Villa Arianna e la ristrutturazione prima dell’eruzione: ecco i risultati degli ultimi scavi
L’elegante residenza a strapiombo sul mare era stata danneggiata dal terremoto del 62 d.C. ed era in rifacimento
CASTELLAMMARE DI STABIA. Quando nel 79 d.C. l’eruzione del Vesuvio ne determinò la definitiva distruzione, Villa Arianna, la signorile abitazione con vista privilegiata sul Golfo, sorta nella zona collinare dell’antica Stabiae, era un complesso residenziale in gran parte interessato da interventi di ristrutturazione, a causa dei seri danni subiti dal terremoto di 17 anni prima (62 d.C.), che ne aveva intaccato fortemente lo splendore. L’ipotesi è stata suffragata dai vari ritrovamenti di materiali da costruzione, che hanno dimostrato la sussistenza di lavori di rifacimento delle pareti e dei pavimenti nel settore interno della Villa al momento dell’eruzione.
Il dato archeologico, sebbene sia di per sé non inedito, è stato però ulteriormente confermato dai risultati della campagna di scavo e restauro 2019 condotta a Villa Arianna, per il decimo anno consecutivo, dal Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo in collaborazione con la Fondazione Restoring Ancient Stabiae (Ras) in virtù del protocollo d’intesa siglato con il Parco Archeologico di Pompei.
Le attività, co-dirette da Alexander Butyagin e da Paolo Gardelli, sotto la direzione scientifica dell’Ufficio scavi e del Centro del Restauro di Stabia (afferente al Parco Archeologico di Pompei), hanno visto la partecipazione di un gruppo di 10 tra archeologi, restauratori e studenti universitari che per quattro settimane, nei mesi di giugno e luglio, hanno condotto un progetto di pulitura, scavo e restauro all’interno dell’ambiente 71 di Villa Arianna.
Quella di quest’anno è stata la terza campagna di studi e interventi conservativi condotta nell’ambiente 71 della dimora stabiana: si tratta di un lungo criptoportico in fase di riadattamento nel 79 d.C., che è già stato oggetto di due campagne di pulitura, scavo e restauro condotte tra il 2017 e il 2018. Una porzione di edificio che si è rivelata dunque “strategica” per gli archeologi, perché ha restituito informazioni molto interessanti su alcuni aspetti sconosciuti del passato di Villa Arianna.
La decisione di operare all’interno dell’ambiente 71, sin dal 2017, è nata da una serie di considerazioni di carattere essenzialmente conservativo, ancor prima che archeologico. Il criptoportico, infatti, così come tutta l’area circostante (ambienti 73, 74, 76, 77, 79, 81, 82 e 83), venne già parzialmente indagato nel 1992 grazie ai fondi stanziati con la L. 449 del 1987. In quell’occasione, sotto la direzione di Salvatore Ciro Nappo, fu scavata l’area a ridosso del tratto meridionale della discesa a mare di Villa Arianna.
Nei successivi 25 anni, però, tutta l’area in questione è stata soggetta all’azione continua delle acque meteoriche, che avevano provocato – in particolare nell’ambiente 71 – un accumulo di materiali terrosi erosi, con conseguenti danni alle pareti e alle superfici intonacate, favorendo anche il proliferare di muffe, muschi ed erbe infestanti, causati dall’elevato tasso di umidità del terreno. Perciò nel 2017 si è deciso di intervenire in questo settore di Villa Arianna al fine di liberare la porzione settentrionale del criptoportico dai materiali di accumulo e favorire la realizzazione delle operazioni di restauro sia al suo interno sia nell’area esterna (ambiente 73).
Il progetto dell’anno 2017 interessò solo la parte settentrionale dell’ambiente 71, quella già in buona parte indagata nel corso di alcuni scavi nel 1992. Con la rimozione dei materiali di accumulo terrosi venne trovato uno strato costituito per intero da materiali di rinterro di epoca borbonica: si trattava, in sostanza, di un “butto” settecentesco, caratterizzato dall’abbondante presenza di materiali antichi “scartati” nel XVIII secolo, considerati di scarsa importanza dagli scavatori dell’epoca.
