Pompei, ecco come si trasformarono nei secoli le botteghe di Via dell’Abbondanza

POMPEI. Dal 2016 l’Università di Genova, grazie ad un accordo siglato con il Parco Archeologico di Pompei, ha avviato un progetto di ricerca (che durerà fino al 2021) relativo allo scavo e all’analisi di una serie di botteghe della Regio VII, Insula XIV, con affaccio sulla principale arteria stradale della città vesuviana: Via dell’Abbondanza.

Le botteghe, con assetti planimetrici differenti, furono portate alla luce già dagli scavatori borbonici tra il 1812 e il 1813, durante una serie di indagini nell’area compresa tra Via dell’Abbondanza e il Foro Triangolare.

Gli scavi, condotti con metodi non stratigrafici, nel periodo compreso tra il 1838 e il 1841, interessarono una serie di domus affacciate sempre su questo tratto stradale ed è per la mancanza di una documentazione scientifica adeguata che le indagini moderne trovano non poche difficoltà a comprendere le successioni cronologiche sia degli strati che degli elevati.

Già dalla prima campagna di scavo del 2016, il team di archeologi diretto dalla prof.ssa Silvia Pallecchi ha portato all’attenzione scientifica diverse e interessanti informazioni, relative alle varie trasformazioni dell’area nel corso dei secoli e fino all’eruzione del 79 d.C.

Nello specifico, il progetto di ricerca si sta concentrando sulle botteghe del civico 1 e 3 dove, al di sotto delle pavimentazioni dell’ultima fase di vita dell’abitato, sono riemersi strati di macerie ricchi di frammenti di intonaci dipinti, segno dei numerosi crolli dovuti ai terremoti che investirono Pompei intorno al 62 d.C.

Documentate queste fasi, gli scavi hanno permesso di riportare alla luce le fasi di “vita” dell’abitato con case, orti, pozzi, cisterne e anche un immondezzaio, che ha costituito una fonte di dati privilegiata e ricchissima per gli archeologi, i quali hanno potuto così studiare grandi quantità di frammenti di ceramica, semi, resti di frutti e di pasti, preparati alimentari carbonizzati, ossa di animali e squame di pesce.

Tutti i reperti sono stati accuratamente setacciati, separati dalla terra e analizzati nel dettaglio da laboratori specifici che daranno ulteriori informazioni per lo studio dell’alimentazione e dell’economia di Pompei e del territorio campano.

Alcune stratificazioni antecedenti il 79 d.C. presentano anche una discreta quantità di cenere e carbone, mentre alcuni degli intonaci presentano tracce di bruciato, segno che, probabilmente, nel corso di qualche evento sismico nell’area si è sviluppato un incendio che ha reso ancor più necessario ristrutturare le botteghe nel corso del tempo.

La Bottega del civico 1, al momento dell’eruzione, era organizzata in rivendita di cibi e bevande e si affacciava su Via dell’Abbondanza tramite una grande apertura con stipite in calcare e soglia in pietra, su cui si conservano anche le tracce di chiusura tipica delle botteghe.

L’interno presentava le pareti con intonaco giallo, impreziosito con una decorazione continua a meandro. In questo ambiente, gli archeologi, nella parte sinistra del vano della bottega, hanno riconosciuto le tracce di un grande bancone sviluppato su tre lati che doveva accogliere i clienti sia dal lato della strada sia dall’interno.

Nella struttura del bancone si è individuata anche una cavità lasciata da un contenitore di ceramica, utilizzato come contenitore per cibi o bevande. Sulla parte destra della bottega, inoltre, è interessante anche il rinvenimento di una scala in legno, che consentiva di salire ad un piano superiore, forse utilizzato come alloggio dal proprietario dell’esercizio commerciale.

Attualmente il team è impegnato nello studio e nello scavo del vano retrostante, che nel 79 d.C. era probabilmente utilizzato dagli avventori della bottega per consumare cibo e bevande.

