A Pompei il confronto tra archeologia e psicologia: i lavori del convegno

POMPEI. Si è tenuto il 14 febbraio un convegno multidisciplinare dal titolo “Strati di senso. Archeologia e psicologia a confronto”. L’iniziativa si è svolta con spunti interessanti di dibattito e una discreta partecipazione di pubblico e di relatori coinvolgenti presso l’Auditorium del Parco Archeologico di Pompei, in quella che è stata annunciata come la prima sessione di una manifestazione ricorrente e, a quanto pare, di alto interesse, perché ambiva a suscitare un dialogo esperienziale, per molti versi innovativo, tra studiosi di diversa formazione (archeologi, filosofi, psichiatri, neuropsichiatri) su argomenti condivisi.

In tale ambito ha assunto rilievo “istituzionale” l’annuncio del direttore del Parco Archeologico Gabriel Zuchtriegel relativo all’ampliamento del ventaglio di iniziative (non solo archeologiche) in cui è da tempo impegnata la direzione del Parco.

Insieme a Zuchtriegel ha organizzato e presentato “Strati di senso” il professore Gennaro Carillo dell’università Suor Orsola Benincasa di Napoli, sapiente divulgatore culturale, già noto per la partecipazione a precedenti manifestazioni culturali di successo.

Tutti i relatori sono partiti dalla considerazione che l’indagine archeologica assomiglia per certi versi a quella utilizzata (da Freud in poi) nella psicologia, nel penetrare i diversi strati della coscienza umana allo scopo di scoprire i motivi alla base delle dinamiche comportamentali di un individuo.

Su questo fil rouge sono intervenuti nell’Auditorium del Parco, in due sessioni (mattutina e pomeridiana) archeologi, filosofi e psicologi su vari argomenti collegati al tema principale, in un secondo tempo integrati e approfonditi nel dibattito successivo ad ogni sezione di interventi.

Nella prima sessione, moderata da Paola Aurino, della Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio della provincia di Cosenza, è intervenuto per primo Fabio Martini, docente emerito dell’università di Firenze. Il suo intervento è stato molto interessante, e per certi versi sorprendente, riguardo svariate tesi di antropologia culturale sull’arte preistorica, indagata con strumenti di scienza cognitiva e commentata con argomenti di estetica.

Successivamente Zuchtriegel ha illustrato il significato di alcuni affreschi pompeiani su miti che hanno lasciato tracce profonde nella cultura occidentale. Il direttore generale del Parco si è soffermato, in particolare, sulla sacralità della caccia nell’antichità. La dea Artemide aveva fissato regole per la pratica della caccia ispirate al rispetto per il mondo animale.

Difatti doveva essere praticata esclusivamente per esigenze alimentari, inoltre bisognava osservare un preciso rituale nell’uccisione della selvaggina, la cui carne doveva essere cotta prima della libagione ed una sua porzione doveva essere sacrificata agli dei per propiziare il loro volere.

«Cosa desideri essere: preda o cacciatore?»: il leitmotiv delle argomentazioni di Zuchtriegel sulla caccia riguarda una scelta esperienziale fondamentale che la pratica della caccia poteva riservare all’umano (maschio e/o femmina). I baccanali dionisiaci manifestavano la pratica di farsi preda delle baccanti sotto lo sguardo di Dioniso.

Zuchtriegel evidentemente ne ha parlato confortato dai riscontri recenti avuti sul campo di ricerca archeologica. Ci riferiamo al recente ritrovamento della “Casa del Tiaso” (insula 10 Regio IX) dotata di una favolosa sala per banchetti, affrescata con una megalografia in cui ha trovato alcune conferme sulle sue supposizioni sulla caccia nel significato intrinseco della rappresentazione di un corteo che celebra il culto del “dio primordiale dalle resurrezione”. I baccanali erano manifestazioni che servivano per liberare adrenalina dal corpo dei celebranti, mediante assunzione di dopamina (di droghe e/o vino e danzando balli frenetici) per liberare dai freni inibitori gli istinti primordiali.

Il professore emerito di archeologia dell’Università di Roma, Andrea Carandini, nel suo intervento ha parlato del seppellimento della città antica di Roma (stratificata sotto le macerie) e di quella di Pompei (sotto ceneri e lapilli eruttivi del Vesuvio) spiegando la psicanalisi dell’interpretazione dei sogni, introdotta da Freud all’inizio del secolo breve per svelare i segreti dell’inconscio.

