Teatro Grande di Pompei, il fascino senza tempo di una struttura del II secolo a.C.

POMPEI. Il Teatro Grande di Pompei è capace di regalare un’atmosfera magica alle performance artistiche che ancora oggi ospita, grazie al fascino senza tempo di una struttura edificata nel II secolo a.C., quando la costruzione di teatri in muratura, sullo stile di quelli greci, si diffuse anche in Italia.

In precedenza le rappresentazioni teatrali avvenivano in ampi spazi all’aperto, in cui venivano costruite strutture provvisorie in legno per accogliere gli spettatori.

Recenti studi, però, hanno dato corpo all’ipotesi che un teatro a Pompei esistesse già nel IV secolo a.C. L’ipotesi più recente, infatti, riguarda l’esistenza di un teatro precedente al Teatro Grande, che sarebbe stato edificato alle sue spalle, in un’area dove i geologi avrebbero individuato un antico cratere, formato da un vallone naturale a forma di cavea, che nel II secolo avanti Cristo, quando a Pompei partì una riforma urbanistica con la costruzione del Teatro Grande, fu riempito con materiali provenienti dall’originario Tempio di Atena, creando così l’attuale piazzale.

Ad ogni modo, in attesa che ulteriori studi confermino o meno tale ipotesi, si può ricordare che il Teatro Grande sorse verso il limite sud della città: un luogo probabilmente scelto non a caso, perché la cavea – dove sorgono le gradinate che accolgono il pubblico – fu costruita sfruttando una pendenza naturale del terreno in quel punto.

Gli spettatori entravano attraverso due passaggi coperti (c.d. parodoi, con termine greco) situati nella parte più bassa della struttura e posti alle due estremità della gradinata di forma semicircolare: in questo modo, le persone si ritrovavano direttamente nell’orchestra, ovvero nello spazio ai piedi della cavea.

L’orchestra, dove solitamente prendeva posto il coro, nel teatro di Pompei è a forma di ferro di cavallo, quindi più simile a quella dei teatri greci, invece che semicircolare, come più comunemente avveniva nei teatri romani.

Le prime file (ima cavea), ovvero quelle più vicine al palcoscenico e con sedili più ampi, erano riservate alle autorità, mentre le file di sedili più basse della parte centrale (media cavea) erano probabilmente destinate a personalità eminenti della città e forse ai rappresentanti delle corporazioni artigiane.

Teatro Piccolo di Pompei (Odeion) – Foto Made in Pompei

Al centro della fila più bassa di sedili c’era, infatti, quello riservato a Marco Olconio Rufo, ricordato da una inscrizione di bronzo: egli era un facoltoso e potente cittadino di Pompei, che aveva contribuito a restaurare ed ampliare il teatro di Pompei in età augustea, intorno al 3 a.C. I lavori furono diretti dall’architetto M. Artorius, come ricorda una iscrizione situata nell’accesso orientale dell’orchestra.

In quella occasione fu ampliata anche l’area destinata ai sedili, che arrivò fin sopra al passaggio coperto dei due corridoi di accesso: questi nuovi settori, che venivano chiamati tribunalia, erano destinati ad ospiti d’onore e vi si accedeva da un ingresso separato rispetto agli altri posti. Complessivamente, in seguito a quell’intervento di “restyling”, il Teatro Grande arrivò ad una capienza di circa 5.000 spettatori.

Nei due settori superiori della cavea, invece, si distribuiva il resto del pubblico. Un corridoio di forma anulare separava la parte più bassa dalla parte centrale (media cavea) e da quella superiore (summa cavea), dove generalmente prendevano posto le donne.

Una serie di passaggi (kerkides), invece, divideva in senso radiale (come raggi di un semicerchio) la cavea in cinque settori, permettendo di risalire la stessa senza passare sui sedili eventualmente occupati.

Di fronte alla cavea, dopo l’orchestra, erano situate le strutture dove si svolgeva la rappresentazione teatrale: si trattava di una piattaforma rettangolare, il palcoscenico (proskenion), sulla quale recitavano gli attori.

