“White out” al Tan di Napoli: ovvero la necessaria utilità dell’inutilità
NAPOLI. È andato in scena per due sere di seguito – sabato 10 e domenica 11 febbraio 2024 – al Teatro Area Nord di Napoli, White out di Piergiorgio Milano, col sottotitolo La conquista dell’inutile. È un termine tecnico dell’alpinismo White out e sta ad indicare la perdita di visibilità, con tutte le sue conseguenze.
Indaga questo lo spettacolo – dosando saggiamente danza, teatro ed alpinismo – la situazione in cui tre alpinisti (interpretati da Javier Varela Carela, Luca Torrenzieri e lo stesso Piergiorgio Milano) vengono a trovarsi durante la loro spedizione.
È uno spettacolo dal sapore fortemente cinematografico, in cui flashback della notte prima della spedizione si accavallano a timori, entusiasmi, incubi, gelo, adrenalina, tensione. Una meravigliosa scenografia fa del teatro una montagna e sembra condurre lo spettatore in arrampicata con gli alpinisti, fino a farlo perdere in quel bianco informe che lascia tutto sospeso e riempie di terrore perché non si ha più direzione e si resta inermi.
C’è il peso insostenibile della morte che angoscia, la si guarda in faccia e la si deve sfuggire, ma c’è anche la fiducia reciproca, c’è l’interrogarsi sul perché si fa quel che si fa e la risposta è nella semplice evidenza dell’impossibilità di non farlo. Perché niente è indispensabile, eppure senza quella conquista dell’inutile nulla avrebbe senso.
Può sembrare pesante come un macigno, descritto così, ma in quei 55 minuti persi nelle altezze, Whiteout è capace di creare un meraviglioso equilibrio tra i momenti drammatici e quelli ironici, è capace di far ridere il pubblico, con risate sonore, e di farlo commuovere, come stesse lì, sospeso a mezz’aria tra la vita e la morte.
Poetico in tutto quel bianco, divertente nei momenti leggeri, realisticamente drammatico nello scontrarsi con l’angoscia, sapientemente ironico nella chiusura, White out riesce a sorprendere ed a creare qualcosa di veramente nuovo in un mondo, come quello performativo, che in quasi tutto sembra essere già stato esplorato. E il suo messaggio è più universale di quanto sembri: chi ha a che fare col teatro la necessaria utilità dell’inutile la conosce molto bene.