Pompei, il racconto dello scavo a Civita Giuliana: ecco come è stato scoperto il carro cerimoniale

POMPEI. Lo scavo della villa di Civita Giuliana, situata nella zona collinare a nord di Pompei, negli anni passati “martoriata” e saccheggiata dalle incursioni dei trafficanti di beni archeologici, sta riservando sorprese senza fine.

Al termine di un’attività di scavo entusiasmante, è stato scoperto un carro da cerimonia in ferro proprio a fianco alla stalla dove tre anni fa vennero ritrovati i resti di tre cavalli di cui uno bardato. Non è che l’ultimo gioiello offerto da questa sontuosa dimora di periferia, che probabilmente ha ancora molto da raccontare su chi la abitava e sulle ultime ore di Pompei.

Ma lo scavo della villa e, in particolare, quello che ha permesso il recupero del carro da parata (un cosiddetto pilentum) sin dal primo momento si è rivelato più complesso del previsto.

A Civita Giuliana si è dovuto procedere sempre con estrema cautela. Prima di tutto per evitare di peggiorare i danni causati dai cunicoli abusivi che negli anni sono stati realizzati dai cosiddetti “tombaroli”, ovvero i devastatori di aree archeologiche che hanno l’unico obiettivo di razziare e rivendere sul mercato nero ogni tipo di reperto ritrovato.

Gli scavi hanno quindi permesso di verificare l’estensione delle gallerie sotterranee realizzate dai clandestini e i danni perpetrati al patrimonio archeologico. Si è scoperto, così, che i criminali avevano scavato fino a 5 metri di profondità, realizzando una rete di tunnel di circa 80 metri. Non a caso gli archeologi hanno affermato che è un “miracolo” che il carro sia scampato alle razzie dei tombaroli.

Ed è questo il motivo per cui gli scavi del Parco archeologico, in collaborazione con la Procura di Torre Annunziata, sono stati accompagnati costantemente da un’attività di messa in sicurezza e restauro di quanto via via emerso.

Ma la presenza dei tunnel abusivi non è l’unica difficoltà incontrata nello scavo di questa villa scoperta sulla collina di Civita Giuliana. Qui, infatti, in quella che duemila anni fa era la periferia più prossima di Pompei, gli ambienti da indagare sono in parte al di sotto e in parte a ridosso delle abitazioni moderne, con conseguenti difficoltà sia di tipo strutturale che logistico.

Per proseguire nello scavo e riportare alla luce i tesori di questa lussuosa villa si è reso necessario adottare una strategia ad hoc. Si è quindi proceduto ad uno scavo che ha raggiunto i 6 metri di profondità rispetto al piano stradale. Nello stesso tempo sono stati messi in sicurezza sia i fronti di scavo che le possenti strutture murarie – conservate fino a 4 metri – che emergevano nel corso delle indagini.

Gli interventi, portati avanti nel corso degli ultimi mesi, hanno richiesto un’attenta pianificazione. Per questo è sceso in campo un team interdisciplinare che ha coinvolto archeologi, architetti, ingegneri, restauratori, vulcanologi, operai specializzati ma anche, man mano che lo scavo procedeva, archeobotanici ed antropologi.

Questo perché non solo il carro, ma anche l’ambiente stesso in cui l’oggetto è stato ritrovato ha mostrato sin dal primo momento tutta la sua eccezionalità. Il veicolo, infatti, era situato in un portico a due piani, aperto su un cortile, che conservava in tutta la sua interezza il solaio in legno carbonizzato con tutto il suo ordito di travi. E per proseguire lo scavo, era necessario rimuoverlo.

Nell’ottica interdisciplinare adottata costantemente negli scavi del Parco Archeologico di Pompei sono state condotte analisi archeobotaniche sul legno del solaio. È stato dimostrato che si trattasse di quercia decidua, un legno frequentemente utilizzato in età romana per realizzare elementi strutturali.

Anche la porta che metteva in comunicazione sul lato sud il portico con la stalla in cui, negli anni scorsi, sono stati ritrovati i resti di tre cavalli, conservava la sua struttura in legno carbonizzato, che è stato analizzato e identificato come faggio.