Alle spalle del palcoscenico, c’era la scena, che ricordava la facciata di un palazzo e faceva da sfondo alle rappresentazioni: essa era costituita da un lungo muro a due piani, con nicchie, colonne, statue e ricche decorazioni di marmi.

Per gli spettatori del Teatro Grande si era pensato proprio a tutto: per proteggerli dal sole o dalla pioggia era stato realizzato anche un sistema di copertura del teatro con un velario di tela agganciato ad anelli posti sulla parte più alta della summa cavea.

Il teatro fu il primo grande edificio pubblico di Pompei liberato completamente dai depositi dell’eruzione. Lo scavo è stato completato in più riprese nel corso di varie campagne condotte negli anni 1764-1765, 1767-1769, 1773, 1789, 1791-1794, 1902 e 1951.

Quadriportico dei Teatri – Foto Made in Pompei

Dietro la scena, infine, era collocato il Quadriportico, vale a dire un cortile a pianta rettangolare circondato da portici (in totale 74 colonne doriche in tufo grigio di Nocera), sistemato a giardino, dove gli spettatori potevano recarsi a passeggiare negli intervalli delle rappresentazioni: una sorta di moderno foyer, come si ritrova oggi nei teatri moderni.

Dopo il terremoto del 62 d.C., tuttavia, il Quadriportico fu adattato e adibito a caserma dei gladiatori e questo portò ad una riorganizzazione di alcune parti dell’edificio. Le stanze più importanti erano quelle sul lato orientale, mentre le stanze al piano superiore erano forse gli appartamenti dell’impresario dei gladiatori.

Proprio nel Quadriportico, all’interno di due casse di legno si rinvennero delle armi usate nelle parate che precedevano i combattimenti e che ora sono conservate al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. In questo luogo si rinvennero anche molte vittime dell’eruzione del 79 d.C.: quattro scheletri di schiavi posti ancora vicino ai ceppi e in una stanza altre 18 persone, tra cui una donna con un ricchissimo corredo di gioielli. Il Quadriportico fu scavato nelle campagne del 1766-1769, 1771 e 1792-1795.

Al complesso monumentale “dei teatri”, infine, appartiene anche l’Odeion, il cosiddetto “Teatro Piccolo”. Costruito quasi in adiacenza degli spazi di pertinenza del Teatro Grande, era un edificio completamente coperto, allo scopo di migliorarne l’acustica.

L’edificazione risale al 79 a.C., per volontà di due magistrati locali, Marcus Porcius e Caius Quinctius Valgus. L’Odeion che veniva utilizzato per rappresentazioni artistiche che esigevano una struttura più piccola, per evitare la dispersione dei suoni, come ad esempio audizioni musicali, recitazioni, scene mimiche, forse anche per declamazioni letterarie e poetiche.

Il Teatro Piccolo poteva contenere circa 1.200 spettatori. Il suo impianto strutturale non si differenzia molto da quello del Teatro Grande: anche qui, infatti, è possibile osservare le parodoi coperte a volta e i tribunalia. L’Odeion è suddiviso in ima e media cavea, manca completamente la summa.

L’orchestra, però, non è a ferro di cavallo, come nel Teatro Grande, ma semicircolare. Inoltre era riccamente decorato con marmi policromi, mentre delle figure maschili scolpite (telamoni) in tufo reggevano le gradinate.

Le superfici intonacate delle mura esterne conservano moltissimi graffiti lasciati dal pubblico degli spettacoli che qui si svolgevano, a volte proveniente anche da regioni molto lontane. L’Odeion è stato scavato nelle campagne del 1769 e 1792-1795. (Foto di copertina: Pompei Teatro Grande – foto di Marco Ghidelli fonte PaP/Teatro Stabile Napoli).

Marco Pirollo

Marco Pirollo

Giornalista, nel 2010 fonda e tuttora dirige Made in Pompei, rivista di cronaca locale e promozione territoriale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *