Meridiane e clessidre: ecco i metodi più diffusi per la misurazione del tempo nell’antica Pompei

POMPEI. Spesso, camminando per strada, chiediamo a qualche passante: “Che ora è?”. Un secondo dopo, guardando l’orologio, ci viene indicato con esattezza il momento della giornata. Questo gesto è divenuto talmente automatico da dimenticare che i nostri avi, all’epoca romana, non avevano orologi ma utilizzavano stratagemmi completamente differenti per misurare il tempo.

Come avrebbero risposto gli antichi pompeiani alla domanda “Quota hora est?” La Pompei romana era una città che brulicava di gente; chi si spostava per affari, chi per amore, chi per divertimento.

Tutti, però, avevano un qualcosa in comune, alzare gli occhi al cielo e seguire la posizione del sole che indicava il trascorrere del tempo. C’era anche chi, per lavoro, leggeva a voce alta le ore scandite su un orologio solare posto nel Tempio di Apollo, il quale fu fatto realizzare a spese dei duoviri L. Sepunio e M. Erennio nel periodo di Augusto.

Oltre alle meridiane esistevano anche orologi ad acqua molto complessi e costosi, pertanto lo strumento più utilizzato per la misurazione del tempo, considerando il valore modesto, era senza ombra di dubbio la clepsydra (clessidra).

Ma il limite di questo oggetto era che indicava solo il periodo di tempo che la sabbia impiegava per passare dal recipiente superiore a quello inferiore, dopo di che andava nuovamente capovolto. Di certo uno strumento impegnativo, ma utile soprattutto durante i processi che avevano luogo nella Basilica, durante i quali i discorsi dei giudici e degli avvocati avevano un tempo prestabilito, non più di venti minuti.

Il giorno era suddiviso in 24 ore, 12 ore diurne e 12 notturne. C’è da considerare, però, che gli antichi romani differenziavano le ore invernali da quelle estive, poiché in inverno il periodo di luce era nettamente inferiore rispetto all’estate e quindi le ore d’inverno erano più brevi di giorno e più lunghe di notte; viceversa d’estate. Questa suddivisione può essere paragonata, in piccola scala, a quella moderna quando si parla ora legale e ora solare.

Sia il dì che la notte erano ripartiti in quattro parti di 3 ore ciascuna, le vigiliae, sulla base dei quali venivano regolati i movimenti della giornata. Ma a che ora iniziava il giorno? A differenza dei Babilonesi, che facevano coincidere l’inizio del giorno col sorgere dell’alba, e dei Greci col sorgere del tramonto, il giorno per gli antichi romani aveva inizio a partire dalla metà della notte, ovvero mezzanotte.

Come abbiamo visto, diversi erano i sistemi di misurazione del tempo ma tra Horologium (termine che usualmente indicava la meridiana), orologio ad acqua, clessidra, ore più lunghe e ore più corte a seconda delle stagioni, vigiliae diurne e notturne, probabilmente risultava davvero complicato conoscere l’ora esatta.

Serviva veramente saperlo considerando che i ritmi di vita erano completamente diversi dai nostri e che Pompei tutto sommato era una città piuttosto piccola? Probabilmente questo è un vezzo tutto nostro, vista la vita frenetica che conduciamo e la necessità di arrivare in orario agli appuntamenti.

Nell’antica Pompei ognuno sapeva districarsi bene tra i vari impegni e c’era sempre chi annunciava l’inizio dei processi, delle assemblee popolari, degli spettacoli nei teatri e nell’anfiteatro. Il tempo, quindi, era relativo.

«Maledicano gli dei colui che per
primo inventò le ore
e collocò qui la prima meridiana.
Costui ha mandato in frantumi il
mio giorno di povero diavolo.
Quando ero giovane, infatti, l’unico
orologio era lo stomaco
assai più preciso e migliore di
questo aggeggio moderno»
Plauto
in Aulo Gellio – Notti attiche

Aniello Di Maio

Aniello Di Maio

Sono laureato in lingue e letterature straniere e lavoro come guida turistica abilitata della Regione Campania. Appassionato di archeologia, storia, politica, scrittura e ciclismo, da anni mi dedico alla divulgazione del patrimonio archeologico, artistico e naturalistico della Regione in cui sono nato e vivo.

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