La “maledizione di Pompei” per chi ruba i reperti: ogni anno tornano decine di “pezzi” trafugati
POMPEI. Ogni anno arrivano negli uffici della Soprintendenza di Pompei decine di lettere e pacchetti contenenti piccole pietre di roccia vulcanica, frammenti di muri e pavimenti, cocci di ceramica e, qualche volta, anche pezzi di affreschi o di mosaici: si tratta di pezzi, più o meno importanti, rubati dalle rovine della città antica.
Il tutto è spesso accompagnato anche da una lettera di scuse che esprime sincero pentimento. Il motivo per cui questo materiale viene restituito è presto detto: si dice, infatti, che i resti della tragedia di Pompei portino sfortuna a chi li porta via dal luogo a cui sono sempre appartenuti.
È la cosiddetta “maledizione di Pompei”, ovvero: disgrazie a non finire per chi ruba pezzi dell’antica città sepolta dal Vesuvio nel 79 dopo Cristo. Solo credenze e superstizioni? Può darsi.
Fatto sta che arrivano da ogni parte del mondo plichi contenenti vari reperti trafugati da Pompei anche quaranta o cinquant’anni prima, spesso accompagnati da descrizioni di avvenimenti drammatici che l’autore del furto associa ai pezzi rubati.
Probabilmente è il classico caso del “Non è vero ma ci credo”: ma nel dubbio, anche la coscienza civica impone di restituire il maltolto.
Nelle immagini, diffuse dalla Soprintendenza sulla pagina Facebook, ci sono alcune lettere arrivate a Pompei: in una si legge un laconico “Vi restituisco pietruzza ricavata da un mosaico in Pompei” siglato da un ignoto visitatore.
In un’altra, invece, scritta in inglese, c’è scritto “vogliate rimettere questa pietra di lava nel sito di Pompei”. Poi la conclusione: “Thank you“, il ringraziamento per aver alleggerito la coscienza dell’ignoto prenditore.