Pomodoro Piennolo, l’oro rosso del Vesuvio
La composizione dei piennolo fatta di abili gesti nell’appendere le scocche, con 5-6 pomodori l’una, ad una corda di canapa
TRECASE/BOSCOTRECASE. Tornare nell’agroalimentare in piena tradizione vesuviana motiva più del posto fisso le giovani generazioni. Sarà il fascino del fare impresa, l’amore per il territorio o l’agricoltura biologica. È un fatto il vigore sorprendente della produzione del piennolo, cespo di pomodoro delle pendici del Vesuvio, tradizionale preparazione della gustosa conserva artigianale che si protrae nei mesi invernali grazie alla resistenza della buccia della “fischella”, varietà di pomodoro buono sul pane condito con olio, sale e aglio e, naturalmente, un bicchiere di vino rosso del Vesuvio.
Il piennolo trionfa dalla pizza alla cucina gourmet. L’amore per il territorio e la sua tradizione ha convinto due giovani imprenditori, Alberto Aliberti e Giuseppe Casale, a riprendere l’antico mestiere dell’intreccio del Piennolo che ha resistito all’assalto dell’industria, del freddo e della chimica. Col marchio “Contadini Vesuviani” hanno scelto di coltivare pomodori, ortaggi e vigna, trasformando i prodotti nella filiera agroalimentare nel rimettere a coltura terreni prima trascurati.
Iniziativa che premia i coraggiosi perché il mercato del food oggigiorno predilige la qualità. Pane e vino hanno atteso per quindici secoli che approdasse il pomodoro alla falde del Vesuvio per chiudere il cerchio virtuoso della trilogia alimentare nel cultivar sul suolo più fertile al mondo, fatto di grumi di lava del Vesuvio ricchi di ferro, potassio, fosforo e silice che conferiscono sapore e consistenza al pomodoro, forza alle viti e vigore al vino. Con la scoperta dell’America il Vesuvio ha replicato il primato mondiale che nell’antichità aveva avuto grazie al vino con la varietà “Fiaschella”.
Pomodoro, coltivato sui suoi versanti: prima Slow Food, dal 2009 prodotto con denominazione ad origine protetta. Il piennolo è una scultura contadina che testimonia fiducia nella “Montagna” ai raggi del sole e al venticello ricco di salsedine che arriva dal mare dentro un paesaggio da “cartolina”, dove prendono gusto promesse d’amore: “dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”. Uva da vino e pomodoro del Vesuvio sono le produzioni agricole che “Contadini Vesuviani” curano prevalentemente in due appezzamenti di terra (un ettaro in tutto) a Trecase e Boscotrecase.
Nel fondo dedicato ai pomodori a fine marzo è già tempo di mettere a dimora le piantine che arrivano a maturazione la fine agosto, appoggiandosi a sostegni che ne agevolano l’irradiazione solare. I pomodori pesano 25-30 grammi l’uno. Le “Fiaschelle” sono rotonde col pizzo all’estremità inferiore. La buccia è resistente, la polpa soda e compatta, dal caratteristico sapore dolce e il retrogusto acidulo. Ha proprietà afrodisiache.
Il primo raccolto serve a mettere sotto vetro le varie specialità: “Pacchetelle” di pomodorino del vulcano rosso, giallo e al tigrato (varietà locale il giallo e il tigrato delle Galapacos vengono coltivate esclusivamente per le conserve in vitro), “Filetto in sugo di pomodorino del Vulcano”, “Passata di pomodorino del Vulcano” e il “Semisecco” di pomodorino rosso e giallo, preparati con la tecnica dell’asciugatura controllata. Si tratta di specialità squisite messe sotto vetro da una fabbrichetta di Sant’Egidio Monte Albino.
Ogni anno si raccolgono complessivamente 80-100 quintali di pomodori. La prima parte (20-30% del raccolto, quello più acquoso oltre alle varietà gialletto e tigrato) serve per la conserva sotto vetro, tutto il resto si trasforma in circa 700 piennoli: oro puro frutto delle viscere del Vesuvio. Fantasia e lavoro che sono l’anima dell’impresa targata “Contadini Versuviani” tipica nelle sue fasi di lavorazione: la sistemazione del raccolto nelle cassette di legno (ognuna con 5-6 chili di pomodoro) in ambiente coperto, asciutto e ventilato.
La composizione dei piennolo fatta di abili gesti nell’appendere le scocche (con 5-6 pomodori l’una) ad una corda di canapa. Una decina di scocche intrecciate con armonia formano la ’nzerta che si appende con un chiodo al sole fuori al balcone di casa: emblema di uno stile di vita. Belli a vedersi i piennoli sono segni del buon augurio. L’artigiano bravo impiega mezz’ora per prepararne uno di un chilo e mezzo. Il secondo appezzamento di terra della ditta “Contadini Vesuviani” è formato da un “tendone” di varie tipologie di viti: alcune più note (catalanesca, falanghina, caprettone) altre autoctone, rare e dalle denominazioni incerte.
L’uva raccolta viene miscelata nella produzione di un originale blend di vino fermo, secco, corposo e abbastanza equilibrato di circa dodici gradi: tipico vino del Vesuvio a produzione biologica, 1000 litri di bianco e 1000 di rosso. Si trova in vendita al mercatino Slow Food di Piazza Vargas a Boscoreale. Altri ortaggi coltivati in quantità minore sono i piselli “Cento Giorni”, le fave e una specialità di cavoli a foglie (le torzelle).