Pompei, la storia mai raccontata di Via Piave
POMPEI. Vi siete mai chiesti quali sono le strade storiche della città di Pompei? A questa domanda in effetti vi è una risposta. Tra le tante strade che hanno contribuito alla nascita storica, culturale e, soprattutto, commerciale della nostra città, senza ombra di dubbio vi è l’attuale Via Piave, il tratto di strada che collega piazza Bartolo Longo alla stazione della Circumvesuviana di piazza Vittorio Veneto.
Il motivo è presto detto: la strada in questione esisteva già dagli anni ’20 del secolo scorso. In principio era una strada in terra battuta, mista a pietre, a volte anche di grandi dimensioni, tanto da riportare alla mente qualche simpatico aneddoto raccontato da mio padre.
Infatti si dice che proprio su questa strada nacque il vecchio detto: “Meglio lu pere che la scarpa”, nato dalla brutta esperienza vissuta da un pellegrino del nolano, il quale venendo in pellegrinaggio alla Madonna del Rosario a piedi nudi (pratica assai diffusa all’epoca per preservare le scarpe nuove, che venivano portate al collo tramite i lacci) durante l’attraversamento della strada si imbatté in una grossa pietra e si ferì all’unghia del piede.
Per l’occasione coniò il vecchio detto, facendo ben capire che per lui, in quei tempi di difficoltà economica, erano più importanti le scarpe che il piede. La strada fu inquadrata nella toponomastica con il nome di “Corso Piave”, attribuitole sicuramente dagli accadimenti della Prima Guerra Mondiale.
La prova che esistesse già dal primo ventennio del Novecento è data dal fatto che nel 1932 il commissario prefettizio, Cav. Giuseppe Fucci, insieme ad un comitato cittadino, pubblicò un opuscolo dal nome “Pompei”, stampato dalla tipografia dei figli dei carcerati (nel decimo annuale dell’Era Fascista, in cui si celebravano anche i primi tre anni della nascita del Comune di Pompei), in cui alla pagina 5, e precisamente al punto 8 della nuova toponomastica del novello Comune, vi era riportata la dicitura: “Resta il nome di Corso Piave al tratto che va da piazza Santuario alla stazione della ferrovia della Circumvesuviana”.
Non vi è dubbio che con il termine “Resta” si indicava proprio la presenza del tratto di strada già da prima degli anni ’30. Prova inconfutabile è la prima foto ricavata da una cartolina davvero inedita, dove si vede come appariva il Corso Piave nel 1927.
Sul lato sinistro il grande Albergo d’Italia di proprietà di Don Ferdinando Vitiello fu Angelo (abbattuto nel 1930). Sul lato destro si intravede invece la proprietà dei fratelli Arturo e Umberto Iozzino, che facevano attività di vendita di articoli religiosi, chincaglieria e vendita di armi.
E ancora, sulla sinistra, in transito il tram Salerno-Valle di Pompei. Il 16 febbraio 1924 il capolinea di Valle fu spostato da piazza Santuario presso la stazione della Circumvesuviana, offrendo la possibilità di interscambio con la ferrovia Napoli-Poggiomarino, sopratutto per venire incontro alle esigenze economiche degli utenti. Infatti venne applicata una tariffa integrata tra i due vettori di trasporto.
Alle spalle del tram, in lontananza, si vede invece la stazione della Circumvesuviana ed il Monumento ai Caduti della Prima Guerra, non a caso posto alla fine della strada e inaugurato il 4 maggio del 1926.
Completano la foto le cinque persone col bambino con in mano dei pacchi sul lato destro, che attendono l’arrivo del tram che da lì a poco li porterà verso casa.
Dopo gli abbattimenti degli anni Trenta e la nascita della nuova piazza antistante al Santuario, la strada raggiunse il suo assetto definitivo e anche, se così si può dire, la sua maturità commerciale in quanto affacciava direttamente sulla nuova piazza.
Altra foto-cartolina davvero suggestiva è la seconda, che si riferisce alla metà degli anni ’30, dove si vede il primo tratto della strada e tutte le attività commerciali in sequenza che passo ad elencare per farvi capire la varietà e, soprattutto, la qualità del commercio pompeiano dell’epoca.
Partendo da destra verso sinistra: il negozio di ricordi del sig. Arturo Iozzino (che ampliò la proprietà con la sopraelevazione di un piano e si divise la proprietà con il fratello Umberto): poi il tabacchi del sig. Pasquale Avino (poi ceduto al cognato Carlino Falanga).
E ancora: il biscottificio di Roberto Iozzino con la tabella caratteristica “biscotti di Castellammare”, cugino dei Iozzino (in seguito poi bar e gestito dalla moglie Jolanda Sorrentino); poi il salone del sig. Luigi Spiezio e Chicchina Ficuciello fu Giovanni (barbiere di Bartolo Longo): in seguito il negozio sarà gestito dal figlio Alfredo.
Proseguendo, sul lato sinistro, c’era il negozio di ricordi del sig. Umberto Iozzino (fratello di Arturo), il bar di Don Augusto Schettino con la sua inconfondibile tabella con la scritta “Caffé Espresso” ed infine, la salumeria dei fratelli Gennaro e Luigi Ametrano.
Oggi il primo tratto di via Piave si sviluppa a livello commerciale prevalentemente solo sul lato destro, in quanto il lato sinistro è occupato dai giardini del Santuario. Mentre il secondo tratto è omogeneo, con le attività commerciali in entrambi i lati della strada. Camminare per via Piave, immaginando quella che era un tempo, suscita sempre un po’ di emozione. Ma il mio parere non fa testo, sapete perche? Perché io sono di parte, abito lì da ormai cinquant’anni.
Bibliografia. Foto archivio del sig. Luigi Ametrano. Fonte libro “Nel decimo annuale dell’era fascista i primi tre anni del nuovo Comune di Pompei” a cura e spese del comitato cittadino, stampato dalla Scuola Tipografica Pontificia per i figli dei carcerati fondata da Bartolo Longo, anno 1932.