L’alba di Pompei: nel romanzo di De Caro le ipotesi sulle origini della città vesuviana

POMPEI. «Nel mio libro ho cercato di immaginare la storia di Pompei al di là dei luoghi comuni del turismo di massa (sesso e siesta) e oltre il mito creato dalla letteratura europea nella narrazione della sua tragica fine» ha spiegato Stefano De Caro nel corso della presentazione del suo libro “L’Alba di Pompei” presso l’auditorium di Boscoreale del Parco Nazionale del Vesuvio.

L’ex presidente dell’associazione “Amici di Pompei” ha illustrato gli argomenti ed i propositi della sua opera, incentrata sulla nascita della città di Pompei. Un evento storico di cui non si sa quasi niente e che De Caro ha definito “intrigante”, perché realizzato nel quadro di complicati equilibri politici tra popolazioni di diverse etnie che coesistevano in competizione sullo stesso territorio sormontato dalla “Collina Rossa”.

De Caro ha preferito l’espediente del racconto per mettere a punto conoscenze ed esperienze della ricerca archeologica alla base delle sue conoscenze di storia e cultura antica pompeiana nell’ambito mediterraneo.

Ora, dopo una prestigiosa carriera, avrà sentito la necessità di dire la sua sull’essenza dell’universo pompeiano, maturata in circa mille anni di storia, partendo dalle probabili circostanze della sua fondazione.

Considerato che esistono scarse conoscenze a proposito, ha scritto un romanzo per renderne più comprensibile l’intreccio di variabili umane con altre ambientali alla sua stessa origine, ricucendo col filo dell’immaginazione i buchi di memoria lasciati dalla ricerca scientifica.

Per questo motivo si dovevano in primis immaginare i presupposti economici ed ambientali alla base delle necessità del nuovo centro abitato vesuviano, protagonista negli anni successivi di risvolti sociali che hanno reso Pompei diversa dai centri confinanti, più omogenei tra loro nell’ambito delle rispettive aree d’influenza, greca ed etrusca.

De Caro, diversamente da molti colleghi del medesimo ceto professionale, si è sempre posto il problema della chiarezza comunicativa fuori dal contesto scientifico.

Nel caso specifico ha fatto ricorso al racconto per descrivere con semplicità le circostanze che hanno influenzato i comportamenti di Dekis, eroe che ha guidato la migrazione della comunità sarrastra verso la “collina rossa” dove voleva fondare Pompei.

Il nostro era probabilmente consapevole degli ostacoli e dei pericoli a cui andava incontro nella sua complicata missione, considerato che aveva concordato con gli altri attori principali dell’iniziativa, portatori di interessi diversi, di aggregare una comunità organizzata su un territorio strategico dove la foce navigabile del fiume Sarno s’incontrava col mare.

Un sito magico protetto dal Dio Vesuvio, la montagna alle spalle di Pompei, città che sarebbe stata dotata, secondo il progetto, di un approdo marittimo come scalo delle merci di Nola ed Acerra.

Fondare Pompei, in conclusione, ha significato allocare una popolazione assortita in un sito in posizione strategica, ma anche pericolosa, perché di transito tra l’area di territorio campano sotto controllo greco e una seconda sotto controllo etrusco.

Il personaggio Dekis, nella narrazione di De Caro, ebbe per la sua gente lo stesso ruolo di guida di Noè per gli Ebrei. Doveva, per questo motivo, necessariamente essere dotato di un background di tutto rispetto, perché gli toccava non solo guidare il suo popolo ma anche mediare e legiferare.

L’autore de “L’alba di Pompei” lo ha perciò dotato di madre fenicia e di padre a capo di un villaggio dei sarrastri. Una scelta che ha motivato personalmente nella presentazione del suo libro.

Il popolo dei Fenici era formato da navigatori addetti al commercio e pertanto gente di vasta esperienza e dalla mentalità aperta e dotata d’inventiva ed abilità nelle relazioni politiche e sociali.

Un popolo pacifico in quanto per natura propenso alla mediazione. I Fenici, nei loro viaggi nel Mediterraneo, sono stati portatori di cultura occidentale, espressa, all’epoca, dagli Egizi. Inoltre sapevano leggere e scrivere.

Riguardo ai sarrastri, la scoperta del villaggio preistorico di Longola sulla laguna lungo il corso intermedio del fiume Sarno, abitato da un popolo dedito alla pesca, all’agricoltura e all’artigianato, ha influenzato nell’autore l’ipotesi che potrebbe essere stata la popolazione di quel villaggio (o uno simile) a migrare al seguito di Dekis.

In conclusione, il romanzo “L’Alba di Pompei” parte dal protagonista Dekis, descrivendone l’origine dei genitori e, successivamente, la formazione giovanile durante la schiavitù, che si trasforma gradualmente in una sorta di adozione e si conclude con la liberazione del giovane eroe da parte del padrone Niqmad, mercante fenicio di Pitecuse (l’isola di Ischia).

Qui le amicizie contratte da Dekis con abitanti di svariate etnie dei centri abitati dell’isola campana hanno fatto da viatico alle sue esperienze successive, nei viaggi d’affari per i centri più importanti del Mediterraneo che hanno affinato le sue capacità politiche e il suo senso degli affari e gli hanno fatto scoprire produzioni artigianali lucrose e necessarie (come quelle del vetro e del sale).

La sua storia d’amore sull’isola, dura quanto l’intervallo conclusivo del suo esilio, prima di far ritorno al villaggio nativo di Sarico, dove ha cominciato a studiare il piano strategico per fondare una nuova città insieme alla sua gente e ad un’assortita comitiva di amici fidati.

Serviva, nel caso di Pompei, un piano prudente che prevedesse allo stesso tempo il consenso interessato degli Etruschi del fronte di Capua, insieme all’assenza di ostilità dal fronte opposto di Cuma e Partenope.

Mario Cardone

Mario Cardone

Ex socialista, ex bancario, ex sindacalista. Giornalista e blogger, ha una moglie, una figlia filosofa e 5 gatti. Su Facebook cura il blog "Food & Territorio di Mario Cardone".

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