Pompei, gli studi del Praedia Project confermano: più fasi edilizie nel Complesso dei Riti Magici
POMPEI. Si è conclusa a fine luglio la sesta campagna di ricerche del Praedia Project, nel quadro di una convenzione tra il Parco Archeologico di Pompei, la Scuola Imt Alti Studi Lucca (attraverso il Centro Lynx), il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) coordinata da Maria Luisa Catoni (Scuola Imt Alti Studi Lucca) e Massimo Osanna (già direttore generale del Parco Archeologico di Pompei).
Le indagini di quest’anno, concentrate nel Complesso dei Riti Magici, sono state dirette da Luana Toniolo (Parco Archeologico di Pompei) e coordinate sul campo da Anna Anguissola (Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa) e da Riccardo Olivito (Scuola Imt Alti Studi Lucca).
La campagna 2021 ha avuto come obiettivo la verifica archeologica della sequenza degli interventi edilizi che, a partire dall’edificazione dell’insula con abitazioni a schiera di età sannitica (III-II secolo a.C.), hanno portato alla definizione planimetrica finale di questo particolarissimo edificio: non una casa, ma una struttura destinata nella sua ultima fase di vita a ospitare il culto di origine tracia del dio Sabazio.
I risultati ottenuti, seppur preliminari, appaiono di grande interesse: è stato possibile riconoscere non una, ma diverse fasi costruttive delle case sannitiche e apprezzare la volontà degli abitanti di queste domus di ritualizzare un’operazione di disattivazione e successiva ristrutturazione edilizia.
Gli scavi previsti nei prossimi anni e lo studio del materiale archeologico nel suo complesso, vale a dire ceramica, monete, vetri, rivestimenti parietali, etc., apporteranno ulteriori e fondamentali informazioni per meglio comprendere l’articolazione interna delle residenze e determinare di conseguenza tipologia e funzione dei vani delimitati dai muri portati alla luce.
La ricerca sul campo si è articolata in due saggi posizionati nel giardino in prossimità del muro di cinta del complesso lungo Via di Nocera. L’area di indagine è stata selezionata anche sulla base dei risultati delle prospezioni geofisiche condotte dall’Ingv, dalle quali sono emersi dati interessanti sotto forma di anomalie regolari nel terreno riconducibili a probabili strutture murarie ancora interrate.
Lo scavo dei due saggi ha in effetti confermato i risultati delle prospezioni, portando alla luce le testimonianze di una sequenza di costruzioni, spoliazioni e rialzamenti di setti murari, i più antichi dei quali con lembi di intonaco ancora aderente ai paramenti.
Sulla base dei piani pavimentali individuati, in cocciopesto o in terra battuta, e dei materiali ceramici rinvenuti negli strati, è stato possibile riferire tale successione strutturale ad almeno due, forse tre, fasi edilizie delle cosiddette “case a schiera” sannitiche, precedenti alla deduzione della colonia romana.
Nel saggio a nord, in cui sono state riconosciute chiare tracce di scavi condotti in anni recenti, oltre alla identificazione dei lacerti murari sono emerse due strutture di servizio tra loro non contemporanee, ovvero una canaletta e una piccola cisterna di forma ellittica, quest’ultima ubicata in prossimità del muro di cinta del complesso.
Un rinvenimento di particolare interesse è una buca realizzata in corrispondenza di un muro e riempita di cenere e terra, al cui interno sono stati sistemati numerosi vasi integri, oltre a monete, lucerne, ossa e frammenti di laterizi e terrecotte architettoniche.
La composizione e la tipologia del riempimento configura chiaramente la deposizione come intenzionale e permette di riferirla a un’operazione rituale connessa alla defunzionalizzazione dell’edificio. Quest’ultimo, infatti, dovette essere almeno in parte distrutto nel corso del II secolo a.C., probabilmente in seguito ad un evento accidentale.
Nel saggio a sud è stato riconosciuto un ampio scasso nel terreno che, sulla base di analoghi confronti pompeiani, fu praticato per attingere argilla pura da utilizzare nelle ristrutturazioni edilizie successive al terremoto del 62 d.C.
I materiali rinvenuti asportando parzialmente il riempimento della buca, che ha profondamente intaccato le strutture murarie e i battuti pavimentali di epoca sannitica, hanno confermato la datazione di questo intervento alla prima età imperiale.
La squadra completa degli archeologi impegnati sul campo è stata composta da Chiara Tarantino (Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa)ed Emanuele Taccola (Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, laboratorio LaDiRe).
Assieme a loro dottorandi della Scuola Imt Alti Studi Lucca – Nicole Crescenzi, Rodolfo Gagliardi e Silvio La Paglia – e dell’Università di Pisa – Antonio Monticolo – oltre a studenti magistrali dell’Università di Pisa – Chiara Balestrino, Jessica Bartelloni, Manuela Cascetta, Dominika Walentyna Kaszubska, Lisa Lazzaroni, Daniele Renna, Giulia Sportelli, Angelica Tortorella.
È possibile seguire il progetto e la campagna di scavo 2021 sul nuovo sito web www.praediaproject.com, mentre notizie, curiosità, aggiornamenti e risultati parziali della campagna di scavo 2021 sono disponibili sui profili Instagram (www.instagram.com/praediaproject #PRAEDIA) e Twitter (@PraediAproject).