Lovesong: una love story declinata sul pentagramma di una sottile drammaticità

di Florindo Di Monaco
docente, storico della musica

CAPUA. La danza è una delle scorciatoie per raggiungere la felicità. Queste parole della scrittrice austriaca Vicki Baum mi sono venute immediatamente alla mente nel trovarmi ad assistere allo spettacolo coreografico Lovesong, ideato, diretto e magistralmente interpretato da Nicoletta Severino insieme a Guglielmo Schettino, uno dei pochi eventi nella vita che mi hanno regalato emozioni così vive, intense e profonde.

Il titolo che l’autrice ha voluto dare alla sua creazione è quanto mai emblematico e significativo. L’azione danzata si svolge lungo l’arco di 45 minuti seguendo una trama sonora ispirata da un accorato e vibratile lirismo.

Le canzoni, che in una indovinata sequenza danno l’input all’itinerario sentimentale della coppia, accompagnano ed enfatizzano una love story declinata sul pentagramma di una sottile drammaticità, costantemente in bilico tra l’idillio e il pathos, tra quotidianità ed eccezionalità, tra aspirazione ideale e realtà che manda in frantumi il sogno.

Nicoletta Severino sa parlare con il corpo, dimostrando che con il corpo si può dire molto più che con le parole. Lovesong è un poema d’amore scritto con una gamma ricchissima di sensazioni, un caleidoscopio di effervescenti cromatismi emotivi, dimostrando che è proprio del teatrodanza spaziare su orizzonti che vanno ben al di là della danza e aprirsi su prospettive idonee ad esprimere l’inesprimibile, in questo caso l’ineffabile magma della passione.

I due protagonisti si cercano e si respingono, creando a volte un’intesa appassionata, una osmosi interiore che però, più o meno inconsapevolmente, si scioglie in un geniale e abile gioco di dissolvenze.

Quando la sfida si apre ad un corteggiamento ondivago, un contatto vorticoso e altalenante come tra due poli che si attraggono e pure si distanziano, si compenetrano fino ad amalgamarsi e, nello stesso tempo, si contrappongono e si discostano sullo spartiacque di un insopprimibile, smanioso desiderio di darsi alla persona amata e di un altrettanto netto e deciso rifiuto dell’altro/a, in una indefinibile e variegata ricerca della propria identità, che non ammette incertezze e annullamenti.

La coppia si muove in un contesto drammaturgico in divenire, intrinsecamente instabile e conflittuale, con eleganza di pose e una padronanza assoluta del proprio io-corpo.

Attraverso il fil rouge di avvicinamenti e allontanamenti, di abbandoni e di respinte, una dinamica e toccante variazione sull’eterno tema della corrispondenza d’amorosi sensi, Lovesong ci fa viaggiare nel labirinto dell’amore facendoci vivere emozioni indescrivibili, come solo una geniale ideatrice della tempra di Nicoletta Severino poteva inventare.

L’amore è un inno alla vita, ma è anche struggimento, pulsione, imprevedibilità, possiede una sua complessità psicologica, sulla falsariga dell’odi et amo catulliano.

Una reminiscenza poetica ben viva nella mente dell’autrice, che sa regalare soddisfazione e gioia intima a se stessa e a chi guarda, in un coinvolgimento totale con lo spettatore.

Fluttuando sulle onde emotive disegnate dal percorso coreografico, Lovesong traduce sulla scena ciò che ebbe a dire Havelock Ellis: la danza è la più bella delle arti perché non è astrazione dalla vita, ma la vita stessa.

Redazione Made in Pompei

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Made in Pompei è una rivista mensile di promozione territoriale e di informazione culturale fondata nel 2010.

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