L’eccidio di via Nolana: una ferita ancora aperta per Pompei

Il 28 settembre 1943 quattro pompeiani furono trucidati dalle truppe naziste: erano Bernardo e Gioacchino Casciello, Antonio Falanga e Vincenzo Sorrentino

POMPEI. Il 28 settembre è una data molto triste per la comunità pompeiana, perché in questo giorno del 1943, in pieno conflitto mondiale, si consumò una delle vicende belliche più drammatiche per le genti del posto. Si tratta di un tragico episodio della Seconda Guerra Mondiale che ha lasciato una profonda ferita nella memoria di Pompei. In via Nolana, nei pressi della frazione di Tre Ponti (foto in alto), nella zona settentrionale della città, quattro cittadini pompeiani furono barbaramente trucidati dalle truppe naziste in fuga: erano Bernardo e Gioacchino Casciello, Antonio Falanga e Vincenzo Sorrentino. Miracolosamente scampò alla strage Giovanni Cirillo, unico superstite dell’eccidio di Tre Ponti.

Così racconta l’episodio Libero Italico Federico, professionista e storico pompeiano, nel suo volume “Pompei nel dopoguerra” (ed. Istituto Italiano Studi Mediterranei, Pompei 2011). «Tre delle vittime – racconta l’autore – Bernardo e Gioacchino Casciello, padre e figlio, e Antonio Falanga, mentre erano insieme vennero intercettati da una pattuglia tedesca poco prima di arrivare a Pompei. I tre provenivano da Scafati ed erano diretti a casa di una sorella di Bernardo, Emilia, che abitava a Tre Ponti. Ai tre si era aggiunto anche il figlio di Emilia, Giovanni Cirillo, un ragazzo che era spensieratamente andato incontro allo zio Bernardo e al cugino Gioacchino».

Il racconto prosegue: «Tutti e quattro […] furono subito sottoposti a perquisizione. Sfortunatamente Bernardo venne trovato in possesso di una pistola, nascosta al di sotto di alcune pagnotte. Bernardo era infatti fornaio e con il proprio aiutante di bottega Falanga aveva riposto la pistola in una borsa ove trasportava le pagnotte, volendo rifornire di pane la sorella Emilia. Appena scoperta l’arma i tedeschi confinarono il gruppo nella cantina della famiglia Cirillo associandovi anche Vincenzo Sorrentino, una persona del posto che nella faccenda non c’entrava proprio per niente, ma che forse mise in atto un generoso tentativo di intervento in favore dei tre […] rimanendo vittima della prepotenza tedesca».

Giunti al Comando tedesco, «un ufficiale lesse loro […] un documento in tedesco. Era una sentenza di morte, di cui essi si resero conto soltanto dopo aver ricevuto ciascuno una vanga per scavarsi la fossa. A quel punto i cinque capirono purtroppo senza possibilità d’errore che, una volta pronta la fossa, i tedeschi li avrebbero passati per le armi, essendo stati ormai tutti condannati a morte certa con un barbaro processo sommario. Gioacchino Casciello allora tentò senza successo la fuga, che riuscì invece a Giovanni Cirillo […]».

«Giovanni infatti era allora poco più che adolescente, di fisico minuto e scattante, e colse un istante propizio per eludere la sorveglianza del soldato che gli teneva il fucile puntato addosso, dandosela a gambe con foga disperata, zigzagando, invano inseguito dalle pallottole tedesche tra i filari di viti e i cespugli di noccioli che allora popolavano la campagna pompeiana nella zona di Tre Ponti. Subito dopo i militari tedeschi falciarono con i mitra i quattro malcapitati prigionieri rimasti nelle loro mani e, inferociti dalla fuga riuscita, infierirono anche con le baionette sui loro corpi».

«Una lapide (nella foto, ndr) fu posta a ricordo perenne dell’eccidio nazista appena un anno dopo, nel 1944» dal vecchio amico di Bernardo Casciello (molto conosciuto a Pompei in quanto «vecchio e coraggioso socialista») Romualdo Federico, «intanto divenuto Commissario di Pompei liberata dal fascismo».

Marco Pirollo

Marco Pirollo

Giornalista, nel 2010 fonda e tuttora dirige Made in Pompei, rivista di cronaca locale e promozione territoriale.

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