Gli impianti zigomatici e pterigoidei sono essenziali quando l’osso mascellare “scompare”

POMPEI. La perdita dell’osso mascellare è una delle sfide più complesse per chi si occupa di implantologia. Una situazione che fino a pochi anni fa lasciava poche speranze ai pazienti edentuli. Oggi, grazie a tecniche all’avanguardia come gli impianti zigomatici, pterigoidei e trans nasali, “l’impossibile è diventato realtà”. Ne parliamo con il dottor Fausto D’Ermo, odontoiatra specializzato in implantologia avanzata.

Dottor D’Ermo, che cos’è l’atrofia dell’osso mascellare e perché si verifica? 
«L’atrofia ossea è una condizione patologica in cui l’osso mascellare si riduce in altezza, spessore e densità. La causa principale è la perdita dei denti: quando i denti vengono a mancare, l’osso che li sosteneva inizia a riassorbirsi perché non più stimolato. Altre cause possono essere parodontiti avanzate, traumi, patologie sistemiche come l’osteoporosi o interventi chirurgici demolitivi».

In questi casi è sempre necessario ricorrere a un impianto? 
«Non sempre, ma molto spesso sì. Quando il paziente è edentulo o ha perso molti denti, l’implantologia è la soluzione più stabile e duratura per ripristinare la funzione masticatoria e l’estetica del volto. Tuttavia, se l’atrofia ossea è avanzata, l’implantologia tradizionale non basta. Ecco perché intervengono le tecniche avanzate».

Quali sono le principali alternative oggi disponibili per chi ha una grave atrofia mascellare? 
«Le tecniche di rigenerazione ossea sono efficaci, ma richiedono tempi lunghi e risultati non sempre prevedibili. Quando la rigenerazione non è possibile, si ricorre a impianti extra-ossei. Gli impianti zigomatici, per esempio, si ancorano all’osso zigomatico, che è molto più denso e stabile. Gli impianti pterigoidei sfruttano invece la regione del processo pterigoideo, nella parte posteriore del mascellare, mentre gli impianti trans nasali attraversano la cavità nasale per raggiungere zone ossee integre».

Come cambia l’intervento chirurgico rispetto a un impianto tradizionale? 
«Si tratta di interventi complessi che richiedono grande esperienza. La pianificazione preoperatoria è essenziale, spesso supportata da tecnologie 3D e chirurgia guidata. L’anatomia del paziente viene studiata al millimetro. Nonostante ciò, la chirurgia è sempre meno invasiva grazie a strumenti innovativi e tempi di recupero più rapidi».

I risultati sono comparabili a quelli degli impianti classici? 
«Direi persino superiori, in certi casi. I pazienti che non avrebbero potuto ricevere alcun impianto, ora tornano a masticare, sorridere e vivere senza disagi. La stabilità è ottima, anche in condizioni ossee molto compromesse. È una soluzione che migliora nettamente la qualità della vita».

Ci sono limiti o rischi da considerare? 
«Con un’attenta selezione del paziente e una corretta esecuzione, sono ridotti al minimo. Il vero limite resta l’accesso a queste tecniche: pochi centri, tra cui il nostro, sono attrezzati e il costo è superiore rispetto agli impianti convenzionali. Ma il valore del risultato li giustifica pienamente».

Qual è il futuro dell’implantologia per i pazienti con atrofia mascellare? 
«Ci avvicineremo sempre di più al sogno di un’odontoiatria davvero su misura, anche per i casi più estremi. Il sorriso è una parte essenziale della nostra identità. E grazie all’implantologia avanzata, può tornare a splendere anche dove sembrava impossibile».

Info:
Studio Odontoiatrico Dr. D’Ermo
Pompei – Via Astolelle, trav. Carbone 4/B
Tel. 3381114128

Redazione Made in Pompei

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Made in Pompei è una rivista mensile di promozione territoriale e di informazione culturale fondata nel 2010.

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