Argo non scodinzolerà più ai turisti di Pompei: addio all’ultimo “custode” a 4 zampe
POMPEI. I cani senza padrone e senza guinzaglio dell’area archeologica di Pompei fanno parte a pieno titolo della variegata comunità di soggetti (custodi, funzionari, vigili, operai, guide turistiche ecc.) del paesaggio animato dell’accoglienza del Parco, dove ognuno ha la sua parte nella tutela e valorizzazione.
Ora tutta la comunità ha salutato attraverso i social un fedele amico, diventato un vero e proprio beniamino: Argo (che nella città moderna era conosciuto col nome di “Barone”, ndr), un cane meticcio che aveva 14 anni e rappresentava per tutti una presenza di riferimento per la sua espressione mite che faceva tenerezza.
Era un cane buono, coccolato ed accudito spontaneamente da volontari, dalle maestranze operaie della manutenzione, dai custodi e soprattutto dei visitatori, che quando ritornavano a Pompei lo ricordavano tra gli amici più fedeli del Parco. Ognuno faceva a gara nel non fargli mai mancare il cibo e le carezze.
Avrà scodinzolato la coda a migliaia di turisti durante il suo onorato servizio di custode e anfitrione degli Scavi di Pompei. Il post di ricordo da parte del Parco, voleva essere soprattutto una doverosa segnalazione della dipartita di un amico a quattro zampe che ha meritato rispetto e simpatia, e sicuramente tantissime persone di tutto il mondo faranno girare la notizia e i ricordi nel passaparola via web.
Quello dell’allevamento spontaneo e/o contestato dalla direzione del Parco di tanti cani randagi è stata negli anni passati una di quelle vicende cosiddette “minori” nell’andamento gestionale del Parco, che in alcuni casi sono state commentate dalla stampa nella descrizione di un colore ambientale.
Per esempio fece clamore il censimento dei 55 cani che fu contestato a Marcello Fiori, funzionario della Protezione Civile ed ex commissario nell’allora Soprintendenza di Pompei negli anni 2009-2010, che spese per l’iniziativa intorno ai 100 mila euro. L’operazione “(C)Ave Canem” fece scalpore quando la notizia fu “adottata” da una testata nazionale. «Praticamente – fu commentato – sono stati spesi duemila euro per cane».
In conclusione quei 55 “ospiti di lusso” si trovarono ad essere traditi per la seconda volta, dopo l’abbandono dei primi padroni che, dopo averli adottati da cuccioli, li avevano abbandonati senza pietà. Successivamente, erano diventati inconsapevoli capri espiatori per uno spreco di denaro pubblico che certamente non erano stati loro a sollecitare.
Sono stati sempre tanti i pareri contrastanti sull’accoglienza dei cani randagi nel territorio nel Parco. Da un lato, si volevano evitare pericoli per i turisti. Sul versante opposto si finiva per tollerare la presenza “abusiva” di amici a quattro zampe che nella loro condizione di abbandono denunciavano la crudeltà degli esseri umani.
Ora nel Parco si continua ad ospitare i cani accolti negli anni passati. Allo stesso tempo il regolamento vigente ne vieta l’introduzione di esemplari di media e grande taglia, anche se al guinzaglio e con museruola. È consentito l’ingresso di cani che non superino il peso di 10 kg e un’altezza massima di 40 cm.
Gli animali devono essere al guinzaglio e tenuti in braccio nell’area archeologica e si devono raccogliere le loro deiezioni. È anche vietato dal Parco dare da mangiare agli animali ed introdurre e/o abbandonare animali di qualsiasi specie mentre vengono esplicitamente invitati i visitatori a non avvicinarsi ad animali incustoditi.
Conclusione: dopo Argo ed altri ospiti a quattro zampe sta progressivamente per concludersi un’epoca in cui ai cani abbandonati venivano regalati momenti di notorietà internazionale. Niente da obiettare. Solo la considerazione che nel bene e nel male sta per concludersi una pagina di storia ambientale degli Scavi di Pompei, anche se, come abbiamo precisato, si tratta di una storia “minore”.