Un “semplice” concerto di Motta all’Eco Summer Festival

PARETE. È sul finire di questo torrido luglio 2022, il 29 precisamente, che l’Eco Summer Festival, organizzato a Parete (Caserta) dall’associazione La Tenda, riesce a portare in territorio campano Motta, uno dei principali esponenti del nuovo cantautorato italiano.

Prima di salire sul palco Motta passeggia nervosamente avanti e dietro e fuma, ma poi appena si accende la “M” luminosa sul fondo del palco e lui sale su, parte dritto con Prenditi quello che vuoi e tira fuori un concerto crudo, diretto e suonato, fino alla fine, senza fronzoli.

Non avevo mai visto Motta dal vivo prima d’ora e mi ha colpito molto il suo live: primitivo, a tratti tagliente, con qualcosa di catartico, come se lui e la sua band (un’ottima band, per inciso) cercassero nel palco, nella musica, una qualche salvezza, una qualche redenzione.

Tanto che lui sul finale di E poi finisco per amarti si inginocchia sul palco (crolla sulle ginocchia, a voler essere precisi), assume un’espressione seria, quasi devota e tocca il palco con le mani e con la fronte, sembra appunto un atto di fede, quasi un ringraziamento, sembra quasi si riferisca alla musica ed a tutto quello che è in grado di muovere e crea una suggestione particolare.

Da lì in poi è un susseguirsi di canzoni: Del tempo che passa la felicità, Ed è quasi come essere felice, Sei bella davvero, La nostra ultima canzone, Quello che siamo diventati, Abbiamo vinto un’altra guerra, Prima o poi ci passerà, sono alcuni dei pezzi in scaletta.

L’approccio al palco è molto rock, con una spiccata animalità – anche nella presenza scenica – ed una capacità peculiare di coinvolgere il pubblico, di rimandare energia, di suggerire abbandono.

A volte è concentratissimo, guarda fisso davanti e sembra imperturbabile, altre è incontenibile, salta, suda, è smanioso, si muove incontrollato, cerca un contatto con i membri della band fino a saltargli sulle spalle mentre canta, in certi momenti, invece, sembra timido, accenna sorrisi e pare nascondersi dietro i capelli, poi sorprende con momenti di colloquialità con il pubblico, ironizza su di sé, elogia la band che lo accompagna con la quale ha una particolare complicità, come una comunanza d’intenti che contribuisce alla qualità del tutto, come se quello che stanno facendo fosse per loro essenziale e vitale.

È strutturato bene il concerto, suona bene, funziona tutto, il tenore è sempre alto e la carica non scende mai. Ci sono brani tratti dal suo ultimo lavoro in studio Semplice (2021), altri da Vivere o morire (2018) – del quale si sente però la mancanza della titletrack che il pubblico reclama, lui risponde con ironia: «Vivere o morire? È una domanda? Vivere! Se avete altre domande fatemele, questa era facile» – e l’immancabile La fine dei vent’anni (2016), fu proprio il brano che dà il titolo all’album ad accendere l’interesse su di lui ed a lanciarlo nel panorama musicale contemporaneo. Sono passati un po’ di anni da allora tanto che i vent’anni sono decisamente finiti, eppure «abbiamo sempre qualcuno da salvare e da baciare».

C’è spazio anche per ricordare la sua prima band, i Criminal Jokers, alla quale si mostra infinitamente grato per avergli dato una ragione di vita durante l’adolescenza, dice, mentre con uno slancio che sembra venirgli dalla forza di quegli anni presenta un loro brano.

Molto bella e dolente la versione di Roma stasera, con lui che suona le percussioni: quasi un pugno allo stomaco, viscerale, di una carnalità primitiva, atavica, tribale. Il momento più epico, però, si raggiunge verso la fine con Quando guardiamo una rosa che crea un’atmosfera dilatata, psichedelica, coinvolgente e delicatissima.

È un universo sonoro particolare quello che Motta riesce a creare, dotato di grande potenza ed impatto, una sorta di raccoglimento, ma che sa di liberatorio. E siamo tutti così, alla fine del concerto, come dopo un rito liberatorio, un po’ scossi, coinvolti e ritrovati. La gente si dirada e pian piano andiamo via. Prima o poi ci passerà. Foto: Raffaele Bove.

Nicoletta Severino

Nicoletta Severino

Danzatrice e coreografa, dirige la scuola di danza "Attitude" di Napoli. Proviene da studi filosofici e collabora con varie testate, trattando temi di attualità, di arte e di cultura.

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