Villa Regina: a Boscoreale una fattoria del I secolo a.C. che ha fornito dati importanti su Pompei
BOSCOREALE. Nel territorio di Boscoreale, considerato da alcuni studiosi con il Pagus Augustus Felix Suburbanus, felice e prospera era la vita, tanto che per la fertilità del territorio l’area fu abitata fin dalla protostoria e rioccupata dopo l’eruzione del 79 d.C.
Grazie a diversi ritrovamenti archeologici, è noto che in epoca romana diverse dovevano essere le ville e fattorie dedite alla coltivazione della vite, dell’ulivo e dei cereali. Il numero è all’incirca di 30 e costituivano una fitta rete di insediamenti produttivi attivi nel I secolo d.C. alla pendici del ricco Vesuvio e nella vicina piana del Sarno.
Le villae rusticae potevano essere semplici aziende agricole, di grandi o piccole dimensioni, affidate o a manodopera servile o a conduzione familiare, ma anche strutturate in maniera più complessa, con settori residenziali e produttivi ampi.
Grazie alle condizioni ottimali di conservazione, gli studiosi hanno potuto ricostruire alcuni aspetti della vita fuori dalla città in un contesto agricolo e le diverse fasi di produzione e trasformazione dei principali prodotti dell’area vesuviana, destinati anche all’esportazione o al fabbisogno locale.
Generalmente proprio per garantirne la conservazione, gli archeologi dopo la scoperta hanno preferito rinterrare le ville, evitando così scavi clandestini e spoliazione di oggetti.
Tra il 1978 e il 1980, grazie ad alcuni interventi di scavo, venne portata alla luce una piccola fattoria di epoca sillana all’interno di un fundus, c.d. Villa Regina. Attualmente, le porzioni di edificio visibili si datano alla metà del I secolo a.C., quando alcuni ambienti furono ristrutturati e le stanze decorate in III stile finale.
Villa Regina costituisce l’unica villa rustica interamente scavata nell’agro pompeiano che ci ha restituito testimonianze importanti per la storia di Pompei e del territorio circostante.
Si compone di vari ambienti disposti su tre lati di un cortile scoperto che ospita la cella vinaria con 18 dolia, che dovevano contenere il vino che si produceva nella villa. All’epoca dell’eruzione la fattoria doveva essere utilizzata solo durante i periodi agricoli, con molte stanze inadoperate dopo il disastroso terremoto del 62 d.C.
Oltre all’ampio porticato, di particolare bellezza il torcularium con i calchi del torchio ligneo ed i fori e pozzetti per il suo ancoraggio al suolo, la vasca per la premitura del mosto, la cucina in disuso nel 79 d.C. con forno in muratura e focolare al centro della stanza, un vano cisterna per la raccolta dell’acqua e il granaio che conservava fieno, cereali e legumi.
Nel portico venne ritrovato durante lo scavo un carro da trasporto (plaustrum), di cui restano evidenti i solchi lasciati dalle ruote nel terreno, in una stradina adiacente alla villa. Il terreno agricolo circostante la villa conservava al momento della scoperta alcune tracce delle antiche coltivazioni e gli esperti hanno eseguito i calchi delle radici di vite, potendo così ricreare a scopo dimostrativo l’impianto originale del vigneto.