Pompei, i lavoratori dei turismo in protesta: «Chiarezza e sicurezza per una vera ripartenza»

POMPEI. Dagli imprenditori che gestiscono le strutture ricettive ai lavoratori stagionali, dagli chef stellati agli operatori del trasporto turistico: c’erano tutti, uniti e compatti, per chiedere alle istituzioni, nazionali e regionali, una politica turistica chiara per una “ripartenza turistica” in piena sicurezza.

In circa 150 sono scesi in piazza questa mattina a Pompei per rappresentare il disagio di un comparto che in Campania, prima della pandemia da nuovo coronavirus scoppiata più di un anno fa, era uno degli elementi trainanti dell’economia regionale.

Oggi cinque “piazze forti” della proposta turistica campana (Pompei, Amalfi, Capri, Ischia e Sorrento) hanno voluto fare sentire la loro voce in una data simbolica come il 1° Maggio, festa dei lavoratori.

Non a caso proprio il lavoro è stato al centro degli slogan dei manifestanti: “Evitiamo che a morire sia il lavoro” e “Non vogliamo che il primo maggio diventi la festa del non lavoro” sono stati tra i concetti maggiormente ribaditi dai lavoratori in protesta.

I manifestanti hanno attivato un presidio tenutosi sotto la sede del Comune di Pompei, a ridosso del Santuario della città mariana, per spiegare che la «filiera turistica scende in pizza per il sostegno alle famiglie, la dignità dei lavoratori di tutto il comparto e del trasporto turistico» con l’obiettivo di arrivare ad una «ripartenza in sicurezza».

«Salviamo la stagione, che nessuno resti indietro» è stato il messaggio contenuto in un volantino che ha portato a Pompei quasi 150 operatori del settore turistico delle cinque città della Campania. Ripartenza sicura, certezza sui ristori e campagna vaccinale sono i principali pilastri alla base delle richieste dei lavoratori e degli imprenditori del settore turistico.

Tanti gli striscioni preparati per l’occasione dai manifestanti: «Inglesi, americani e tedeschi aspettano segnali credibili – è scritto in uno di questi – per venire da noi. Diteci pubblicamente cosa state facendo! Senza vaccini non si lavora: dateci i vaccini (organizzeremo noi il resto)». E ancora: «Chiusure alle ore 23 e poi alle 24? Si può fare, applicando controlli rigidi e sanzioni severe» e «Che a morire sia il Covid, non il lavoro».

Non è mancato il sostegno anche della Chiesa ai manifestanti, che ha fatto sentire tutto il proprio incoraggiamento nelle parole dell’arcivescovo di Pompei, Tommaso Caputo. «Ciò che chiedete e che vi porta a esprimere pubblicamente queste vere e proprie esigenze – ha scritto il prelato in una lettera aperta – non può che trovare l’ascolto più attento e responsabile non solo da parte delle autorità di governo centrale e locale, ma di tutta un’opinione pubblica che, certo, non può assistere senza lasciarsi interpellare dalla legittimità e dalla fondatezza delle vostre composte rivendicazioni».

«Come potrebbe allora non essere al vostro fianco la Chiesa?» ha proseguito l’arcivescovo, che poi ha aggiunto: «E la Chiesa di Pompei, poi, che dalla solidarietà e dalla carità è stata costituita e che è chiamata a rendere ragione, nelle diverse stagioni della storia, dell’attualità e della vitalità di questa sua vocazione».

«La Chiesa della Beata Vergine del Rosario – ha concluso monsignor Caputo – vive e opera nel cuore della “Nuova Pompei”, nella città della fede di Bartolo Longo; e mai potrà, questa Chiesa, che al suo interno, come anima di un corpo vivo, custodisce il complesso delle Opere sociali, voltare le spalle a chi chiede solidarietà e giustizia, mostrando di avere a cuore il progresso e lo sviluppo della comunità».

Redazione Made in Pompei

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Made in Pompei è una rivista mensile di promozione territoriale e di informazione culturale fondata nel 2010.

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