Pomodorì a Pompei: dove la pizza nasce dal dialogo costante tra forno e cucina
POMPEI. Si sa che l’unione fa la forza, ma non tutti sanno che fa anche la pizza buona. Infatti è il dialogo continuo tra il forno e la cucina, e quindi tra l’impasto e il topping, l’ingrediente top secret che fa della pizza di Pomodorì un piatto che sembra superare la tradizionale e netta divisione tra i concetti di pizzeria e di ristorante.
Il “segreto” della pizzeria di Pompei (è in via Unità d’Italia 51, nel complesso del Ravida Resort) è stato illustrato – con assaggio che ha fatto seguito alla teoria – a giornalisti e operatori della comunicazione nel corso della presentazione alla stampa dello scorso 30 maggio.
Interpreti di questa filosofia di lavoro, ovviamente, non possono che essere le figure alla guida delle due linee di ristorazione. Alla ideazione, sperimentazione e preparazione degli impasti, oltre che al suo posto di battaglia e cioè al forno di Pomodorì, troviamo il pizzaiolo Nicola Cesarano, 28 anni, di cui almeno la metà trascorsi a praticare l’arte della pizza napoletana.
Al suo fianco c’è tutta l’esperienza di Giuseppe Auricchio, chef del Ravida Resort, la cui creatività impreziosisce le guarnizioni delle pizze servite ai tavoli di Pomodorì. Il suo obiettivo dichiarato è quello di dare il giusto equilibrio alle preparazioni e favorire l’amalgama dei sapori con gli impasti leggeri, aromatici e fragranti delle pizze.
D’altra parte, durante la serata di presentazione, è apparso subito chiaro che il tandem Cesarano-Auricchio ama giocare sul terreno sempre scivoloso dell’agro-dolce. Ma loro riescono a non scivolare mai. Come surfisti cavalcano l’onda del gusto, restando sempre in perfetto equilibrio sui loro vassoi.
A tavola portano abbinamenti talvolta arditi (valga come esempio la pizza con acciughe e mortadella, che vedremo più avanti) ma sempre stuzzicanti e bilanciati al punto giusto. L’effetto del combinato disposto dagli impasti del pizzaiolo Nicola e dai condimenti dello chef Giuseppe è dunque quello di un’armonia complementare tra il mondo della pizza e quello della cucina.
Non poteva mancare il mondo del vino, a cui ha pensato il sommelier e direttore di sala Andrea De Simone: napoletano, ha condiviso già altri percorsi professionali con lo chef Auricchio. A lui il compito, riuscito, di valorizzare le portate con i vini adatti e di intrattenere gli ospiti con la sua loquacità, che gli consente di avere l’aneddoto giusto per ogni occasione.
Dello chef si è già detto in altra occasione. Scopriamo invece qualcosa in più sul giovane e talentuoso pizzaiolo Nicola Cesarano, che da due anni s’impegna ad accontentare tutti i palati che passano da Pomodorì a Pompei. Nicola, originario di Boscoreale, ha solo 28 anni ma ha già impiegato più della metà della sua vita accanto al forno a legna.
Nel corso della sua formazione ha frequentato diversi corsi e ha appreso l’arte bianca da alcuni dei migliori maestri contemporanei. Tra loro spiccano i nomi di Vincenzo Iannucci, Gianfranco Iervolino, Raffaele Bonetta e Salvatore Costa. Nella sua breve ma intensa carriera ha fatto tappa poi a Firenze, presso la pizzeria di Giovanni Santarpia, insignita dei tre spicchi del Gambero Rosso.
Il menù delle pizze voluto da Nicola predilige i prodotti di stagione e a km zero. L’approvvigionamento segue le logiche di vicinanza e qualità, nei mercati locali e attraverso i contadini che lavorano nelle terre circostanti. Da loro giungono sempre le migliori primizie, pronte ad essere impiegate come ingredienti speciali per le pizze.
La pizza di Nicola Cesarano, evolutasi nel tempo e ormai consolidata nello stile contemporaneo (cornicione alto e pronunciato, a “canotto”, e alveolato), s’inserisce in un contesto locale che offre pizze già di altissima qualità, distinguendosi a sua volta.
Scegliere questa pizza significa avere a che fare con un prodotto realizzato con ingredienti accuratamente selezionati, partendo dalla farina del Mulino Petra. Nell’impasto preferito da Cesarano vengono miscelate due diverse farine di tipo 1 e una di tipo 0. Per il pizzaiolo, 24 ore di lievitazione sono sufficienti per una pizza leggera e ad alta digeribilità.
La cottura avviene in un forno a legna classico mentre, per quanto riguarda l’idratazione della pizza, ci si mantiene tra il 70 e il 72%. Si va dunque dalla pizza doppio crunch alla pizza fritta ripassata nel forno elettrico, dalla focaccia alta alla pizza cotta nel rutiello. A ciò si aggiungono i frequenti esperimenti con altri tipi di farine come quella di segale, riso e orzo, quella integrale o allo zafferano.
Otto le portate scelte, con relativo abbinamento enologico, per presentare Pomodorì a giornalisti e comunicatori. L’entrée di benvenuto: erano una montanara con pomodoro San Marzano Dop e Grana Padano; e una frittatina di pasta ai tre pomodori al cuore filante di fiordilatte panato al tarallo “sugna e pepe”. Abbinamento con prosecco Sant’Orsola Prestige.
Si è entrati poi subito nel vivo della presentazione con la pizza contemporanea La Napoli Sbagliata, ideata da Nicola Cesarano: topping con un’ombra di pomodoro San Marzano dop, pomodorini rossi del Vesuvio, olive nere Caiazzane, (in uscita) pomodorini gialli semi-dry, polvere di aglio nero di Vogliera, confettura di pomodoro, basilico e olio Evo.
A seguire O ‘rutiello: topping con moscardino affogato, polvere di olive nere di Caiazzo, clorofilla di prezzemolo e olio Evo. Poi è stata servita una pizza fritta e al forno con mortadella artigianale Igp, stracciata, acciughe di Sciacca, zeste di limone, basilico e olio Evo.
La presentazione è proseguita poi con la pizza nel padellino, cotta nel forno elettrico, realizzata con farina Molino Petra di riso e orzo germogliato: topping di cuore di scarola riccia stracciata, prosciutto di salmone, pesto di avocado, lamponi in purezza e olio Evo. Queste ultime pizze sono state abbinate ad una Falanghina Igp Virgo dell’azienda vitivinicola villa Raiano, annata 2023.
Quindi è arrivata la pizza al padellino, cotta nel forno elettrico, farcita con finto tonno di maiale, mozzarella di bufala Dop, misticanza di erbe spontanee, olive di Caiazzo e ciliegie. Prima del dessert è arrivata una Margherita con pomodoro San Marzano Dop, fiordilatte di Agerola, Parmigiano Reggiano, basilico e olio Evo. Queste ultime due specialità sono state accompagnate da un Piedirosso Igt Pompeiano, di Vini De Martino, Antiche Vigne Pompeiane, annata 2023.
Dulcis in fundo, anche il dessert di pizza dolce: pizza al cacao amaro al 70% con semifreddo alla banana, noci caramellate, meringhe alla francese e colata di cioccolato fondente callebaut su foglia di banano. L’accostamento era un gustoso liquore al sambuco. In più, a tavola, sono stati serviti anche gli “effetti speciali” del ghiaccio secco a luci abbassate.
In ultimo, ma non certo ultimi, meritano la menzione anche Anna Talamo e Raffaele Vingiani, titolari di Ravida Resort, il complesso per eventi e cerimonie che ospita al suo interno la pizzeria Pomodorì (che offre anche l’asporto). «Siamo imprenditori alberghieri – ha ricordato Anna – e qualche hanno fa abbiamo accettato la sfida di lanciare i nostri progetti di ristorazione».
Così sono nati Ravida Resort e Pomodorì su un terreno che un tempo ospitava tre antiche masserie pompeiane. I progetti però non finiscono qui, come racconta Raffaele: «Il nostro obiettivo è esportare oltre Pompei il progetto, lanciando una catena di pizzerie a marchio Pomodorì e garantendo al contempo la qualità e la freschezza dei prodotti». Un progetto sì ambizioso, ma che sotto la guida di Nicola Cesarano e di Giuseppe Auricchio può poggiare su solide fondamenta.