Il dolore della morte raffigurato nei calchi di Pompei

POMPEI. Il Parco Archeologico di Pompei, il più famoso museo archeologico a cielo aperto dell’antichità romana dà forma, con  la costruzione dei “calchi” (realizzati con la tecnica inventata da Fiorelli) alle impronte lasciate nella cenere indurita dalle vittime dell’eruzione che distrusse Pompei nel 79 d.C.  1

“Sono creature umane che si vedono nella loro agonia. Lì non è arte, non è imitazione; ma sono le loro ossa, le reliquie della loro carne e de’ loro panni mescolati col gesso: è il dolore della morte che riacquista corpo e figura… tu, o mio Fiorelli, hai scoverto il dolore umano, e chiunque è uomo lo sente”.

Niente, meglio delle parole di Luigi Settembrini, può descrivere i sentimenti di commozione alla visione dei calchi ricostruiti con una tecnica messa a punto dall’archeologo Giuseppe Fiorelli. Con l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., la città di Pompei venne sommersa da lapilli e pomici, che causarono il crollo di molti tetti. Successivamente, la cenere seppellì uomini, animali e oggetti.

Nello strato compatto (tuono) formato dal deposito dei materiali piroclastici nel corso dei secoli si erano formati dei “vuoti”: i corpi dei defunti si erano decomposti, lasciando la loro impronta impressa nella cenere.

Fiorelli, tra i primi ad intuire che quei “vuoti” avrebbero potuto raccontare al mondo i modi di vivere dell’antica Pompei, vi colò all’interno una miscela di gesso e acqua e attese che si solidificasse. Venne fuori il calco esatto della vittima (o in altri casi dell’animale, della pianta o dell’oggetto) sepolta sotto.

La tecnica di estrazione dei vuoti del “tuono” di Fiorelli rese possibile approfondire circostanze e abitudini, osservando i resti delle vittime di Pompei per sapere cosa indossavano, cosa portavano nella loro fuga disperata e quali relazioni avevano tra loro.

Quell’impronta degli abitanti di Pompei, lasciata sotto ceneri e lapilli e diventata “calco”, con la sua estrazione, soprattutto nei primi anni, includeva resti non decomposti, come le ossa e i denti.

A tutt’oggi, grazie alla tecnica di Fiorelli, sono stati recuperati i calchi di oltre un centinaio di vittime. I più recenti sono quelli della villa di Civita Giuliana, dove in due “vuoti” della cenere indurita sono stati intercettati due scheletri umani, analizzati dall’antropologa fisica del Parco archeologico prima della colatura di gesso.

Sono emersi i calchi di due uomini, uno di età compresa tra i 18 e i 25 anni e uno di circa 30-40 anni. Dai tratti distintivi è stato presunto si trattasse di schiavo e padrone.

 

Mario Cardone

Mario Cardone

Ex socialista, ex bancario, ex sindacalista. Giornalista e blogger, ha una moglie, una figlia filosofa e 5 gatti. Su Facebook cura il blog "Food & Territorio di Mario Cardone".

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