“Je sto vicino a te”: la mostra a Palazzo Reale di Napoli in ricordo di Pino Daniele

NAPOLI. Ci sono voci che non finiscono, voci che non smettono di dirci qualcosa, anche quando il corpo non c’è più. Voci che si fanno preghiera, canto, strada, voci come quella di Pino Daniele, che non è mai stata solo voce: è stata appartenenza, rivoluzione dolce, verità ruvida come i vicoli della sua città, carezza sporca di sale.

E Napoli gli rende omaggio con la mostra Pino Daniele. Spiritual, nelle sontuose sale Plebiscito e Belvedere del palazzo Reale, dove la memoria si fa viva e presente, e il passato respira con i battiti del cuore. Un’esposizione in memoria del celebre artista che andrà avanti fino al 6 luglio 2025.

A dieci anni dalla scomparsa e a settanta dalla nascita, Spiritual è il titolo più giusto, perché se è vero che la musica di Pino è sempre stata corpo, carne, terra, è altrettanto vero che in ogni suo gesto artistico c’era qualcosa di impalpabile. Una vertigine che portava altrove. Un “oltre” che non si poteva spiegare. “Nun ce sta niente ‘a capì, è solo sentimento”, lo diceva lui stesso.

Per la prima volta, la storia di Pino viene raccontata attraverso un mosaico ricchissimo di materiali: video inediti, oggetti personali, appunti, strumenti, fotografie intime e pubbliche, installazioni scenografiche. Ogni dettaglio esposto è una tessera di un ritratto che si ricompone come in un sogno: quello di un ragazzo che da Banchi Nuovi ha attraversato il mondo, senza mai smettere di restare figlio della sua città, della sua rabbia, della sua malinconia, della sua dolcezza.

L’esposizione è un progetto della fondazione Pino Daniele, presieduta da Alessandro Daniele, curata da lui insieme ad Alessandro Nicosia, realizzata con il ministero della Cultura, il palazzo Reale, la regione Campania, il comune di Napoli, con la collaborazione di Rai Teche, archivio Luce, fondazione Campania dei Festival e la media partnership di Rai. Il progetto porta il sigillo “70/10 Anniversary”, un segno che sottolinea il valore unico di questo omaggio: non una celebrazione vuota, ma un’eredità viva.

La mostra è divisa in due grandi parti e nove aree tematiche, che accompagnano il visitatore in un viaggio dentro la musica, ma soprattutto dentro l’anima. La prima parte va dal 1955 al 1977, l’anno del primo album, “Terra mia”. È un cammino nel tempo, tra ricostruzioni teatrali e coinvolgenti, la leggendaria “Grotta” di tufo, simbolo della ricerca musicale, e un live club napoletano degli anni ’70, che raccontano gli esordi, le notti insonni, la nascita di uno stile che avrebbe cambiato tutto.

La seconda parte, che dal 1977 arriva fino al 2014, è una mappa affettiva, un diario sonoro che segue le tappe della sua carriera e della sua vita, intrecciando dischi, incontri, viaggi, palchi e amicizie. Non mancano momenti toccanti: lettere, dediche, immagini che raccontano il padre, l’amico, il sognatore, l’uomo che ha portato Napoli nel mondo e il mondo dentro Napoli. In una strofa poteva esserci l’Africa, il Mississippi, i Quartieri Spagnoli, il jazz, la tarantella, la voglia di gridare e quella di amare.

Camminando tra le stanze della mostra, si ha la sensazione che Pino sia ancora lì, da qualche parte, dietro un video che parte all’improvviso, dentro una chitarra che ha ancora il profumo delle sue mani. C’è chi si ferma, chi chiude gli occhi, chi piange in silenzio. Non per nostalgia, ma per riconoscenza, perché quelle canzoni sono case, rifugi, specchi.

Il titolo, Spiritual, dice tutto. Pino Daniele è stato spirito, ispirazione, grazia. Ha attraversato i generi come si attraversano i mari: senza paura, senza confini. Ha cantato le periferie dell’anima con la stessa intensità con cui ha suonato nei templi del jazz. È stato popolare e sofisticato, tenero e rivoluzionario. Ha dato voce agli ultimi e ha reso nobile la parola “mestiere”.

Non cercava il successo: cercava la verità. E quando la trovava, la metteva in musica. Non per sé. Per noi.
Ed è per questo che oggi, chi entra in questa mostra non la visita: la vive. Si commuove, si rivede, si riconcilia. La sua musica non consola, risveglia.

E allora sì, mentre esci, tra i corridoi del Palazzo Reale, ti viene da canticchiare sottovoce: “Na voce, na chitarra e ‘o poco ‘e luna… e tu.” Tu che non ci sei più, eppure non te ne sei mai andato. Tu che ci hai insegnato a non avere paura del dolore. Tu che, in fondo, sei sempre qui. E noi, oggi più che mai, ti stiamo vicino.

E se qualcuno domani ci chiedesse “Chi era Pino Daniele?”, potremmo rispondere senza esitare: “Era il nostro silenzio che diventava musica”. E questa mostra è il modo più bello per ascoltarlo ancora. Perché certe
presenze non finiscono. Restano. Cantano. E salvano.

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Noemi Perlingieri

Noemi Perlingieri

Cresciuta a Trevico, il tetto della Campania e paese natio del regista Ettore Scola, si laurea alla facoltà di Archeologia e Storia dell’arte della “Federico II” con una tesi triennale sul Museo Hermann Nitsch di Napoli e una tesi magistrale sul Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale. Il mondo della fotografia la affascina da sempre e fin da giovanissima partecipa attivamente alle iniziative culturali dell’associazione Irpinia Mia. Dal 2014 è in forza presso il Parco Archeologico di Pompei a supporto dell’Area tecnico specialistica - settore valorizzazione del Grande Progetto Pompei. Dal 2023 è Consigliere regionale Icom Campania.

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