Il solaio ligneo è stato quindi accuratamente consolidato, pulito e rimosso dall’area di scavo per permettere il proseguimento delle indagini. Una volta rimossi i resti del solaio, lo scavo ha rivelato la scoperta più stupefacente regalata sinora dalla villa suburbana di Civita Giuliana.

Si arriva, così, al 7 gennaio 2021, quando «un elemento in ferro che, dalla forma, lasciava ipotizzare la presenza di un grosso oggetto sepolto» è emerso dalla coltre di materiale vulcanico che aveva invaso il portico, proprio al di sotto del solaio rimosso.

Probabilmente già dalla sagoma, gli archeologi hanno subito intuito che l’oggetto “misterioso” potesse essere qualcosa di importanza fondamentale per la storia della villa e, probabilmente, per la storia di Pompei.

La fragilità degli elementi che via via emergevano (in ferro, bronzo e legno) ha però costretto lo scavo a proseguire con molta lentezza nelle settimane successive alla scoperta. Ma l’attesa è stata più che ripagata quando si è rivelata in tutto il suo splendore la meraviglia nascosta dal materiale vulcanico.

È stato così portato alla luce il carro cerimoniale, risparmiato “incredibilmente” sia dalla furia del Vesuvio (e quindi dai crolli delle murature e delle coperture dell’ambiente) e sia dalle altrettanto dannose attività clandestine dei giorni nostri.

Due dei cunicoli abusivi, infatti, avevano sfiorato il carro cerimoniale su due lati, con il rischio di distruggerlo per sempre: per fortuna, però, il veicolo è stato casualmente “risparmiato” dall’avidità degli scavatori criminali.

Una volta individuato il carro, il suo scavo è apparso subito particolarmente complesso agli occhi degli archeologi, sia per la fragilità dei materiali ma anche per le difficili condizioni di lavoro, dovute principalmente alla profondità del luogo di ritrovamento. Si è quindi dovuto procedere con un vero e proprio micro-scavo condotto dalle restauratrici del Parco specializzate nel trattamento del legno e dei metalli.

Parallelamente, ogni volta che è stato rinvenuto un vuoto, è stato colato del gesso all’interno per tentare di conservare l’impronta del materiale organico non più presente. Così si è potuto “recuperare” il timone e il panchetto del carro, ma anche le impronte di funi e cordami che, insieme agli elementi metallici, restituiscono la sagoma del carro nella sua interezza.

Si giunge, quindi, alla metà di gennaio 2021, quando i ritmi di lavoro sono diventati forsennati. Il team ha lavorato allo scavo anche tutti i fine settimana ingaggiando una corsa contro il tempo su due fronti.

Prima di tutto bisognava garantire la conservazione del carro, alla luce dell’estrema fragilità del reperto. Ma era altrettanto sentita anche la necessità di evitare che i clandestini, a seguito di una possibile fuga di notizie, potessero ritornare sul luogo “del delitto” a “completare il lavoro”, danneggiando o saccheggiando ancora l’area archeologica.

Terminato il microscavo in situ, i vari elementi del carro sono quindi stati trasportati in laboratorio, all’interno del Parco archeologico di Pompei. Qui le restauratrici stanno procedendo a completare la rimozione del materiale vulcanico che ancora ingloba alcuni elementi metallici.

Dopo questa fase, inizieranno i lunghi lavori di restauro e di ricostruzione del carro. Intanto quanto emerso è stato sistematicamente documentato mediante foto e tramite rilievo con laser-scanner.

In definitiva, l’obiettivo dello scavo intrapreso dal Parco archeologico di Pompei in collaborazione con la Procura di Torre Annunziata e in sinergia con i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, coadiuvati dagli investigatori del Comando Gruppo Carabinieri di Torre Annunziata, era quello di dare un segnale forte dell’azione di tutela sul Patrimonio.

Questa collaborazione ha portato anche alla partecipazione dei tecnici del Parco al processo giudiziario attualmente in corso contro i presunti scavatori clandestini che negli ultimi anni hanno così pesantemente colpito la villa di Civita Giuliana.

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Redazione Made in Pompei

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Made in Pompei è una rivista mensile di promozione territoriale e di informazione culturale fondata nel 2010.

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