Pompei, nella necropoli di Porta Sarno una tomba unica: apparteneva a Marcus Venerius Secundio
POMPEI. Nella necropoli di Porta Sarno, a est dell’antico centro urbano di Pompei, è stata rinvenuta una tomba unica nel suo genere, che ha rivelato dettagli inediti sulla vita (e sui riti funerari) della città sepolta dal Vesuvio. All’interno del sepolcro, infatti, sono stati ritrovati resti umani mummificati appartenuti ad un individuo inumato in un’antica sepoltura e di cui, al momento dello scavo, erano ancora visibili i capelli e un orecchio.
Inoltre, sulla lastra marmorea posta sul frontone della tomba un’iscrizione commemorativa del proprietario Marcus Venerius Secundio richiama, straordinariamente, lo svolgimento a Pompei di spettacoli in lingua greca, mai prima d’ora attestati in maniera diretta.
La scoperta è avvenuta nel corso della campagna di scavo dell’estate 2021 promossa dal Parco Archeologico di Pompei e dall’Università Europea di Valencia nell’area della necropoli di Porta Sarno.
Le attività di scavo e di recupero da parte dell’Università di Valencia sono state coordinate dal professor Llorenç Alapont del Dipartimento di Preistoria e Archeologia, mentre come funzionari responsabili del Parco Archeologico sono intervenute l’archeologa Luana Toniolo, la restauratrice Teresa Argento e l’antropologa Valeria Amoretti.
L’aspetto della tomba, insieme alla sua iscrizione, è il primo elemento di interesse per gli archeologi. La struttura sepolcrale di Porta Sarno risale agli ultimi decenni di vita della città ed è costituita da un recinto in muratura, sulla cui facciata si conservano tracce di pittura. In particolare si intravedono piante verdi su sfondo blu.
Marcus Venerius Secundio, ovvero l’uomo che qui era sepolto, era un personaggio piuttosto noto ai suoi tempi. Lo potremmo definire una “vecchia conoscenza” per i più esperti studiosi di Pompei.
Il personaggio, infatti, compare anche nell’archivio di tavolette cerate del “banchiere” pompeiano Cecilio Giocondo, proprietario della domus omonima su via Vesuvio. Egli era uno schiavo pubblico e custode del tempio di Venere. Una volta liberato, aveva poi raggiunto un certo status sociale ed economico.
La considerazione è supportata non solo dall’aspetto della tomba, piuttosto monumentale, ma anche dall’iscrizione: oltre a diventare Augustale, ovvero membro del collegio di sacerdoti dediti al culto imperiale, l’epigrafe ricorda che “diede ludi greci e latini per la durata di quattro giorni”.
«Ludi graeci – spiega il direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – è da intendere come “spettacoli in lingua greca”. Si tratta della prima testimonianza certa di esibizioni a Pompei in lingua ellenica, ipotizzate in passato sulla base di indicatori indiretti. Abbiamo qui un’altra tessera di un grande mosaico, ovvero la Pompei multietnica della prima età imperiale, dove accanto al latino è attestato il greco, all’epoca la lingua franca del Mediterraneo orientale. Che si organizzassero anche spettacoli in greco è prova del clima culturale vivace e aperto che caratterizzava l’antica Pompei. Un po’ come è stato nel luglio 2021 per l’esibizione straordinaria di Isabelle Huppert nel Teatro Grande in lingua francese: ha dimostrato che la cultura non ha confini».
Non meno eccezionale dell’iscrizione risulta la sepoltura di Marco Venerio Secundio. Per comprenderne la straordinarietà bisogna ricordare che nella fase romana di Pompei il rito funerario prevedeva di norma l’incinerazione, mentre solo i bambini piccoli venivano inumati.
Il defunto ritrovato nella tomba di Porta Sarno, invece, fu inumato in una piccola cella di 1,6×2,4 metri posta alle spalle della facciata principale. Nella restante parte del recinto sono state ritrovate due urne cinerarie. Una di queste è un bellissimo contenitore in vetro appartenente a una donna di nome Novia Amabilis.
È chiaro quindi che la sepoltura di Marco Venerio Secundio è dunue altamente insolita, anche per il rito funerario adottato, considerando che si trattava di un uomo adulto di più di 60 anni, come emerge da una prima analisi delle ossa ritrovate nella camera funeraria.
Le caratteristiche della camera funeraria, che consisteva in un ambiente ermeticamente chiuso, hanno creato le condizioni per lo stato di conservazione eccezionale in cui è stato trovato lo scheletro, con capelli e un orecchio ancora visibili. Inoltre sono stati recuperati elementi di corredo, tra cui due unguentaria in vetro e numerosi frammenti di ciò che sembra essere un tessuto. Tutto ciò ne ha fatto uno degli scheletri meglio conservati mai ritrovati nella città antica.
«Bisogna ancora comprendere – ha spiegato il professor Llorenç Alapont dell’Università di Valencia – se la mummificazione parziale del defunto sia dovuta a un trattamento intenzionale o meno. In questo l’analisi del tessuto potrebbe fornire ulteriori informazioni. Dalle fonti sappiamo che determinati tessuti come l’asbesto venivano utilizzati per l’imbalsamazione».
Ci sono tanti aspetti da chiarire, quindi, intorno a questa sepoltura ritrovata a Porta Sarno, che rappresenta un esemplare unico a Pompei, come conferma lo stesso Alapont: «Anche per chi come me si occupa di archeologia funeraria da tempo – ha infatti aggiunto – la straordinaria ricchezza di dati offerti da questa tomba, dall’iscrizione alle sepolture, dai reperti osteologici alla facciata dipinta, è un fatto eccezionale, che conferma l’importanza di adottare un approccio interdisciplinare, come l’Università di Valencia e il Parco Archeologico hanno fatto in questo progetto».
Dopo la scoperta, i resti umani e organici trovati nel recinto funerario di Porta Sarno sono stati trasportati al Laboratorio di Ricerche Applicate del Parco archeologico di Pompei, dove sono stati sottoposti a interventi di analisi e di conservazione nella camera climatizzata.
Al tempo stesso, il Parco ha avviato una serie di interventi di messa in sicurezza, volti a garantire la manutenzione della necropoli di Porta Sarno nelle more della definizione di un più ampio progetto di restauro e fruizione dell’area. La necropoli attualmente non è visitabile in quanto ubicata al di là della linea ferroviaria della Circumvesuviana, ma il Parco ha avviato uno studio di fattibilità per includerla nell’area aperta al pubblico.