Pompei, la fuga impossibile: gli ultimi istanti della tragedia nella Casa di Elle e Frisso
POMPEI. Un letto spinto di traverso contro una porta, nel disperato tentativo di fermare la furia del Vesuvio. È una delle immagini più toccanti emerse dagli scavi della Casa di Elle e Frisso, una domus di medie dimensioni recentemente indagata lungo via del Vesuvio, a Pompei. A restituire la cronaca degli ultimi momenti degli abitanti della casa è un articolo pubblicato sull’E-journal degli scavi di Pompei, che raccoglie i risultati delle ultime ricerche condotte nell’area.
La dimora prende il nome da un affresco mitologico rinvenuto nella sala da banchetto, che raffigura Frisso in sella al montone dal vello d’oro mentre tende la mano alla sorella Elle, destinata all’annegamento nel mare che avrebbe preso il nome di Ellesponto. Una scena tragica, specchio forse inconsapevole del destino degli abitanti della casa, colti dall’eruzione del 79 d.C. e rimasti intrappolati nella loro stessa abitazione.
La casa, situata nei pressi della già nota Casa di Leda e il cigno, è stata oggetto di scavi nell’ambito di interventi di consolidamento e tutela dei fronti perimetrali tra aree scavate e non, nonché di opere per il miglioramento dell’assetto idrogeologico.
Tra gli ambienti riportati alla luce figurano un atrio con impluvium, un triclinio con pareti finemente decorate, un cubiculum e un vano coperto da tettoia con apertura centrale, attraverso la quale si ritiene siano penetrati i primi lapilli caduti durante l’eruzione. Proprio questa apertura potrebbe aver determinato la scelta disperata degli abitanti di barricarsi in una delle stanze, usando un letto per sbarrare l’accesso.
Il calco del letto è stato realizzato grazie ai vuoti lasciati nella cenere solidificata dalla decomposizione del legno. All’interno della stessa stanza sono stati rinvenuti i resti di almeno quattro individui, tra cui un bambino al quale, con ogni probabilità, apparteneva una bulla in bronzo, ovvero il tradizionale amuleto che i maschi indossavano fino alla maggiore età.
A completare il racconto silenzioso della vita quotidiana, altri oggetti come un set di vasellame in bronzo composto da coppa, brocca, vaso e attingitoio, e un deposito di anfore in un sottoscala adibito a dispensa, alcune delle quali destinate a contenere il garum, la celebre salsa di pesce romana. Alcuni indizi, come soglie asportate, assenza di decorazioni in punti specifici e tagli nelle murature, indicano che la casa fosse in fase di ristrutturazione al momento dell’eruzione, ma comunque abitata.
«Scavare a Pompei e visitarla – ha commentato il direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – vuol dire confrontarsi con la bellezza dell’arte ma anche con la precarietà della vita di tutti noi. In questa piccola casa meravigliosamente decorata abbiamo trovato le tracce degli abitanti che hanno cercato di salvarsi, bloccando l’ingresso di un piccolo ambiente con un letto di cui abbiamo realizzato il calco».
«Questo perché – ha spiegato – dall’apertura del tetto dell’atrio entravano i lapilli, le pietre vulcaniche che rischiavano di invadere lo spazio. Non ce l’hanno fatta, alla fine è arrivata la corrente piroclastica, un violento flusso di cenere caldissima che ha riempito qui, come altrove, ogni ambiente, mentre le scosse sismiche avevano già prima fatto crollare molti edifici. Un inferno che colpì questa città il 24 agosto 79 d.C., di cui ancora oggi troviamo le tracce».
Un inferno raccontato con forza struggente da calchi, affreschi e oggetti d’uso quotidiano, che restituiscono al presente la voce sommessa di una vita interrotta. La Casa di Elle e Frisso, come molte altre domus pompeiane, sarà presto aperta al pubblico dopo gli interventi di restauro e valorizzazione. E con essa, tornerà visibile un frammento della fragile umanità che visse e morì sotto le ceneri del Vesuvio.