La stele di via Arpaia a Pompei ricorda un avvenimento prodigioso
POMPEI. Una stele posta nel 1966 in via Arpaia, una delle zone rurali a nord di Pompei, ricorda un prodigioso avvenimento che accadde proprio in quei luoghi, al Beato Bartolo Longo. Era una mattina di ottobre del 1872 quando l’avvocato di origini pugliesi, da poco giunto in quella che allora era la Valle di Pompei per gestire i possedimenti della famiglia De Fusco, si aggirava per le campagne del luogo, in preda a forti tormenti dell’anima (dopo le esperienze con lo spiritismo).
Come avrebbe fatto – pensava tra sé – a salvarsi? Era quasi mezzogiorno e a quel punto, un attimo prima del suono delle campane, udì una voce misteriosa che gli sussurrò: “Se propaghi il Rosario, sarai salvo!”. Bartolo Longo capì, allora, la sua vocazione e decise di non allontanarsi da Valle di Pompei, senza aver prima diffuso il culto alla Vergine del Rosario.
È lo stesso Bartolo Longo, nel suo volume “Storia del Santuario di Pompei” a raccontare l’episodio: «Un giorno – scrive il Beato – […] la procella dell’animo mi bruciava il cuore più che ogni altra volta e m’infondeva una tristezza cupa e poco men che disperata. Uscii […] e mi posi con passo frettoloso a camminar per la valle di Pompei senza sapere dove andare. E così andando, pervenni al luogo più selvaggio di queste contrade, che i contadini chiamano Arpaja, quasi abitacolo delle Arpie. Tutto era avvolto in quiete profonda. Volsi gli occhi in giro: nessun’ombra di anima viva. Allora mi arrestai di botto. Sentivami scoppiare il cuore».
In quel momento Bartolo Longo si trovò al centro di un fatto “inspiegabile”. «In cotanta tenebrìa di animo – prosegue il racconto – una voce amica pareva mi sussurrasse all’orecchio quelle parole, che io stesso avevo letto […]: “Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!”. Questo pensiero fu come un baleno che rompe il buio di una notte tempestosa. Satana, che mi teneva avvinto come sua preda, intravide la sua sconfitta e più mi costringeva nelle sue spire infernali».
Prosegue il Beato: «Era l’ultima lotta, disperata, lotta. Con l’audacia della disperazione, sollevai la faccia e le mani al Cielo, e rivolto alla Vergine celeste: “Se è vero – gridai – che Tu hai promesso a San Domenico, che chi propaga il Rosario si salva io mi salverò, perché non uscirò da questa terra di Pompei senza aver qui propagato il Tuo Rosario”. Nessuno rispose: silenzio di tomba mi avvolgeva dintorno. Ma da una calma che repentinamente successe alla tempesta nell’animo mio, inferii che forse quel grido di ambascia sarebbe un giorno esaudito».
Un altro segnale giunse quasi a conferma di quanto appena vissuto dall’avvocato pugliese. «Una lontana eco di campana – conclude il suo racconto il Longo – giunse ai miei orecchi e mi scosse: sonava l’Angelus del mezzodì. Mi prostrai e articolai una prece che in quell’ora un mondo di fedeli volge a Maria. Quando mi levai in piedi, mi accorsi che sulle guance era corsa una lagrima». Il 5 ottobre, giorno della scomparsa di Bartolo Longo, avvenuta nel 1926, la città ricorda il suo Fondatore.