Il Museo Vesuviano: una bella iniziativa da rilanciare a Pompei
POMPEI. La notizia dell’inaugurazione (il 16 febbraio 2024) della mostra fotografica “La fede e la scienza unite nella carità. L’Osservatorio meteorico-geodinamico-vulcanologico di Valle di Pompei”, istituto privato fondato per volontà di Bartolo Longo (nel 1890) dal barnabita Francesco Denza, ha fatto riparlare della riapertura del Museo Vesuviano.
Parliamo del museo che fu fondato nel 1911 da Giovan Battista Alfano in quella che era stata la sede dell’Osservatorio Vesuviano, del quale, dal 1907, aveva assunto la direzione, dopo che era stato ripristinato e diretto l’anno precedente (1906, anno dell’eruzione) da Guido Alfani.
All’inizio la sede dell’Osservatorio fu collocata sul terrazzo dell’orfanotrofio femminile. Dopo la morte di Denza (nel 1893) venne anche la fine dell’Osservatorio vulcanologico, che fu chiuso, mentre parte della sua strumentazione e documentazione risultò dispersa.
Nei primi anni (a partire dal1907) il Museo Vesuviano ebbe sede, insieme all’Osservatorio, nel Pontificio Ospizio Educativo “Bartolo Longo”, dove padre Alfano espose in 4 sale la sua collezione privata, costituita da un gran numero di rocce minerali, stampe, fotografie e altre 1.300 pubblicazioni riguardanti il Vesuvio e i Campi Flegrei.
Dal 1933, con l’abbandono di padre Alfano, il museo e tutto il materiale espositivo fu accantonato in un deposito. Il 13 novembre 1974 venne inaugurato il nuovo Museo Vesuviano, dedicato alla memoria di Padre Alfano, sotto la guida scientifica del professor Antonino Parascandola, docente di Mineralogia nell’Università di Napoli e allievo di Padre Alfano.
Venne recuperata solo una parte del materiale scientifico, quadri e strumentazione del museo, che fu sistemata nei locali delle opere del Santuario e, alla fine degli anni ’80, trasferita al secondo piano del villino Bartolo Longo (nella foto in alto), nella gestione dell’Azienda autonoma cura soggiorno turismo di Pompei, diretta da Luigi Garzillo.
Col suo pensionamento (2009) il Museo fu definitivamente chiuso ed altro materiale andò disperso. Si trattava di una collezione di circa 200 campioni di rocce e minerali vesuviani, cenere, lapilli, bombe vulcaniche e frammenti di lava delle diverse eruzioni, catalogate con l’indicazione dei minerali e le diverse forme di proietti vulcanici.
Completano dette collezioni alcune riproduzioni di reperti archeologici vesuviani (il calco in gesso di un cane avvelenato dai gas eruttivi del 79 d.C., un mosaico della casa del Cinghiale, la riproduzione in tufo di una forma di pane ed alcune testimonianze antiche sulla presenza dei cristiani).
Cinque gigantografie in trasparenza mostravano resti di edifici antichi di Pompei, Ercolano e Stabia, distrutti dall’eruzione pliniana del 79 d.C. dei quali alcuni frammenti erano esposti nell’atrio del Museo.
Giovan Battista Alfano aveva composto una minuziosa collezione di campioni di rocce vulcaniche. Il Museo Vesuviano aveva appese ai muri guaches, stampe e fotografie antiche. Era inoltre dotato di una vasta bibliografia scientifica sulle attività vesuviane.
Parliamo di un’istituzione unica nel suo genere, dovuta all’iniziativa di un prete scienziato, allievo di Giuseppe Mercalli. Alfano diresse l’osservatorio Geodinamico “Pio X”. Inaugurò nel 1911 il Museo che successivamente prese il suo nome nell’ospizio educativo “Bartolo Longo”.
L’iniziativa museale fu dovuta al fervore scientifico nato a Pompei sulle attività vulcaniche del Vesuvio e dei Campi Flegrei. Produsse la progettazione di una strumentazione metereologica e sismica la pubblicazione della rivista sismologia moderna. Il ventesimo secolo produsse iniziative della Chiesa di Pompei dovute al formidabile intuito di Bartolo Longo che diede impulso anche alla ricerca scientifica di cui il lascito di Alfano rappresenta un esempio di grande valore.
Il Museo Vesuviano ha un secolo di storia. Ha vissuto alcuni traslochi, momenti di popolarità seguiti da anni di abbandono. Nel 1987 il Museo Vesuviano pervenne al secondo piano del villino Bartolo Longo e da allora in poi cominciò il suo progressivo declino fino alla totale chiusura.
Ora se ne riparla in un’ottica di valorizzazione turistica del territorio nell’iniziativa della Chiesa di Pompei, dal momento che la conoscenza della componente vulcanica alla base dell’eccezionale giacimento archeologico vesuviano è indispensabile per una narrazione efficace di una tragedia della storia che ha avuto cause naturali di matrice geofisica, che è senza dubbio interessante indagare e comprendere.
La speranza di molti è che una nuova sede del Museo Giovan Battista Alfano trovi di nuovo posto nello storico istituto “Bartolo Longo” (attualmente in fase di ristrutturazione e consolidamento), magari con una collezione di reperti ed una cornice di strumentazione e di arredi rinnovata, grazie alla consulenza di uno scienziato di pari valore di quanti hanno diretto l’Osservatorio e il Museo Vesuviano “G.B. Alfano”.