La “stanza degli schiavi” nella villa di Civita Giuliana mostra anche “l’altra faccia” di Pompei

POMPEI. Non solo pareti magnificamente affrescate, arredi finemente lavorati, oggetti di lusso e comodità di ogni tipo. La villa suburbana di Civita Giuliana ci mostra anche l’altra faccia di Pompei, quella degli schiavi che vivevano negli ambienti servili, tra mura grezze e spoglie, tra anfore e brocche accantonate, al servizio del ricco proprietario della grande dimora di periferia.

Dagli scavi effettuati nel 2021 nella villa di Civita Giuliana, contrada a circa 700 metri a nord di Pompei, è infatti emerso un ambiente in eccezionale stato di conservazione. Si tratta della cosiddetta “stanza degli schiavi”, che offre uno spaccato (quasi) inedito su un aspetto della vita quotidiana nell’antica città vesuviana spesso rimasto nell’ombra, troppe volte “oscurato” dall’esaltazione degli sfarzi delle dimore aristocratiche.

È una scoperta di notevole importanza archeologica, perché, grazie all’affinamento della tecnica dei calchi, in questo ambiente sono stati portati alla luce letti e altri oggetti in materiali deperibili, che permettono di acquisire nuovi interessanti dati sulle condizioni di vita degli schiavi a Pompei e nel mondo romano.

Il rinvenimento della “stanza degli schiavi” è avvenuto non lontano dal portico della villa dove, nel gennaio 2021, fu scoperto un carro cerimoniale attualmente in restauro. Proprio a pochi passi dal portico è emerso uno dei modesti alloggi degli addetti che si occupavano del lavoro quotidiano in una villa romana, inclusa la manutenzione e la preparazione del carro.

Nell’ambiente, dove sono state trovate tre brandine in legno, infatti, è stata rinvenuta una cassa di legno con oggetti in metallo e in tessuto che sembrano far parte dei finimenti dei cavalli. Inoltre, appoggiato su uno dei letti, è stato trovato il timone di un carro, di cui è stato possibile effettuare un calco in gesso.

I letti sono composti da poche assi di legno sommariamente lavorate, che però presentavano il vantaggio di poter essere assemblate a seconda dell’altezza di chi li usava. Ecco perché due letti hanno una lunghezza pari a circa 170 centimetri, mentre un altro misura appena 140 centimetri: l’ipotesi è che fosse destinato al riposo di un ragazzo o di un bambino.

La rete dei letti è formata da corde, le cui impronte sono parzialmente leggibili nella cinerite. Al di sopra c’erano delle coperte in tessuto, anch’esse conservate come cavità nel terreno e restituite a noi grazie al metodo dei calchi. Al di sotto delle tre brandine sono stati trovati alcuni oggetti personali che appartenevano a chi alloggiava in quella stanza, tra cui anfore poggiate per conservare oggetti, brocche in ceramica e persino un “vaso da notte”.

L’ambiente, grande appena 16 metri quadrati, riceveva la luce naturale da una piccola finestra posta in alto e non presentava decorazioni parietali. Segno, questo, che doveva trattarsi di una sistemazione molto “spartana”. Oltre a fungere da dormitorio per un gruppo di schiavi (forse una piccola famiglia, come lascerebbe intuire la brandina a misura di bambino), questo ambiente della villa serviva come ripostiglio, come dimostrano 8 anfore ritrovate agli angoli della stanza.

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Marco Pirollo

Marco Pirollo

Giornalista, nel 2010 fonda e tuttora dirige Made in Pompei, rivista di cronaca locale e promozione territoriale.

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