Equino di gran razza, con elegante bardatura militare: è il terzo cavallo trovato a Civita Giuliana

Probabilmente l’animale era stato preparato per correre in soccorso dei pompeiani nelle ore più buie dell’eruzione

POMPEI. Un terzo cavallo, un animale di razza probabilmente appartenuto ad un magistrato militare di alto grado, è stato scoperto a Pompei, nel corso della recente campagna di scavo all’interno della stalla di pertinenza della villa suburbana di Civita Giuliana, zona situata a nord, fuori le mura del sito archeologico. Si tratta di un equino di gran razza, che al momento dell’eruzione indossava una elegante bardatura militare, con la sella e i finimenti riccamente decorati in bronzo. Con tutta probabilità lo splendido cavallo (un sauro) apparteneva ad un altissimo magistrato militare e forse era stato preparato per consentire al suo proprietario di correre in soccorso dei suoi concittadini nelle ore più buie dell’eruzione.

È solo un’ipotesi, seppure molto suggestiva, allo studio degli archeologi del Parco Archeologico di Pompei, ma quel che è certo, invece, è che «È un reperto di rara importanza legato ad una tenuta suburbana ricca come la Villa dei Misteri e che ora verrà indagata e restituita al pubblico», come ha spiegato all’Ansa Massimo Osanna, direttore del Parco Archeologico di Pompei fino allo scorso 3 gennaio 2019. Già nella prima fase di scavo della villa (iniziata nel marzo 2018) era stata identificata una mangiatoia di legno, di cui è stato possibile realizzare un calco, la sagoma integra di un cavallo (di cui pure era stato realizzato il calco) e le zampe di un secondo animale.

Le più recenti operazioni di scavo, invece, avviate nel mese di luglio 2018 e i cui risultati sono stati recentemente diffusi dal Parco Archeologico di Pompei, hanno messo in luce integralmente tale ambiente e quindi hanno consentito di individuare la parte restante del secondo cavallo e di scoprire la presenza di un terzo equino: quest’ultimo è considerato un ritrovamento molto rilevante, soprattutto perché presenta i resti di una ricca bardatura di tipo militare.

Il cavallo già noto, giace riverso sul fianco destro, con il cranio ripiegato sulla zampa anteriore sinistra: probabilmente era legato alla mangiatoia e quindi non è riuscito a divincolarsi per sfuggire alla furia del Vesuvio. Il terzo cavallo, rinvenuto durante la campagna di scavo estiva, invece, giace riverso sul fianco sinistro e sotto la mandibola conserva il morso in ferro. La realizzazione dei tunnel da parte dei “tombaroli” che negli anni hanno preso di mira la villa di Civita Giuliana e la conseguente cementificazione delle cavità, non hanno permesso di realizzare il calco di questo terzo cavallo.

Tuttavia, durante la fasi di scavo del corpo dell’animale, sono venuti alla luce cinque reperti bronzei considerati di assoluta importanza scientifica. Sulle costole della gabbia toracica, fortemente danneggiate, sono stati individuati quattro reperti in legno (di conifera) rivestiti da una lamina in bronzo a forma di mezzaluna; un quinto oggetto, sempre in bronzo, è stato recuperato sotto il ventre del cavallo, in prossimità degli arti anteriori: si tratta di tre ganci con rivetti collegati a un disco mediante un anello.

La forma di questi oggetti e i confronti in letteratura fanno ipotizzare che appartengano a un tipo particolare di sella, definita “a quattro corni”, formata da una struttura di legno rivestita con quattro corni, due anteriori e due posteriori, ricoperta da placche di bronzo che servivano per dare stabilità al cavaliere, in un periodo in cui non erano ancora state inventate le staffe. Selle di questo tipo sono state utilizzate nel mondo romano a partire dal I secolo d.C. ed in particolare in ambito militare. Le giunzioni ad anello erano quattro per ogni bardatura e servivano a collegare diverse cinghie di cuoio per bloccare la sella sul dorso del cavallo. Si tratta sicuramente di bardature militari da parata.

Ulteriori oggetti, riferibili agli “ornamenta” del cavallo, sono stati trovati dietro la schiena dell’animale, dove la presenza di tracce di fibre vegetali lasciano ipotizzare la presenza di un drappo o di un mantello, mentre sotto il ventre probabilmente c’era una sacca, di cui è stato realizzato un calco. È probabile che una parte dei finimenti mancanti sia stata trafugata dai tombaroli nel corso delle intrusioni illecite.

