Perché le parole sono importanti e dobbiamo smettere di sottovalutarle
La riflessione è iniziata a sorgere timidamente qualche mese fa, come un retropensiero sotteso a gran parte degli argomenti e delle discussioni degli ultimi tempi, fino a prendere forma ed a divenire sempre più chiara, rendendo evidente che esiste un comune denominatore alla base di tutti gli episodi che hanno acceso l’opinione pubblica in questi mesi, una riflessione più grande che emerge su tutte: la svalutazione delle parole, l’attitudine negligente a considerarle sempre più accessorie, secondarie, innocue.
Dovevamo già intuirlo quando la giustificazione addotta da Beatrice Venezi all’ultimo Festival di Sanremo, rispetto alla scelta del termine “direttore” piuttosto che “direttrice” per definire la sua professione, è stata che conta il ruolo, non la parola che lo definisce.
Lo stesso, mutatis mutandis, è emerso dal pericoloso tentativo di riabilitare parole omofobe, razziste, offensive, compiuto in prima serata sulle reti Mediaset dal duo comico composto da Pio e Amedeo: in questo caso, si è detto, contano le intenzioni, non le parole.
Qualcosa di analogo è accaduto con il tanto dibattuto catcalling, sottovalutato da più parti con la motivazione che le violenze contro le donne siano altre e che, ancora una volta, quelle siano solo parole.
Al di là delle questioni di genere, delle discussioni sul politically correct e sulla cancel culture aperte da questi episodi, sembra che siano tutti accomunati dal medesimo assunto di partenza: le parole non contano. La deriva è pericolosa: sempre più le parole vengono sottovalutate, impoverite, sempre più viene misconosciuto il loro potere.
Ebbene, questo è preoccupante e ci offre uno spunto importante di riflessione sul quale soffermare la nostra attenzione. Le parole sono essenziali, hanno il potere di essere inclusive oppure esclusive, hanno la forza di costruire l’immaginario comune, di raccontare quello personale; le parole sono scelte politiche, sono battaglie, sono tragedia e sono commedia, sono turpiloquio e sono poesia, sono la direzione che prendiamo, sono il modo che abbiamo di pensare, di seguire e strutturare i nostri pensieri, sono i nostri dubbi che prendono forma, sono le interrogazioni cui mai dovremmo sottrarci.
Sta a noi la scelta. Nell’era delle frasi ad effetto come didascalia alle immagini, nell’era delle parole violente e aggressive usate con disinvoltura e senza calibrarne il peso, proviamo ad ascoltare davvero le parole che usiamo, a prestare loro attenzione, a scoprire la bellezza di sceglierle con cura, a capire che sono uno strumento e non un accessorio.
Le parole che scegliamo sono fondamentali, dicono di noi, rappresentano il modo in cui comunichiamo, ci relazioniamo, costruiamo il mondo. La domanda è: che mondo vogliamo costruire e in che direzione vogliamo andare? Vogliamo avanzare o retrocedere? Dobbiamo dare peso alle parole, dobbiamo assumerci la responsabilità delle parole scegliamo, perché con questo stiamo costruendo, parola dopo parola, il nostro presente e, dunque, il nostro futuro.