In questo ambiente, che aveva un ingresso secondario dal vicolo vicino (Vicolo della Maschera), le pavimentazioni originarie sono state completamente rimosse dagli scavatori borbonici nel corso dell’Ottocento: ciò ha così permesso agli archeologi di approfondire la stratigrafia sottostante, intercettando così le fasi più antiche dell’abitato. Le indagini hanno permesso di mettere in luce alcune strutture connesse ad attività artigianali che si svolgevano prima dell’impianto della bottega.

Interessante anche lo studio della Bottega al civico 3 e degli ambienti in sequenza che, anch’essi privi della pavimentazione originaria, hanno permesso agli archeologi di approfondire lo scavo che ha intercettato periodi di vita che si inquadrano tra la fine del III secolo a.C. e il momento dell’eruzione del Vesuvio.

Nell’area dove oggi si trova il vano affacciato su Via dell’Abbondanza, tra III e II secolo a.C. si apriva uno spazio aperto utilizzato forse come orto o cortile, connesso con una grande abitazione ad atrio, situata poco più a nord.

All’interno di questo spazio, nel corso del tempo, furono realizzate delle strutture semplici, in terra e legno, utilizzate come latrine e come scarico di rifiuti domestici. Le analisi delle deposizioni di materiale, che inglobano anche escrementi umani misti ad alimenti e materiale vario, hanno permesso di approfondire gli studi sul tenore di vita e sulle abitudini alimentari degli abitanti della casa.

Anche i resti botanici recuperati all’interno di queste stratificazioni hanno permesso di ipotizzare che alla fine del II secolo a.C. la zona era interessata da una vegetazione spontanea, caratteristica delle aree adibite ad orto.

Tra la fine del I secolo a.C. e fino al 79 d.C., invece, l’area viene edificata con l’impianto dell’attività commerciale. Gli scavi borbonici hanno rimosso completamente qualsiasi elemento che potesse individuarne l’attività, così gli archeologi al momento non hanno molte informazioni sul tipo di commercio che si esercitava all’interno.

Le pareti erano decorate con colori vivaci, ancora parzialmente riconoscibili sul muro di fondo e anche qui, come al civico 1, la presenza di tracce di una scala in legno fa pensare alla presenza di un piano superiore, dove forse vi era l’alloggio del proprietario.

Il retrobottega, invece, era forse utilizzato come magazzino o laboratorio e presentava uno spazioso armadio a muro con ripiani in legno. All’interno del vano è visibile anche una grande fossa circolare, formatasi per collasso del pavimento, che non ha sopportato il peso delle macerie dovute ai crolli provocati dall’eruzione del 79 d.C.

La campagna di scavi attuale si sta concentrando su alcune cavità presenti nel vano affacciato su via dell’Abbondanza e nel retrobottega che presto fornirà ulteriori informazioni sulla vita dell’edificio.

Se da un lato gli scavi borbonici hanno asportato gran parte delle informazioni relative alle fasi più recenti delle botteghe, dall’altro è solo grazie a quelle indagini che il team di Silvia Pallecchi ha potuto esplorare gli strati della Pompei più antica. Già dal 2016 non sono mancate importanti informazioni relative allo sviluppo dell’area e delle attività che si svolgevano sull’arteria stradale più importante della città.

L’esperienza di scavo degli studenti dell’Università di Genova consta inoltre della collaborazione con il personale del Parco Archeologico di Pompei e di vari esperti operanti nel mondo dei Beni Culturali che ha permesso così di approfondire e integrare l’esperienza di solo scavo con laboratori specifici sul restauro di intonaci e metalli, sullo studio delle ossa e delle ceramiche e sulle tecniche di rilievo dei muri e della restituzione tridimensionale.

Si ringrazia per la disponibilità la prof. Silvia Pallecchi e il team dell’Università di Genova e, per le autorizzazioni, il Parco Archeologico di Pompei, diretto dal prof. Massimo Osanna.

Alessandra Randazzo

Alessandra Randazzo

Classicista e comunicatrice. Si occupa di beni culturali per riviste di settore.

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