A Pompei era molto diffuso il gioco dei dadi: esistevano anche quelli “truccati”

POMPEI. Dei tanti giochi considerati d’azzardo, sicuramente quello dei dadi è il più famoso e citato. I dadi, in latino tesserae, avevano un’origine antichissima, tanto che se ne parla anche nell’Iliade di Omero. Una celebre raffigurazione pittorica di Exechias, un’anfora che si conserva ai Musei Vaticani, raffigura Achille e Aiace intenti a giocare una partita a dadi.

Uno di essi ha appena lanciato i dadi e gli sguardi convergono al centro per vedere il punteggio ottenuto. Nella scena è presente anche una tabula aleatoria che serviva come piano per il gioco e che nell’antica Roma aveva spesso, nel lato opposto, la scacchiera per il gioco dei latrunculi.

I dadi antichi avevano una forma cubica, come quella attuale; i più comuni erano fatti in osso ma si potevano trovare anche dadi in bronzo, avorio, cristallo e ambra. Per compiacere i giocatori più accaniti, molte erano anche le tabernae lusoriae, case da gioco, sparse per le città. A Pompei ne conosciamo diverse.

Nella Regio VI al numero 28 dell’insula 14 vi era una piccola stanza aperta sulla strada, riconoscibile ai giocatori e non solo, perché sul muro d’ingresso vi era un bossolo per il gioco dei dadi posto in mezzo a due falli, simboli in questo caso di fortuna. Accanto a questa taberna lusoria, al civico 36, vi è una caupona, un’osteria, dove, oltre che mangiare si giocava anche.

Il gioco è attestato da una serie di quadretti con scritte dove venivano riportati i motti che si scambiavano i giocatori quando non erano d’accordo sull’esito dei punteggi. “Truffatore è proprio tre! Ho vinto!” e non di rado dalle parole si passava ai fatti con lo scoppio di liti.

Il gioco, però, portava anche al baro. Sempre a Pompei, i lapilli ci hanno restituito anche dadi truccati. Si tratta di dadi piuttosto grandi che sul lato opposto a quello del sei avevano un incavo per mettere un pesino di piombo.

Il lavoro non è dei più fini, anzi, risulta abbastanza grossolano e non si è sicuri che gli avversari non notassero il non troppo astuto sotterfugio del proprietario. Insomma, per dirla alla romana, un giocatore senza bona fide!

Alessandra Randazzo

Alessandra Randazzo

Classicista e comunicatrice. Si occupa di beni culturali per riviste di settore.

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