Quella parte dell’ambiente 71 venne quindi utilizzata come una vera e propria area di “scarico”, in cui gli operai borbonici, al momento del rinterro, ammassarono grandi quantità di materiali scartati provenienti dall’ambiente 71 e da quelli vicini. Proprio al di sotto di quello strato fu scoperto l’elemento più significativo della campagna 2017 e cioè i resti del soffitto del criptoportico crollato durante l’eruzione e, al di sotto di questi, un cumulo di laterizi tritati grossolanamente: il tutto, messo in relazione alla presenza del battuto in calce, suggerì l’idea che nel periodo precedente l’eruzione il pavimento fosse in via di rifacimento.
E non è tutto, perché passando al setaccio lo strato di rinterro borbonico e l’enorme quantità di manufatti che vi erano contenuti (soprattutto resti di anfore e altre ceramiche), emersero altri elementi interessanti. Tra questi, un’anfora Dressel con una notevole quantità di calce mista a sabbia fina. L’esistenza di due piccoli fori sulle pareti dell’anfora, così come il contenuto stesso, era la prova certa del fatto che il recipiente ormai non era più utilizzato per la conservazione dei liquidi alimentari (acqua, vino oppure olio), bensì come contenitore per materiali da costruzione.
A poca distanza fu trovata la parte inferiore di un secondo recipiente di terracotta, di tipologia incerta, che aveva al proprio interno polvere di laterizio e calce. E ancora: alcuni frammenti di pareti di due contenitori di terracotta, presumibilmente ollette o ciotole, presentavano all’interno un leggero deposito di pigmenti rossi. Tra i tanti materiali restituiti dall’interro, infine, vi sono numerosi frammenti di mosaico (musivi), pertinenti a un numero imprecisato di più piani pavimentali di III e IV Stile, alcuni con tracce ben leggibili di sovra-dipintura, inquadrabili cronologicamente ad un periodo posteriore al sisma del 62 d.C. Il tutto sembra confermare come a Villa Arianna, o per lo meno, in questo specifico settore del complesso abitativo, fossero in corso, nel periodo immediatamente precedente la sua distruzione, alcuni interventi di ricostruzione.
La campagna di lavori del 2018 ha rivelato la presenza, anche nella parte meridionale del criptoportico, del rinterro settecentesco composto in gran parte da materiali antichi scartati. Al di sotto, lo scavo ha svelato la presenza di grosse porzioni di muro e solaio, andate sicuramente distrutte e poi addossate lì al momento dello scavo settecentesco. Date le grandi dimensioni, nel 2018 si è preferito non effettuare alcun tentativo di rimozione delle grosse parti di muro, senza pertanto raggiungere lo strato di crollo del soffitto documentato nel 2017. Successivamente si è proceduto al restauro della superficie intonacata dell’ambiente 71.
E arriviamo, così, alle operazioni di scavo condotte nei mesi di giugno e luglio 2019, che hanno permesso la totale rimozione dello strato di rinterro borbonico, la rimozione dei grandi blocchi delle pareti e del solaio dell’ambiente 71 crollati. Lo scavo dello strato di rinterro borbonico, ancora una volta, ha permesso di documentare l’abbondante presenza di materiali in stato frammentario, come olle, lucerne, anfore di provenienza nord africana, cretese e iberica.
Anche nella parte interessata dallo scavo del 2019, sotto lo strato di rinterro borbonico, è stato documentato il crollo del soffitto del lungo criptoportico 71. Numerose le tegole in cui è stato documentato il bollo Q MV CIZICI, databile all’età augusteo-tiberiana. A Villa Arianna il bollo era già stato individuato negli scorsi anni in numerosi esemplari. La rimozione dei resti del soffitto crollato ha permesso di riportare in luce, sul pavimento del criptoportico, un grosso cumulo di pietre calcaree e, in un altro punto, due abbondanti cumuli di laterizi tritati di dimensioni differenti.
La presenza dei materiali da costruzione come pietre e laterizi tritati ha confermato quello che era già stato ipotizzato nel corso dello scavo del 2017 e cioè che tutto l’ambiente 71, così come tutta l’area limitrofa, fosse interessato da interventi ricostruttivi probabilmente riconducibili ai danni causati dal sisma del 62 d.C. o da uno degli eventi sismici di minore entità che hanno preceduto l’eruzione del 79 d.C. Come si vede, dunque, Villa Arianna, una delle più belle dimore dell’antichità, riesce ancora a stupire e a restituire informazioni preziose su quella che era la vita quotidiana proprio quando il Vesuvio scatenò tutta la sua furia e la sua potenza: una villa a a strapiombo sul mare che dominava (e domina ancora oggi) il panorama che fa perdere lo sguardo tra Capri e Napoli.