Carandini ha ricordato episodi biografici della vita di Sigmund Freud, riferiti alla sua passione/inibizione per Roma, il Sud d’Italia, Pompei, Napoli fino all’Acropoli di Atene (dove svenne) per spiegare l’analogia sistemica tra archeologia e psicanalisi, utilizzate entrambe per far emergere l’inconscio collettivo e/o della singola persona.

Carmela Bravaccio, docente di psicologia presso la “Federico II” di Napoli, e Giovanna Gison, psicologa del centro medico riabilitativo di Pompei, hanno riferito le loro osservazioni su disegni infantili di gladiatori e cacciatori, tracciati da bambini con il carboncino sui muri di un cortile di servizio, nella casa del Cenacolo colonnato su via dell’Abbondanza a Pompei (nell’Insula dei casti Amanti) in cui è stato notato che le emozioni dei bambini non cambiano nel corso del tempo. Ne consegue che il bambino rappresenta sempre tutto ciò che vede, in quello che è e in quello che non è.

La sessione pomeridiana del convegno è stata moderata da Maria Carmen Morese, direttrice del Goethe Institut di Napoli. Morese è originaria di Pompei (suo zio Antonio Morese fu protagonista di un eroico intervento civile durante la grande guerra). Abbiamo apprezzato il suo contributo per la sua proprietà di linguaggio e la straordinaria capacità di sintesi.

La professoressa Anna Donise, docente di filosofia alla “Federico II”, ha presentato la tematica dell’empatia fra archeologia e psicologia. Secondo il suo parere l’empatia può essere utile sia allo scavo archeologico che a quello operato dalla psicologia nelle coscienze umane, in quanto entrambe le discipline non indagano su verità assolute ma su ipotesi più o meno probabili, conseguentemente si servono di un pluralismo metodologico.

Il professore Vittorio Lingiardi dell’Università La Sapienza di Roma ha illustrato la relazione tra psiche e paesaggio partendo ancora una volta da Sigmund Freud che considerava Roma come un’entità psichica e coltivava un’innata passione per l’archeologia.

Dalla tecnica dell’archeologo derivava il metodo di lettura delle tracce, mentre coltivava un riferimento continuo ai miti greci di Narciso e di Edipo nella sua indagine psicologica paziente. Alla fine, quello che osserviamo nel paesaggio ha a che fare con il nostro inconscio.

Il professore Carillo dell’università Suor Orsola Benincasa ha esordito con citazioni letterarie su Pasolini, Caproni, Calvini, Zambrano in dialogo con i precedenti relatori. Non poteva mancare una riflessione sulla Gradiva di Jansen.

«L’intuizione artistica tante volte arriva prima delle scienze»: questo concetto psicanalitico ha indotto il dotto conferenziere a riflettere sull’usura di certi paesaggi simbolici. Diceva Bernhard: «Guardare il Vesuvio per me è una catastrofe perché tanti milioni di persone l’hanno già fatto». «Lo stesso si può dire per Pompei» argomenta Carillo, da parte sua (anche se il direttore del Parco probabilmente non la pensa così, nda).

Bisogna riflettere sul dato che Pompei, poco alla volta, è stata assunta allo stato di metafora della caducità umana nel tentativo di dare una lettura morale della catastrofe. Ne consegue che è stata sottratta alla sua letteralità. È la inertiae dulcedo tacitiana alla base della caducità di Roma e della distruzione di Pompei.

È la stessa lettura morale della frivolezza di Parigi, ridotta in macerie dal “Vesuvio tedesco” alla base di una memoria collettiva che ne interpreta la catastrofe come conseguenza simile a quella della mollezza tacitiana. Ne consegue che la scritta “Sodoma e Gomorra” su un muro di Pompei distrutta interpreta verosimilmente l’emersione degli strati più bassi dell’umanità locale.

Mario Cardone

Mario Cardone

Ex socialista, ex bancario, ex sindacalista. Giornalista e blogger, ha una moglie, una figlia filosofa e 5 gatti. Su Facebook cura il blog "Food & Territorio di Mario Cardone".

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