Osanna chiude il suo mandato con il restauro della Schola Armaturarum, luogo simbolo di Pompei
Il direttore: «Questa riapertura rappresenta il riscatto di Pompei e degli ottimi risultati raggiunti con il Grande Progetto»
POMPEI. «Abbiamo salvato il salvabile e dato una nuova immagine al Parco Archeologico di Pompei». A conclusione dell’iniziativa del Grande Progetto Pompei cresce nella direzione del Parco la consapevolezza dell’importanza della manutenzione ordinaria. Le dichiarazioni del direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, Massimo Osanna, in occasione della riapertura della Schola Armaturarum ripercorrono il trionfo degli interventi alla base del positivo bilancio finale, spiegato dal direttore col valore del team di esperti che ha dispiegato competenze ed energie al servizio della cultura italiana.
Alla fine del suo mandato (2014-2019) Osanna non fa mistero di augurarsi la conferma nell’incarico alla guida della prossima fase di governance del Parco archeologico di Pompei per la sua valorizzazione, tutela e manutenzione ordinaria, anche alla luce del risultato di 3 milioni e 600mila visitatori raggiunto nel 2018. A tal proposito il direttore generale del Parco Archeologico di Pompei ha annunciato l’assunzione di 7 restauratori che faranno parte di una squadra di operatori (una cinquantina di elementi) che saranno addetti alla manutenzione ordinaria di dipinti e strutture archeologiche.
Nel frattempo sarà allestita una sala regia per la videosorveglianza dotata di moderna tecnologia. «Ma insieme alle tecnologie servono le prestazioni lavorative» ha spiegato Osanna, commentando che al personale dei custodi di ruolo ne sono stati aggiunti 55 di Ales. «Assumere nuovi dipendenti non è di competenza del Parco, ma del Ministero» ha proseguito Osanna, nell’annunciare la riapertura la Schola Armaturarum.
Il luogo simbolo della rinascita di Pompei, collassato il 6 novembre 2010 nella parte superiore in cemento armato, è stato affidato all’opera di restauratori Ales che spiegheranno ogni giovedì i loro interventi sugli apparati decorativi e negli ambienti retrostanti, che nell’ultima campagna di scavo hanno fatto capire che l’edificio era un’associazione combattentistica del tipo di quelle che sono state sciolte dall’imperatore Nerone a seguito della furente rissa tra Pompeiani e Nocerini, avvenuta nel 59 dopo Cristo.
La Schola diventerà un “museo diffuso”, esteso ai vani retrostanti, rispettando in pieno la filosofia del Grande Progetto Pompei, che prevede la ricerca scientifica in parallelo ai restauri. La Schola Armaturarum è frutto degli epici scavi di Vittorio Spinazzola, effettuati tra il 1915 e il 1916. Le indagini archeologiche attuali hanno fatto scoprire gli ambienti retrostanti e i recipienti che vi erano custoditi (anfore e dolia) contenenti olio, vino pregiato e salse di pesce provenienti dall’area del Mediterraneo (Creta, Africa, Sicilia, Spagna). Si tratta di specialità alimentari dell’Impero romano, alla base dei cibi preparati per i banchetti gourmet, in linea con i canoni della dieta mediterranea.
Osanna, inoltre, ha annunciato nuovi sistemi di messa in sicurezza degli edifici, che hanno abbandonato i canoni di ricostruzione integrale delle pareti e della copertura, tipici del Novecento, allo scopo di ricreare i volumi originari. Gli attuali interventi hanno visto all’opera maestranze interne (formula che si intende riproporre “alla maniera antica” nella futura manutenzione ordinaria) nella copertura temporanea e restauro di superfici dipinte e delle pareti interne. È stato ripristinato l’apparato figurativo con la tecnica del “tratteggio” che consiste nell’accostamento di leggerissimi tratteggi verticali che ripropongono la policromia originale ricostituendo l’immagine nell’unità (perduta), consentendo di distinguere da vicino l’intervento di restauro.
«La riapertura della Schola Armaturarum rappresenta un simbolo di riscatto dei risultati raggiunti con il Grande Progetto, e più in generale un segnale di speranza per il futuro del nostro patrimonio culturale. – dichiara Massimo Osanna – Da quel crollo avvenuto nel novembre del 2010 si è affermata la consapevolezza della fragilità di Pompei e la necessità di avviare un percorso di conservazione, fatto non solo d’interventi straordinari ed episodici, ma soprattutto di cure e di attenzioni quotidiane».