Mohamed, dalla Somalia a Pompei inseguendo il sogno di diventare chef

POMPEI. Quando è arrivato in Italia, sbarcato a Lampedusa dalla Somalia dopo il tipico viaggio della speranza affrontato sfidando la morte per via delle onde di una tempesta marina, Mohamed aveva appena 17 anni.

Da quel viaggio dell’orrore, che ha conosciuto pure due mesi di prigionia in Libia, è trascorso quasi un anno. Oggi, Mohamed lavora a Pompei e vive nella Casa di Giona a Scafati: struttura residenziale che adesso accoglie 6 minorenni (4 stranieri e 2 italiani) in area penale e amministrativa.

Tra loro c’è Mohamed «che appena arrivato in Italia aveva gli occhi smarriti. Era rabbioso, impaurito. Ora, per lui, è iniziata un’altra storia» ci confessa Carmen Landi, presidente della Cooperativa Insieme.

È lei a gestire la comunità di ascolto e di accoglienza con sede al confine tra Scafati e Pompei. Mohamed, rifugiato politico (lo status gli sarà riconosciuto dopo la discussione della vertenza in Prefettura, la data è già fissata per il 30 giugno 2022) compirà 18 anni a fine mese.

Sua mamma è morta molto presto, lui era ancora un ragazzino. Ma Mohamed, ancora oggi, ha un papà e ben cinque fratellini da dover sfamare. Per questo motivo, l’anno scorso il giovane africano ha deciso di lasciare tutto e imbarcarsi per l’Italia.

Cercava la fortuna, ha trovato infine la speranza di riscatto dopo mille peripezie e il rischio della morte su un barcone in mare, poi le sevizie subite nelle prigioni libiche. «Voglio diventare uno chef, studiare e imparare. A Pompei ho trovato la mia seconda casa, la mia seconda famiglia» ci racconta Mohamed.

La chance di riscatto, Mohamed l’ha trovata tramite un contratto di apprendistato presso il ristorante “Casa Gallo” di Pompei. Gestito da Vincenzo Carotenuto e Salvatore Vitiello, i due titolari raccontano: «Mohamed aveva un sogno nel cuore, attraversare “Mama Africa” con la speranza di un futuro migliore. Mohamed lavora, apprende, gli insegneremo volentieri come realizzare il sogno. Mohamed prega cinque volte al giorno con lo sguardo fiero rivolto al cielo. In realtà, è stato lui a insegnarci tanto. Mohamed è nostro fratello».

«Qui mi sento a casa, Vincenzo e Salvatore mi stanno insegnando tantissimo. Posso soltanto ringraziare perché mi hanno dato un lavoro regolare. Così – ci confessa Mohamed – posso mandare i soldi a casa per far mangiare papà e i miei fratelli».

«Quando è arrivato da noi – racconta Carmen, presidente della Coop Insieme – Mohamed era arrabbiato e al contempo impaurito. Ringrazio i due imprenditori di Pompei, che gli hanno dato la possibilità di integrarsi e di riscattarsi. Gestisco la cooperativa dal 2006, ma ho sempre la stessa cosa da chiedere alle Istituzioni».

«Comunità come la nostra – conclude – hanno bisogno di continui sovvenzionamenti, il problema è prettamente economico. Chiedo pubblicamente, sia al Ministero che ai Comuni o ai Piani di Zona territorialmente interessati, di pagare a tempo debito le rette spettanti per ogni minore accolto presso Comunità come la nostra». I ritardi nei pagamenti, a oggi, si attestano infatti attorno ai due anni. Come a dire: altro che accoglienza e integrazione dei migranti.

Salvatore Piro

Salvatore Piro

Giornalista pubblicista. Papà di Gaetanino.

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