Lo splendido sauro del comandante militare, però, deve aver fatto una fine atroce, perché è rimasto legato nella stalla insieme con altri due, o forse tre, cavalli di gran razza. Osanna ha spiegato che l’animale è rimasto «soffocato dalle ceneri che invasero l’ambiente o sopraffatto dallo choc termico all’arrivo della nube piroclastica», ovvero i vapori bollenti che nelle ore finali dell’eruzione spazzarono via ogni speranza di sopravvivenza per quelli che non avevano fatto in tempo a scappare. «I tre cavalli, come forse il primo rinvenuto ed analizzato, dovevano far parte della “razza più nobile”: animali di rappresentanza, per la loro imponenza dimensionale, probabilmente frutto di accurate selezioni, e per i finimenti di pregio, in ferro e bronzo» ha detto il direttore Osanna.

«Questi eccezionali ritrovamenti – ha aggiunto – confermano che si trattava di una tenuta  prestigiosa, con ambienti riccamente affrescati e arredati, sontuose terrazze digradanti che affacciavano sul golfo di Napoli e Capri, oltre ad un efficiente quartiere di servizio, con l’aia, i magazzini per l’olio e per il vino, e ampi terreni fittamente coltivati, anche stando alle prime indagini di inizio Novecento. Nel 2019 saranno stanziati due milioni di euro, dai fondi ordinari del Parco Archeologico, per procedere all’esproprio dei terreni e per proseguire le indagini di scavo, al termine delle quali sarà possibile l’apertura al pubblico».

La grande villa extraurbana di Civita Giuliana, alla quale apparteneva questo ricovero per i cavalli, era la residenza di quello che si immagina essere stato un comandante o comunque un altissimo magistrato militare di Pompei. La struttura rurale, già individuata e scavata negli anni 1907-1908 dal marchese Giovanni Imperiale su concessione governativa e successivamente interrata, si trova a nord di Pompei, fuori dal perimetro dell’area archeologica, in un terreno privato ricadente nella città moderna. Ma nel corso degli ultimi decenni la villa era stata presa d’assalto dai tombaroli, gli scavatori clandestini a caccia di tesori antichi da destinare al mercato nero dei reperti archeologici.

Per questo, lo scorso marzo, era stato avviato un importante intervento di scavo (con fondi del Parco Archeologico di Pompei), con l’obiettivo preciso di bloccare ulteriori attività illecite dei tombaroli, andate avanti per anni a danno del patrimonio archeologico dell’area, grazie ad un’operazione congiunta messa in atto dal Parco Archeologico di concerto con la Procura della Repubblica di Torre Annunziata (con il Procuratore capo Alessandro Pennasilico e il procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli), con il Comando Gruppo Carabinieri di Torre Annunziata e il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, sul filone di un’indagine avviata sugli scavi clandestini.

L’intervento già allora aveva portato alla luce una serie di ambienti di servizio di una grande villa suburbana conservata in maniera eccezionale, con diversi reperti (anfore, utensili da cucina, parte di un letto in legno di cui è stato possibile realizzare il calco). Tra gli ambienti era stata individuata la stalla della tenuta dove erano stati trovati i primi due cavalli.

Grazie al buono stato di conservazione dell’ambiente si era quindi potuto realizzare il calco di un cavallo di razza. «Il ritrovamento eccezionale della stalla con il cavallo bardato conferma le aspettative ed è quindi solo la prima di tante importanti scoperte che contiamo di fare – ha sottolineato Osanna parlando con l’Ansa – perché la villa, anche stando a quello che venne ritrovato ad inizio Novecento, era di altissimo pregio».

Una tenuta prestigiosa, quindi, che nella parte residenziale «era al livello della celeberrima Villa dei Misteri», ribadisce il direttore. Adesso, prima ancora di procedere a nuovi scavi, nei laboratori del Parco gli esperti stanno ripulendo e studiando i preziosi finimenti del cavallo e i frammenti della straordinaria sella in legno e bronzo. Ci vorrà del tempo, ma alla fine, assicura Osanna, quella che è stata ribattezzata “la Tenuta del Sauro Bardato” verrà aperta al pubblico: «Sarà un’esperienza unica».

Marco Pirollo

Marco Pirollo

Giornalista, nel 2010 fonda e tuttora dirige Made in Pompei, rivista di cronaca locale e promozione territoriale.

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