I Gladiatori nell’antica Pompei: armamenti, classi gladiatorie e tecniche di combattimento

POMPEI. I combattimenti tra gladiatori, che avvenivano anche nell’Anfiteatro di Pompei, erano talmente popolari nell’antichità che ancora oggi sono considerati nell’immaginario collettivo come una delle caratteristiche salienti dell’epoca Romana.

Essi nacquero come parte dei riti funebri che venivano organizzati a fini celebrativi in onore di personaggi illustri: infatti il termine munus (dono/dovere), con cui i giochi gladiatori erano designati nel mondo romano, rimanderebbe proprio a questo loro carattere originario.

Con il tempo, però, essi persero la valenza funeraria e la dimensione privata, e si trasformarono progressivamente in una delle forme di intrattenimento pubblico più amate dai Romani.

Ma chi erano i protagonisti di questo genere di spettacolo così popolare ma anche così violento? I gladiatori erano per lo più schiavi e prigionieri di guerra, provenienti anche da regioni dell’Impero molto lontane; ad essi si affiancavano i criminali obbligati a scontare la propria pena come gladiatori.

Tra questi ultimi c’erano anche i condannati a morte ad gladium: come si può immaginare per loro, diversamente dagli altri, non era contemplata la possibilità di uscire vivi dall’arena.

Tuttavia il fascino esercitato dalla gladiatura fu tale, che anche liberti, cioè schiavi affrancati, e uomini di condizione libera, talora appartenenti addirittura a famiglie di alto rango, scelsero volontariamente di combattere nell’arena, alla ricerca di gloria e successo o richiamati dai premi in denaro riservati ai vincitori.

In realtà, la reputazione di cui godevano i gladiatori nella società civile del tempo era contraddittoria. Da una parte, essi erano celebrati e acclamati come eroi per il coraggio e la forza che mostravano nell’affrontare gli avversari e la morte.

Dall’altra, sui gladiatori pesava il marchio di infamia che nel mondo romano colpiva chiunque traesse guadagno dall’esibirsi in pubblico. A ciò si aggiungeva un sentimento di orrore misto a paura per le morti cruente e brutali di cui si macchiavano.

I gladiatori vivevano una condizione difficile ma non del tutto negativa. Essi erano proprietà di un impresario professionista, chiamato lanista, che affittava i propri combattenti agli organizzatori dei giochi. I gladiatori appartenenti ad

una medesima compagnia (familia gladiatoria) vivevano tutti insieme all’interno di una scuola (ludus), dove essi erano sottoposti ad un duro allenamento quotidiano e ad uno stile di vita molto rigoroso, che prevedeva controlli medici costanti ed un’alimentazione specifica per potenziare la muscolatura.

Reclutati intorno ai 17-18 anni, i gladiatori difficilmente superavano i 30 anni di età e nell’arco della loro esistenza, in media, non combattevano più di una ventina di volte. Casi eccezionali e degni di nota furono quello del gladiatore Massimo, che a Roma nel periodo Giulio-Claudio collezionò 36 vittorie, o quello di Fiamma, morto a Palermo a 30 anni dopo 34 combattimenti (pugnae).

Alcuni gladiatori, dopo un certo numero di vittorie, riuscivano ad ottenere la libertà, rappresentata simbolicamente dalla consegna di una spada di legno (il rudus); ma, una volta congedati, tendenzialmente essi rimanevano nella caserma come istruttori o svolgevano la funzione di arbitri durante i giochi nell’arena.

Nonostante la vita comunitaria condotta nel ludus, ai gladiatori non era preclusa l’opportunità di avere degli affetti personali; dalle iscrizioni funerarie loro dedicate sappiamo che spesso avevano una moglie o una compagna e, più raramente, anche dei figli.

I gladiatori erano divisi in varie categorie in base alla tipologia di armamento indossato e alle tecniche di combattimento; gli scontri nell’arena prevedevano che rappresentanti di classi diverse si affrontassero a coppie, secondo abbinamenti prestabiliti.

Le classi gladiatorie più antiche, in voga in età repubblicana, avevano in sé una matrice “etnica” e nascevano dalle esperienze militari condotte dai Romani: esse riproducevano, infatti, l’armamento di quei popoli quali Sanniti, Traci e Galli, che per antonomasia erano stati fieri nemici di Roma.

Purtroppo sono poche le testimonianze iconografiche relative a questi primi gladiatori e ai loro equipaggiamenti: combattendo tra loro essi offrivano agli spettatori una rappresentazione che era anche una celebrazione della supremazia di Roma sugli altri popoli.

Il trace fu l’unica tipologia su base etnica a sopravvivere alla riorganizzazione che delle classi gladiatorie fu fatta in età augustea, allorquando furono introdotte

nuove armaturae e creati nuovi abbinamenti, al fine di rendere più spettacolari e avvincenti gli scontri.

