De Giovanni a Pompei: «Napoli? una mamma bellissima che urla e si veste vistosamente»

Nel cortile colmo di Palazzo De Fusco, lo scrittore si racconta al pubblico con una strepitosa capacità di affabulazione

di Giovanni Petta

POMPEI. Maurizio De Giovanni non è uno scrittore di gialli. È uno scrittore. L’aver scelto la narrazione di delitti passionali per rivelare la sua visione del mondo lo fa autore di genere. Ma la capacità di cogliere verità profonde nella società che vive e la puntualità nel definire il tempo di cui è protagonista sono caratteristiche di un autore – uno dei migliori della nostra letteratura contemporanea – a cui il lettore può chiedere aiuto quando ha bisogno di capire i fenomeni umani che non possono essere spiegati con un sistema di equazioni.

Nel cortile di Palazzo De Fusco, a Pompei, De Giovanni (nella foto in alto, il primo a sinistra) si racconta con una strepitosa capacità di affabulazione. «Cercavo un gruppo di persone per condividere la mia passione per la lettura, nelle due ore in cui aspettavo i miei figli impegnati nell’allenamento del calcetto. Trovai, invece, un’associazione che mi permise di partecipare a concorsi e mi introdusse nel mondo editoriale».

Gli chiedono di Napoli: «Napoli è come una di quelle mamme, bellissime e vistose, che entrano in camera tua, quando sei con gli amici, e ti mette in imbarazzo… Sì, a volte ti mette in imbarazzo, ma quanto ti manca quando te ne allontani!». Le battute sul Napoli e su «quella squadra di Torino con la maglia bianca e nera» divertono ma passano in secondo piano nel confronto con la magia delle narrazioni del creatore di Ricciardi, con le immagini che lo scrittore evoca quando parla della città partenopea degli anni Trenta, bellissima e «raccontata male».

De Giovanni emoziona profondamente quando legge l’ultima parte di un racconto scritto, dopo il terremoto del 2009, per un editore aquilano. Una splendida storia d’amore tra due ragazzi napoletani che vivono la loro relazione, pura e luminosa, nel periodo del terremoto del 1980. È nel cogliere i movimenti più semplici e naturali dell’uomo, nella capacità di restituirli con un linguaggio efficacissimo e musicale, nell’emozionarsi ed emozionare rilevando i sentimenti veri della quotidianità, dei quartieri, della strada… in tutto ciò è la grandezza di questo scrittore così impavido nell’osservazione di tutto quanto accade nell’animo degli uomini e delle donne del nuovo millennio.

«Lo scrittore non deve indicare strade. Deve raccontare. Deve divertire nel senso etimologico del termine, cioè far pensare diversamente». E sull’importanza della letteratura è sicuro delle sue convinzioni: «Lo scrittore deve proporre al lettore di rivedere le sue convinzioni. È un modo per abbattere i pregiudizi. Quando leggiamo non possiamo fare altro, nessuna altra attività è consentita. Quando leggiamo siamo da un’altra parte. Ecco: lo scrittore deve portarci da un’altra parte, deve portare in casa nostra cose che noi non possiamo avere. In questo modo ci consente di migliorarci ma non è il miglioramento dei lettori lo scopo del suo lavoro».

Ma allora perché scrivere di delitti e di criminalità? «Il genere che io pratico ha tante sfumature: c’è il thriller legale e quello medico, le storie di spionaggio, il poliziesco, il noir… A me interessano più le passioni che sono intorno a un crimine che il crimine stesso. In questo senso penso che il giallo sia il romanzo più realistico di tutti. Parla di ciò che siamo o che potremmo essere».
De Giovanni racconta di come è nata l’idea di «Sara al tramonto»: l’incontro fortuito, sotto casa, con una donna che, di sabato, era trasandata, senza trucco, senza colore ai capelli. «Perché accettiamo che un uomo sia trasandato e una donna no? Perché non proviamo le stesse cose nei confronti di un uomo che ha tante donne e nei confronti di una donna che ha tanti uomini?».

Gli chiedono di Eduardo Galeano e lui racconta di un incontro avuto con lo scrittore uruguaiano. Parla del calcio giocato in Uruguay, dell’età media bassissima degli uruguaiani che vivono all’interno del Paese. Parla del mare raccontato da Galeano agli abitanti di una piccola comunità del Sudamerica. Così, persino il resoconto di un incontro fugace diventa letteratura. E il cortile di Palazzo De Fusco, un piccolo posto pieno di cose grandissime, un luogo in cui la dignità dell’Uomo penetra e permea cose e persone. (Foto dell’autore).

Redazione Made in Pompei

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Made in Pompei è una rivista mensile di promozione territoriale e di informazione culturale fondata nel 2010.

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