Addio ad Hermann Nitsch: l’artista che dipingeva col sangue

È morto Hermann Nitsch, noto come l’artista che dipingeva col sangue. Ma se l’arte ha strettamente a che fare con la vita – e dunque con la morte – esiste altro modo di fare arte che non sia farlo con il sangue?

Nitsch, uno degli artisti più influenti e controversi del Novecento, con la morte ha avuto in effetti uno strettissimo e vivido rapporto artistico. Attivo in numerosi ambiti tra cui pittura, teatro, musica, fotografia, performance, scenografia, scultura, Hermann Nitsch (foto Gerhard »GeWalt« Walter, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons), classe 1938, è stato il fondatore dell’Azionismo viennese (WienerAktionismus).

Al centro della sua ricerca artistica ha posto il corpo, condotto spesso al limite della provocazione, del confine labilissimo tra il piacere ed il dolore, del rischio effettivo.

Il corpo nella produzione artistica di Nitsch non è più rappresentato, ma diviene esso stesso soggetto, tela, superficie, medium, luogo di accadimento, è un corpo martoriato, violato, che esprime il dolore e la passione, un corpo vissuto appieno, libero dalle convenzioni borghesi e dai tabù sessuali e moralistici.

In tutta la produzione artistica di Hermann Nitsch, che ha preso avvio in quei recalcitranti anni ’60, c’è un riferimento alla passione di Cristo, ma ci sono anche forti richiami a Dioniso, Eschilo, Sofocle, Caravaggio.

Quello che ne viene fuori è un’arte cruenta, che evoca il dramma, la malattia esistenziale radicale, un’arte dall’impatto fortissimo, che genera disgusto e ribrezzo al fine di pervenire alla catarsi ed alla purificazione.

Si tratta di una concezione molto vicina a quella aristotelica: il filosofo greco sosteneva infatti che l’arte avesse un potere catartico perché, mediante la rappresentazione di emozioni violente, agiva sullo spettatore purificando la sua anima.

Lo stesso procedimento psicoanalitico, nato sempre a Vienna non troppo tempo prima, tendeva a recuperare i traumi passati per poterli elaborare e superare, esattamente quello che intendeva fare Nitsch servendosi dell’arte: pervenire a una liberazione tramite un rituale collettivo che seguisse un procedimento di tipo freudiano.

La più nota opera dell’artista, il Teatro delle orge e dei misteri (Orgien Mysterien Theater), può essere considerata un tentativo di pervenire ad un’arte totale. Si tratta di riti dissacranti a sfondo dionisiaco, di una presa di contatto con la propria animalità e con gli aspetti socialmente repressi.

Una fiera dell’esistenza in cui il medium artistico si fa strumento esperienziale del nostro stesso esser-ci, qualcosa che evoca quel Dasein di cui parlava il filosofo Martin Heidegger – in cui c’è quel Da che più che assommarsi al Sein fa tutt’uno con esso, mostrandoci quell’apertura attraverso cui l’essere si manifesta, perché l’essere è manifestazione – e che ci ricorda, anzi, ci sbatte in faccia, la nostra gettatezza nel mondo.

Il sadomasochismo ostentato nelle sue opere mostra la tendenza innata alla violenza dell’uomo e genera sdegno e disgusto negli stessi uomini che con quello sdegno ci commerciano quotidianamente, per loro stessa natura, ma che di fronte alla sua vista inorridiscono: eccola l’ipocrisia della società ed eccola la verità dell’arte che è violenta, perché intrinsecamente violenta è la vita.

Ostacolato dalla censura e dall’ipocrisia borghese, non si è mai fermato di fronte ad i suoi detrattori, ai processi, a tre condanne al carcere, arrivando ad esporre in tutto il mondo fino ad approdare in Italia, dove il giorno seguente alla sua morte, avvenuta il 18 aprile 2022, alla biennale di Venezia è stata inaugurata una sua mostra visitabile fino al 20 luglio.

È stato soprattutto Achille Bonito Oliva a diffonderne la fama in Italia, ma è a Napoli che Nitsch ha ottenuto il maggior riconoscimento. Qui, infatti, Giuseppe Morra ha inaugurato nel 2008 un museo a lui dedicato nel quartiere di Pontecorvo, museo che è anche un luogo di incontro e di approfondimento sulle tematiche non solo poetiche, ma anche filosofiche che emergono dall’opera dell’artista viennese e da una riflessione sull’essenza stessa dell’arte.

Nella giornata della morte di Hermann Nitsch, la Fondazione Morra ha deciso di trasmettere, mediante i propri siti, il movimento IV della settima Sinfonia in la minore, Op. 92 di Beethoven, come era nei desideri dell’artista.

Nicoletta Severino

Nicoletta Severino

Danzatrice e coreografa, dirige la scuola di danza "Attitude" di Napoli. Proviene da studi filosofici e collabora con varie testate, trattando temi di attualità, di arte e di cultura.

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