Pompei, sperimentazioni (fallite) per un cambio di scena della politica
POMPEI. «Il caso non sussiste». La frase, suggerita dal nostro interlocutore, sarebbe di Berlusconi. A noi piace pensare, invece, ad una battuta di un film dell’impareggiabile Totò, che nell’occasione avrebbe fatto l’occhiolino, come a dire “Qua nisciuno è fesso”. Il titolo del film sarebbe: “La cacciata di don Rodrigo e dei suoi bravi”.
Ci riferiamo alla conclusione patetica dell’ennesimo tentativo di blitz della politica. Un tentativo di “golpe” più immaginario che concretizzato, a causa di registi non all’altezza e di interpreti senza talento.
Succede quando gli attori replicano con scarso mestiere un logoro copione, mentre chi una volta dettava le mosse e le battute ora ha cambiato mestiere, senza lasciare eredi.
Parliamo di un appuntamento che, dopo un flop, ha replicato l’inconsistenza di un manipolo di cospiratori male assortiti. È, così, prevalso lo sconforto, figlio dell’indecisione esistenziale di chi non sa quali pesci prendere: se stare dalla parte della maggioranza o dell’opposizione, contando sempre meno di niente, perché i cambi di casacca non invertono la natura delle persone.
Oramai non è più di trasformismo che si parla, ma di “posizionamento fluido” della politica. È l’interpretazione “villana” del cambiamento originato da un orizzonte in movimento.
Il motivo? Sempre lo stesso. A dire di tutti, è il pensiero di quanti si ostinano a ripetere gli stessi nomi e dare le stesse interpretazioni di segnali emanati da un fatidico concorso: “Chi di spada ferisce, di spada perisce”.
Alla fine si è parlato di un appuntamento allo studio di un notaio (a Valle) che (a detta di qualcuno) non ne era stato neanche informato. Il quadro ambientale era dato dall’indecisione spasmodica dell’essere o non essere il consigliere, tra quelli degli opposti banchi, a fare il primo passo nella “cacciata di don Rodrigo dal Castello” e che, inconscio del suo insolito destino, s’intrattiene nel dichiarare un insano sentimento alla sua “Lucia con tanto di baffi”, sotto un cielo di cuori solitari.
Intanto Renzo, rimasto solo e disperato, si consola con una partita a tressette (sempre meglio di un solitario) nello studio di Valle, disertato dai “bravi”, che hanno abbandonato lo splendido Castello per i loro misteriosi covi.