume il valore apotropaico del “cave canem” di pompeiana memoria.