Non è sempre facile definire e identificare con certezza, sulla base dei dati offerti dalle fonti, quale fosse l’armamento distintivo di ciascuna delle nuove classi gladiatorie.

Inconfondibile appare l’armatura del Trace; questa categoria di gladiatore indossava, infatti, un particolare elmo provvisto di alto cimiero e decorato con una protome di grifo; le sue armi erano rappresentate da un piccolo scudo di forma quasi quadrata (parmula) e da una corta spada ricurva o piegata ad angolo, la sica, anch’essa molto caratteristica.

Il braccio destro era protetto da una imbottitura chiamata manica, mentre le gambe erano coperte da alti schinieri (cnemides), talora riccamente decorati. Al pari degli altri gladiatori, il Trace combatteva a torso nudo, vestito di un corto perizoma (subligalicum) tenuto alla vita da una cintura (balteus).

Tradizionalmente il gladiatore Trace lottava contro l’Oplomaco. A lungo dibattuta è stata l’identificazione di questa tipologia di gladiatore, la cui armatura risulta simile a quella del Trace ma con alcune significative differenze.

L’elmo imponente, ornato di piume e con orlo ribattuto, è privo della protome di grifo; l’arma offensiva è una spada dritta, talora associata ad una lancia; lo scudo è piccolo e rotondo. Anche l’Oplomaco portava alti gambali e, così come il Trace, poteva avere delle fasciature orizzontali a protezione della parte alta delle cosce.

Sia al Trace che all’Oplomaco poteva essere occasionalmente contrapposto come avversario il Mirmillone. L’armatura di questo gladiatore prevedeva un elmo a visiera con cresta angolare ornata di piume o crini di cavallo, la manica al braccio destro, un gambale di protezione alla gamba sinistra (ocrea), un alto scudo rettangolare (scutum) di legno con rivestimento di cuoio e, come arma offensiva, una spada dritta medio corta (il gladius). Il Mirmillone deriverebbe il suo nome da un pesce marino, la murma, la cui immagine era presente sull’elmo.

Secondo alcuni, inizialmente, questo tipo di gladiatore era stato opposto al Reziario, salvo poi rivelarsi l’abbinamento poco riuscito, in quanto l’armatura pesante e piena di appigli del Mirmillone mal si prestava allo scontro con l’agile Reziario, che aveva nella rete da pesca la sua principale arma di offesa.

Il Reziario è senza dubbio la figura più originale tra le nuove classi gladiatorie di età imperiale. Munito di rete, tridente e un pugnale per il corpo a corpo, richiamava alla mente l’immagine di un pescatore, alle cui tecniche si ispirava forse nel combattimento.

Al fine di poter manovrare agevolmente la rete, egli portava il parabraccio a sinistra anziché a destra. Era inoltre privo di armi difensive, fatta eccezione per il galerus, una placca metallica fissata alla spalla sinistra, funzionale a proteggere la gola e la testa dai colpi del Secutor, che divenne il suo naturale avversario.

L’equipaggiamento del Secutor ricalcava quello del mirmillone con una differenza sostanziale rappresentata dalla forma quasi aerodinamica dell’elmo: piccolo, ovoidale, privo di sporgenze e provvisto solo di due fori per gli occhi, questo modello di elmo fu concepito proprio per non dare appigli alla rete del Retiarius.

La coppia Secutor-Retiarius rappresentò un abbinamento particolarmente riuscito e apprezzato, come si evince anche dalle numerose raffigurazioni artistiche che ritraggono i due gladiatori nei diversi momenti della lotta.

Poche sono invece le notizie sulla categoria del Provocator, che rappresenta forse un’evoluzione di classi gladiatorie più antiche. Egli indossava un elmo provvisto di visiera ma privo di cresta, una protezione a metà della gamba sinistra, la manica al braccio destro e uno scudo rettangolare ricurvo.

Inoltre, elemento alquanto peculiare, questo gladiatore era dotato di una sorta di corazza per proteggere il petto. Analogamente a quanto accadeva con le classi più antiche, il Provocator generalmente si batteva con i propri pari.

I giochi gladiatori erano animati dalla presenza anche di ulteriori tipologie di gladiatori a noi meno note come, ad esempio, gli Equites, che dopo un primo scontro a cavallo duellavano corpo a corpo con le spade; l’Essediarius combatteva invece dall’alto di un carro, mentre il Dimacherus era forse armato di due pugnali.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la gladiatura non era appannaggio esclusivo degli uomini; le fonti antiche raccontano anche di donne gladiatrici che combattevano valorosamente nell’arena o partecipavano alle cacce con le fiere.

Redazione Made in Pompei

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Made in Pompei è una rivista mensile di promozione territoriale e di informazione culturale fondata nel 2010.

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