Progetto RePair: così la tecnologia robotica ricomporrà i frammenti degli affreschi di Pompei
POMPEI. La ricostruzione fisica di manufatti archeologici di Pompei, in gran parte frammentati e di difficile ricomposizione, come ad esempio pareti affrescate, per la prima volta sarà affidata completamente alla tecnologia. È il cuore del progetto “RePair”, acronimo di Reconstruction the past: Artificial Intelligence and Robotics meet Cultural Heritage, partito a settembre 2021 e avente ad oggetto gli affreschi del soffitto della Casa dei Pittori al Lavoro (nell’Insula dei Casti Amanti) e della Schola Armaturarum.
Partner del progetto “RePair”, assieme al Parco Archeologico di Pompei sono: l’Università Ca’ Foscari di Venezia (ente coordinatore), la Ben-Gurion University of the Negev di Israele, l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), l’Associacao do Instituto Superior Tecnico Para a Investigacao e Desenvolvimento del Portogallo, la Rheinische Friedrich Wilhelms Universitat di Bonn in Germania ed il Ministero della Cultura.
A spiegare il progetto sono Elena Gravina, funzionaria restauratrice del Parco Archeologico di Pompei, e il professor Michel E. Fuchs, dell’Università di Losanna, che già a partire dal 2018 lavora alla ricostruzione dei frammenti della Casa dei Pittori al lavoro.
«La Casina Rustica – spiega Gravina – è un edificio moderno adibito a deposito e anche a laboratorio archeologico, che ospita i frammenti, sparsi su diverse scaffalature, provenienti dalla Casa dei Pittori al lavoro, nell’Insula dei Casti Amanti. È un edificio che subì due danneggiamenti: oltre l’eruzione del Vesuvio, anche un bombardamento pesantissimo durante la Seconda Guerra Mondiale, che ha ridotto in tanti frammenti tutto il ricco e importante impianto decorativo, composto da pareti dipinte, da cornici in stucco, da una volta dipinta.
I frammenti, dai più grandi ai più piccoli, giacciono su queste scaffalature da decenni. Il primo lavoro di sistemazione e di catalogazione ovviamente è stato fatto negli anni: per due mesi l’anno arrivano ricercatori e archeologi per trovare le connessioni tra i frammenti».
Queste migliaia di frammenti, come piccole tessere di un puzzle, saranno risistemati, anziché solo con l’intervento umano, come avvenuto sinora, con l’ausilio di una infrastruttura robotica, dotata di braccia meccaniche in grado di scansionare i frammenti, riconoscerli tramite un sistema di digitalizzazione 3D e restituirgli la giusta collocazione.
«Il nostro obiettivo – prosegue la funzionaria restauratrice del Parco – è di sperimentare la macchina e il sistema robotico RePair qui, proprio per confrontarci con una sfida mai intrapresa prima, ossia la ricostruzione di migliaia di frammenti, dai più grandi a quelli piccolissimi. L’intento, quindi, di RePair è di applicare lo strumento di intelligenza artificiale, la robotica, gli strumenti di computer vision ad un lavoro così complesso».
Mentre i frammenti vengono riconosciuti e scansionati, le braccia e le mani meccaniche di precisione li manipolano e movimentano con l’ausilio di sensori avanzatissimi in grado di evitarne il minimo danneggiamento: è questo il grande obiettivo alla base del progetto RePair.
«La macchina robotica – spiega ancora Gravina – sarà in grado, attraverso una tecnologia scanner, di identificare digitalmente ogni frammento, di acquisire il dato nelle dimensioni bidimensionale e tridimensionale, e infine di riproporre un’immagine virtuale ma d’insieme, di tutto l’impianto. Successivamente, sarà anche in grado di manipolare, movimentare e ricostruire meccanicamente, e quindi nel “reale”, i frammenti. Quindi un apporto della tecnologia d’avanguardia a un campo archeologico e di restauro che mancava e che sicuramente è necessario».
Su tale straordinario contesto lavora, già a partire dal 2018, anche il gruppo di esperti di pitture murali dell’Università di Losanna, guidato dal professor Michel E. Fuchs, con un programma di studio e di ricomposizione manuale che si fonda sull’analisi dei diversi aspetti morfologici, stilistici e tecnici dei frammenti.
«Abbiamo cominciato questo lavoro sulle pitture della Casa dei Pittori al lavoro quattro anni fa» spiega il professor Fuchs, che aggiunge: «È uno studio veramente interessante perché permette di comprendere i frammenti trovati negli anni ’80, ’90 e inizio 2000 col professore Antonio Varone. All’inizio pensavamo che questo decoro venisse da una sola sala, la grande sala dove sono stati trovati i pigmenti che hanno dato il nome alla Casa. Il nostro lavoro ha permesso di vedere che ci sono non uno, ma almeno sette decori, o può darsi di più».
Gli studi e le ricostruzioni manuali degli specialisti hanno nel tempo permesso di ricostruire e riposizionare correttamente i frammenti pertinenti ad un soffitto. «Uno dei primi che abbiamo studiato – riprende il docente dell’Università di Losanna – è un soffitto con uccelli, grifoni, cigni, su un fondo bianco e questo lavoro ha permesso in particolare di vedere che c’è un senso di attacchi e di uniformità dell’insieme che permette di rifare veramente il soffitto, con un asse centrale, e capire anche che questo soffitto con attacchi va con stucchi decorati con un altro motivo. Possiamo dire che questo soffitto va in una camera piccola, un cubiculum, della casa».
In loro aiuto, ora arriva la tecnologia. L’attivazione del nuovo progetto RePair, infatti, che procederà parallelamente e in modo coordinato con quello in corso da parte dell’équipe svizzera, consentirà di confrontare dunque due metodologie di lavoro e i rispettivi risultati.
«Quest’anno – spiega ancora Fuchs – si è aggiunta una nuova convenzione per il progetto RePair: è un lavoro di tecnologia che permette di prendere tutte le parti di un frammento, non solo la superficie, ma anche i lati e il posteriore, e dopo questo, con uno scanner 3D, rifare poco a poco tutto l’insieme di un soffitto e metterlo in una camera. È un lavoro che aspetto con molta curiosità e interesse, perché vuol dire una possibilità di facilitare il nostro lavoro manuale e di rendere più rapidi i risultati».