La Domus degli Epigrammi greci di Pompei riprodotta in 3D per uno studio sulla casa romana
POMPEI. Casa dolce casa? Macché. In epoca antica non era proprio così, anzi. La casa romana, più che un luogo dove rifugiarsi con la propria famiglia dal lavoro e dalle attività pubbliche, era invece il principale status symbol. Rappresentazione del potere e riconoscimento sociale erano quindi le principali funzioni che un cittadino romano (e pompeiano) del ceto agiato attribuiva alla propria casa. E faceva di tutto per dimostrarlo, a partire dalle scelte architettoniche volute dal proprietario.
La conferma arriva dallo studio di due ricercatori italiani, Danilo Marco Campanaro e Giacomo Landeschi, del Dipartimento di Archeologia e Storia antica dell’Università di Lund, in Svezia.
La loro ricerca è stata finalizzata a comprendere come le scelte di progettazione di una casa romana influenzassero lo sguardo e la percezione dell’osservatore. A quest’ultimo, infatti, doveva giungere chiaramente il messaggio relativo allo status sociale del padrone di casa. I due studiosi si sono quindi concentrati sulla Casa degli Epigrammi Greci di Pompei e l’hanno riprodotta in realtà virtuale.
«Questo studio – spiegano i ricercatori – propone un metodo innovativo per registrare accuratamente e analizzare le informazioni sulla visione e l’attenzione visiva (cosa si guarda, dove si guarda e per quanto tempo). Per fare questo, abbiamo utilizzato un sistema di eye-tracking (tracciamento del movimento oculare) 3D in ambiente virtuale immersivo. Il sistema, in maniera del tutto innovativa, permette di valutare le qualità visive degli spazi antichi».
«I risultati di questo studio – aggiungono – ci permettono di analizzare come la percezione dello spazio in una casa romana cambiasse al variare di fattori come l’illuminazione. Di conseguenza ci fa comprendere come il proprietario della casa potesse stimolare i sensi del visitatore per veicolare un messaggio di carattere socio-politico riguardo al proprio status».
D’altra parte tutto, nella casa romana, parlava del suo proprietario. Il lavoro e le attività quotidiane si mescolavano continuamente durante il giorno e la casa rifletteva il potere personale e lo status del dominus e della sua famiglia.
«Il vedere e l’essere visti – spiegano quindi Campanaro e Landeschi – giocavano un ruolo cruciale. Influenzare lo sguardo dell’osservatore era così importante che gli architetti delle case di Pompei spesso spostavano elementi architettonici come colonne per creare viste particolari o aggiungendo fontane come punti focali. Arrivavano perfino a imitare quegli elementi con decorazioni quando le condizioni economiche non permettevano altro».
La ricerca si concentra specificamente sulla vista. I ricercatori, tuttavia, sono consapevoli che il modo in cui sperimentiamo la realtà è multiforme e coinvolge diversi altri sensi. Il prossimo passo di questo studio, quindi, potrebbe essere quello di sovrapporre i risultati con la ricerca multisensoriale che includa altri sensi, come l’udito.
La realtà virtuale è tipicamente utilizzata per migliorare l’esperienza visiva del visitatore in un museo o in un parco archeologico. In questo studio, invece, la realtà virtuale e il dato tridimensionale sono stati usati da un punto di vista analitico-quantitativo per lo studio dello spazio antico. Fonte foto: Università di Lund.