Disarmarsi per appartenersi: la performance di Anton Mirto a Casa Morra
NAPOLI. Cosa significa spogliarsi delle proprie armature, offrire il proprio corpo e il proprio sentire come terreno d’incontro? A questa domanda risponde Dis-Arma-Mi, la nuova azione performativa partecipata di Anton Mirto, andata in scena a Casa Morra il 10 aprile 2025. In un’atmosfera sospesa, in cui il silenzio del gesto si fa parola, la performance ha attivato un rito collettivo fatto di ascolto, prossimità e trasformazione.
Nata da un lungo processo laboratoriale che ha coinvolto generazioni differenti – dai bambini agli anziani, dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Napoli ai ricercatori dell’Università Suor Orsola Benincasa – Dis-Arma-Mi è l’approdo visibile di un lavoro invisibile, profondo, psicosensoriale.
L’opera vive nello scarto tra protezione e apertura, tra materia e relazione. Le sculture, nate dalle mani dell’artista insieme a Yulia Kryshchuk e Antonio Del Giudice, sono strumenti e ostacoli, corazze e rifugi, che il pubblico è invitato a indossare, toccare, immergere nell’acqua, curare.
L’acqua – elemento vivo, purificante, mutevole – diventa ponte tra i corpi, medium attraverso cui le armature si alleggeriscono, si trasformano, si disciolgono in nuove forme. Così il paesaggio installativo si fa organismo in metamorfosi, territorio sensibile che ridefinisce i confini tra sé e l’altro. Ogni gesto – anche il più minimo – è un atto di responsabilità condivisa: disarmare l’opera significa, simbolicamente, disarmare se stessi.
Dis-Arma-Mi apre uno spazio di indagine, tanto individuale quanto collettivo, attorno ai concetti di protezione, vulnerabilità e fiducia. È un invito – gentile eppure radicale – a esplorare le nostre personali forme di difesa, a riconoscerne i contorni, e forse a lasciarle andare. Non c’è spettacolo da osservare, ma esperienza da abitare. La performance si muove su un crinale fragile tra azione e riflessione, tra gesto e presenza, tra corpo e paesaggio interiore.
Napoli, in tutto questo, non è solo sfondo ma materia attiva, alleata poetica e politica del processo artistico. È nella città, nella sua carne viva e stratificata, che Mirto affonda le radici della propria ricerca. Le sue origini casertane si intrecciano alla memoria della città, e a una tensione che non è mai nostalgia, ma forza generativa. La pratica di Mirto – che unisce performance, installazione, processi di guarigione e partecipazione – trova in Napoli un laboratorio naturale, una terra di resistenza e di immaginazione.
Un ruolo silenzioso ma decisivo è quello della Fondazione Morra, che da sempre custodisce e alimenta un’idea di arte come attraversamento, incontro, trasformazione. Casa Morra non è semplice contenitore, ma corpo vivo che accoglie e amplifica l’azione artistica, rendendola possibile nel suo farsi. In questo contesto, la visione di Peppe Morra si conferma ancora una volta essenziale: una guida che non impone, ma accompagna, creando spazi dove il gesto artistico può trovare radici e libertà.
Accanto a lui, Isabella Morra – oggi presidente della Fondazione – porta avanti questa eredità con uno sguardo sensibile e contemporaneo, capace di intrecciare memoria e apertura, custodendo l’anima radicale del progetto e al tempo stesso rinnovandone il respiro.
È in questo terreno fertile, fatto di ascolto, visione e tensione al futuro, che Dis-Arma-Mi ha potuto nascere e fiorire, come esperienza collettiva e necessaria. Un’arte che non esibisce, ma rivela; che non chiede di essere compresa, ma abitata.
“Cosa significa disarmarsi? E disarmare?” si domanda l’artista. Forse, in fondo, significa abitare con coraggio l’instabilità dell’essere, aprirsi all’altro senza garanzie, riscoprirsi permeabili. È in questo spazio sottile, fragile, potentissimo, che la performance di Anton Mirto ci conduce: un invito a farsi paesaggio in ascolto, presenza viva nel mondo.
Thank you warm Noemi, beautifully & sensitively written !!!
“È in questo spazio sottile, fragile, potentissimo, che la performance di Anton Mirto ci conduce: un invito a farsi paesaggio in ascolto, presenza viva nel mondo.” Grazie