Il commercio del garum, una delle attività più diffuse nell’antica Pompei

POMPEI. Tra le attività più redditizie dell’economia dell’antica Pompei la produzione di garum ricopriva certamente un ruolo fondamentale. Dalle etichette dipinte sui contenitori di terracotta e dai mosaici della sua casa, sappiamo che Aulus Umbricius Scaurus era un noto imprenditore nell’industria del garum.

La decorazione musiva sul pavimento del terzo atrio di casa presentava, in ciascuno dei quattro angoli, la figura di una giara di salsa di pesce di misura superiore a quelle reali. Le anfore erano fatte di tessere bianche su sfondo nero e ciascuna di esse aveva una propria iscrizione indicante le varie qualità di salse vendute da Umbricius Scaurus.

Questa famosa salsa di pesce poteva considerarsi come elemento base della cucina romana e veniva consumato anche come condimento per altre pietanze. Il suo gusto doveva ricordare salse di pesce diffuse al giorno d’oggi in Vietnam come il nuoc-mam, ma poteva tranquillamente essere considerato, per i palati meno fini, come una mistura di pesce salato e marcito trasformato in prelibata salsa.

Il processo di preparazione consisteva nel mescolare pezzi di pesce con il sale e lasciarlo fermentare al sole per un paio di mesi. Il liquido chiaro che al termine della fermentazione saliva in superficie era il garum.

Ciò che restava dentro la conca della fermentazione era invece l’allec, un sedimento che poteva essere usato anch’esso nella preparazione culinaria. Altro scarto di produzione era una salamoia, muria, che pure poteva essere adoperata in cucina.

Plinio scriveva che la città era molto rinomata per il suo garum, ma a Pompei non sono state trovate attrezzature per la produzione. Probabilmente lo si fabbricava fuori città e in prossimità della costa, piuttosto è plausibile che in città si commercializzasse.

Umbricus Scaurus e la sua famiglia certamente vendevano e producevano varie salse di pesce e la loro bontà era decantata nelle varie etichette che accompagnavano le anfore nelle quali queste venivano versate per la vendita. Ma le etichette ci forniscono altre preziose informazioni sulla famiglia e i loro affari.

Alcune di esse riportano che il prodotto era della manifattura di Scaurus, altre indicano la manifattura di Aulus Umbricius Abascantus o la manifattura di Aulus Umbricus Agathopus, nominativi che fanno pensare ad ex schiavi di Umbricius Scaurus che ora possedevano una bottega o spacciavano il garum per conto dell’ex padrone.

Le botteghe o gli spacci pompeiani dovevano avere profitti assai modesti e lo confermano le somme di denaro trovate addosso ai cadaveri dell’eruzione del 79 d.C.

Il figlio di Aulus era stato eletto come duoviro della città ma morì presto, così come ci indica una lapide subito fuori porta Ercolano, voluta dal padre e votata dal municipio cittadino, assieme a 2.000 sesterzi per il funerale e una statua a cavallo nel foro.

Un grande onore concesso dalla città ad un rispettabile cittadino anche se, purtroppo, non aggiunge molto altro alle imprese commerciali di questa famiglia. Foto di copertina: di Claus AbleiterOpera propria, CC BY-SA 3.0, Collegamento.

Alessandra Randazzo

Alessandra Randazzo

Classicista e comunicatrice. Si occupa di beni culturali per riviste di settore.

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