L’arte dei pizzaiuoli napoletani è Patrimonio Mondiale dell’Umanità

Al Casamento Torre nel Real Bosco di Capodimonte è ancora attivo il forno di campagna dove fu cotta la prima pizza margherita.

NAPOLI. «L’arte dei pizzaiuoli napoletani è patrimonio culturale dell’Umanità Unesco». Lo ha annunciato il Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina su Twitter. «Vittoria! Identità enogastronomica italiana sempre più tutelata nel mondo», sottolinea. Dopo 8 anni di negoziati internazionali, a Jeju, in Corea del Sud, voto unanime del Comitato di governo dell’Unesco per l’unica candidatura italiana, riconoscendo che la creatività alimentare della comunità napoletana è unica al mondo.

Per l’Unesco, si legge nella decisione finale, «il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaiuoli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiuolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale».

L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha premiato così il lungo lavoro del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali che nel 2009 aveva iniziato a redigere il dossier di candidatura con il supporto delle Associazioni dei pizzaiuoli e della Regione Campania, superando i pregiudizi di quanti vedevano in questa antica arte solo un fenomeno commerciale e non una delle più alte espressioni identitarie della cultura partenopea. Il dossier della candidatura e la delegazione sono stati coordinati dal professor Pier Luigi Petrillo.

Questa antichissima ricetta napoletana vede dunque premiata la sua diffusione, tale da farne un vero simbolo della città partenopea nel mondo. Una curiosità: al Casamento Torre nel Real Bosco di Capodimonte è ancora attivo il forno di campagna dove fu cotta la prima pizza margherita. Qui, nell’estate del 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito della pizzeria Brandi preparò le diverse pizze per la Regina Margherita di Savoia: “Mastu Nicola” bianca con strutto, basilico, pecorino e pepe; pomodoro, alici, aglio, origano e olio; pomodoro, mozzarella, basilico, olio e pecorino; calzone fritto con ricotta e cicoli secondo la tradizione dell’Ottocento. La regina preferì quella con la mozzarella e il pomodoro che, in suo onore, fu chiamata Margherita.

Un sito storico da valorizzare, come ha annunciato ieri il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger, che entro un mese aprirà le porte del Giardino Torre del Bosco di Capodimonte grazie a un bando europeo che coinvolgerà, a rotazione, i pizzaioli napoletani. «Sarà un posto con il cibo prodotto dal Giardino Torre – ha affermato Bellenger – come per esempio la frutta che verrà dagli alberi che sono stati piantati qui 300 anni fa. Stiamo preparando un bando europeo per trovare un imprenditore che investa in questo progetto, dove vorremmo fossero coinvolti pizzaioli storici napoletani perché la pizza è napoletana».

«L’arte dei pizzaioli napoletani è un mestiere antichissimo, parte del nostro patrimonio culturale» dichiara il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, che sottolinea  come «l’iscrizione nella lista dei beni culturali immateriali è un’ottima notizia che arriva proprio mentre sta per iniziare il 2018 Anno del Cibo Italiano».

Redazione Made in Pompei

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Made in Pompei è una rivista mensile di promozione territoriale e di informazione culturale fondata nel 2010.

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